F1 | Hockenheim, dove anche i grandi sbagliano

Che anche i grandi possano sbagliare è certo ma che la fretta di solito non sia mai una buona consigliera, lo è ancora di più. Lo sanno bene un po’ tutti i top team che ieri hanno azzardato la monta delle gomme d’asciutto in condizioni ancora proibitive. Il valzer delle uscite di pista, di piroette funamboliche, testacoda ed escursioni nella ghiaia più o meno rovinose non ha risparmiato nessuno, nemmeno chi – e che memoria recente ricordi – a incappare nell’errore non era proprio più abituato.

di Chiara D’Agostino

Ad esser veramente onesti qualcuno che non l’ha persa nemmeno per una piccola giratina – ultimamente specialità della casa – c’è stato, e di fatto non so se oggi faccia più notizia la gara sufficientemente lucida di Vettel o quella sbiadita, senza smalto e sverniciata, non solo nella livrea, della Mercedes.
Bisogna tornare ad Austria dello scorso anno o a quel Montmelò 2016 per vedere scritto Mercedes punti zero, che poi, fino a prova
contraria, son due i punticini iridati vista la penalità per i due Alfa confermata nella serata di ieri.
Ieri ad Hockenheim invece c’è stato un preciso momento in cui sembrava che potesse vincerla chiunque quella gara tanto era aperta e imprevedibile. A portarla a casa però è stato lui, Max Verstappen che ha il merito, tra gli altri, di esser riuscito a mantenere la calma e la concentrazione anche quando c’era poco da stare calmi e tanto più nel momento in cui il suo team ha deciso di rimandarlo in pista con gomme gialle su un tracciato ancora troppo bagnato, scivoloso e giù di temperatura.

Poi c’è Sebastian Vettel che parte da casa sua, fa una buona partenza, risale di diciannove posizioni e chiude sul secondo gradino del podio.
Impresa non impossibile se hai vinto quattro mondiali, guidi un Ferrari e hai quattro delle sei top car fuori dai giochi, ma perché non dare a Vettel quel che è di Vettel, almeno stavolta?
Della sua gara la Ferrari e la F1 tutta ne aveva bisogno come l’aria per respirare. Non potevano di certo finire di nuovo così, infranti contro le barriere, i sogni e le speranze di tanti appassionati. Autore di una prima parte di gara decisamente anonima, in cui faticava a tenere il passo pure di Raikkonen oltre che del suo compagno di gara Leclerc che sembrava invece volare su quelle intermedie, il pilota di Heppenheim ha poi preso coraggio ed è riuscito laddove invece Bottas si era schiantato.

Neanche il tempo di riprender fiato dopo una gara così che è già ora di impacchettare tutto e partire per l’Ungheria – prossimissimo impegno del mondiale prima della pausa estiva – ma il tempo per realizzare la strana gara di ieri di Mercedes, va trovato. Perchè il magro bottino racimolato nel Gp di Germania ci dice qualcosa di più di  una semplice gara andata male per via di condizioni impervie.

La Mercedes, sia chiaro, è già tranquillamente in vacanza col mondiale in valigia, tanto da potersi pemettere di cambiare look a team e vettura avendo poco o nulla da migliorare a livello tecnico. Ma adagiarsi sugli allori non è mai cosa saggia e questo a Brackley lo sanno bene e hanno continuato a macinare aggiornamenti, poi portati in Germania sulle W10 di Hamilton e Bottas. Quel vantaggio importante che gli aggiornamenti avrebbero dovuto apportare poi però non si è visto davvero tanto che, se la Ferrari non avesse fatto harakiri al sabato, le probabilità di vedere una prima fila tutta rossa erano assai più elevate. Ancor più emblematica poi la gara che, al netto delle difficoltà oggettive dettate dalla pioggia, non è sicuramente stata all’altezza della loro gloria soprattutto in condizioni, come quelle di ieri, di solito a loro favorevoli. Bottas, per intenderci sembrava in difficoltà anche nel sorpassare Stroll, tant’è che nel provarci poi ci ha lasciato le penne.

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E come interpretare poi i tanti errori commessi dai suoi due piloti e soprattutto da un Hamilton che di solito si esalta proprio in questo genere di gare così imprevedibili?

Probabilmente, e come lui stesso ha affermato, le modifiche apportate sulla vettura non gli hanno dato quel giusto feeling ancor più necessario quando le condizioni della pista si fanno più difficili da interpretare e da affrontare. Per una volta – voglio osare – anche i due Mercedes hanno sperimentato l’ebbrezza della guida al limite con una vettura non al cento per cento e di fatto hanno sbagliato. Con questo voglio, almeno in parte, scagionare il buon Vettel per tutte quelle volte che, nello spremere una vettura meno competitiva come la sua Ferrari al confronto con Mercedes, si sia esposto al rischio maggiore di sbagliare ma non può di certo assolverlo – ahimè – da tutti quegli errori, tanti e recidivi, commessi più per sua totale mancanza di lucidità e concentrazione.

Ma se vincere fosse facile quanto perdere non staremmo qui a narrare di così tante valorose gesta e anche la storia fortunatamente ci insegna che alla fine, ad avere la meglio è sempre colui che impara, prima e meglio, dai propri errori e si risolleva più forte di prima.

E allora, arrivederci all’Hungaroring!

 

Chiara D’Agostino