F1 | Storie di maggio e dintorni

Ma prima di arrivare a Hakkinen, nella storia di Ayrton c’è ancora lui, Cesare Fiorio, che nel 1989 passa dalla Lancia, che stava iniziando la gloriosa epoca della Delta HF, alla Ferrari, che doveva gestire la fase del ritorno agli aspirati e la novità del cambio al volante. E per farlo c’era un altro “cavallino di razza”, il Mansueto ormai diventato Leone (non fosse altro perché è il suo segno zodiacale), Nigel Mansell, finalmente in grado di lottare per il titolo, che incredibilmente vinse quel fenomenale primo Gran Premio della stagione, in Brasile. Ma con Ayrton sono state botte da orbi, soprattutto all’Estoril, dove addirittura ignora la bandiera nera e va a picchiare contro la McLaren del brasiliano. Volano parole grosse, anche perché con questa manovra Mansell toglierà punti a Senna, con il titolo che andrà al rivale Prost. Ma proprio per i fatti di Suzuka e l’approdo di Prost alla Ferrari a ereditare il 27 ci sarà Senna. Il quale già alla prima gara dovrà vedersela con un ragazzino tutto pepe che gli darà filo da torcere in un duello infinito sulle strade di Phoenix.

Si tratta di Jean Alesi, il siciliano di Francia, lui che ha voluto scomodare Elio De Angelis dipingendo il suo casco come quello del romano. E fu così che nacque una stella, che manda Senna in visibilio anche “a casa sua”, a Montecarlo. E se è vero, come dicono gli statistici di Sheffield, che le qualità dei piloti si vedono sui tracciati cittadini, queste due prove superlative di Alesi potrebbero far presagire un grande futuro per il francese. Ma così, purtroppo, non sarà, visto che “tradirà” la Williams per la Ferrari. Ah, l’amore! Cosa non si è disposti a fare quando il desiderio è più forte della ragione!

Ed ecco che la Ferrari e Fiorio accolgono il francesino a braccia aperte, ma la sorpresa sarà terribile. La Ferrari attraversa forse la stagione più brutta della sua storia, un 1991 talmente brutto da sembrare irriconoscibile. Mentre al posto di Alesi in Williams torna lui, Nigel Mansell, che invece spingerà le monoposto di Didcot verso il periodo più roseo della loro storia. E in mezzo? Ironia della sorte, c’è un altro V12, tutto “made in Japan”, che non sarà melodioso come quello di Maranello ma è dotato di uno sproposito di cavalli, inserito alla perfezione nella MP4/6 affidata alla coppia delle meraviglie Senna-Berger.

Un mondiale vinto quasi a mani basse, iniziato già con un’impresa, una di quelle che rimarranno egli annali, con Senna che in casa sua vince praticamente senza cambio, bloccato in sesta negli ultimi giri. E là dove non arriva il mezzo, l’apporto del pilota diventa fondamentale e, mai come in questo caso, straordinario.  Uno sforzo immane, con Ayrton che arriva allo stremo, urlando in radio tutto il suo dolore per i crampi. E forse è anche così che si è costruito un mito, la storia di un fuoriclasse inarrivabile per chiunque. Quella stagione sarà la sua apoteosi, anche se a cercare di guastargli la festa era già bello pronto il Leone d’Inghilterra, che dopo un avvio balbettante e problematico è stato autore di una rimonta prodigiosa, tanto da arrivare a insidiare il brasiliano, in gara e in classifica. Come dimenticare lo scontro ravvicinatissimo sul rettilineo di Barcellona? Una sfida a chi cede prima, con le due monoposto avvolte dalle trecce di Berenice che rendono questo scontro tra titani ancora più suggestivo. Uno spettacolo unico e impareggiabile, una gara nella gara che simboleggia tutta la stagione, che si concluderà con il grande trionfo del brasiliano, che in un gesto di altruismo regalerà a Gerhard Berger la vittoria nel giorno in cui conquisterà il suo terzo alloro iridato.

E la Ferrari? Vittima di se stessa e dei suoi errori, inizia una drammatica avventura culminata con una guerra interna che vede coinvolto Cesare Fiorio, che dopo il burrascoso 1990 (già, perché gestire Prost e Mansell era tutt’altro che facile, soprattutto dopo i fatti del Portogallo quando il Leone, dopo aver rovinato l’anno prima la gara a Senna, vinse su Prost dopo averlo stretto in partenza, scatenando le ire del francese) pensò bene di andare a bussare sulle spalle di Ayrton Senna, riuscendo a convincerlo a passare in rosso. Cosa mai abbia indotto Fiorio a scegliere il brasiliano per sbarazzarsi del Professore, o comunque infastidirlo, non si sa; magari voleva risolvere alcuni problemi legati a una coppia troppo litigiosa, magari non vedeva di buon occhio il francese… fatto sta che appena Prost seppe quello che stava per accadere in Ferrari chiese e ottenne la testa di Fiorio. Fine della storia ma, forse, non c’è la fine nel sogno rosso di Ayrton, accostato a Maranello in altre due occasioni. Un sogno che, se si fosse realizzato, probabilmente sarebbe stato fantastico, ma sulle intenzioni di Magic di approdare a Maranello c’è tuttora un alone di mistero, che forse è giusto lasciare così. Di certo, lui desiderava vincere ed era disposto a farlo anche con monoposto palesemente inferiori, come la McLaren MP4/8 privata del supermotore Honda. E qui le lezioni di classe non mancano, come la danza sotto l’acqua di Donington o la sesta firma a Montecarlo.

E l’ultima gara di Adelaide, dopo i litigi e le polemiche, è il luogo e il momento giusto per attribuire l’omaggio all’amico-rivale Alain Prost, che saluta il Circus da Campione del mondo, lasciando a Damon Hill ancora una volta in eredità il numero 0. Una scuola, quella per diventare campioni, che ha come allievo formidabile di Senna un giovane finlandese, Mika Hakkinen. Proprio lui, l’allievo di Henri Toivonen, sarà più forte del coma e di tutti gli episodi sfortunati che gli capiteranno nel corso dei primi anni della carriera per andare a prendersi un titolo mondiale tanto sudato quanto meritato. L’anno successivo se la dovrà vedere, oltre che con Eddie Irvine, con un altro nato a maggio, Heinz-Harald Frentzen, che condividerà il box nel 1994 con un pilota che ha dovuto subire lo stesso terribile destino di Hakkinen, ovverosia Karl Wendlinger, che a Montecarlo sbatte violentemente alla chicane successiva all’uscita dal tunnel. Il suo risveglio sarà particolarmente lungo, ma come si sa i piloti sono dei veri leoni e riescono a tornare anche più forti di prima. A Maranello, invece, il forfait di Fiorio fa piombare tutto sulle spalle di Claudio Lombardi, che deve curare sia la parte sportiva che quella tecnica, a combattere con problemi di ogni tipo, quasi come se l’abbandono di Fiorio fosse stata una maledizione. Il valoroso ingegnere ci prova, tentando di risalire faticosamente la china, ma sarà solo con il ritorno di John Barnard (un altro nato a maggio, il 4) nel 1993 che le cose finalmente inizieranno a cambiare. Stagioni che però non hanno tolto ai piloti in rosso la voglia di combattere per uscire dalle sabbie mobili, con il premio delle sofferenze che arriverà dal 1994 e si protrarrà per molti anni a venire, anche se molti personaggi che hanno scritto quella piccola storia di coraggio e determinazione usciranno di scena.