F1 | Didier Pironi: il campione senza gloria

A valle del GP di San Marino a Imola, ha perso un po’ del suo fascino, vedendo tradito il gentlemen agreement che, nonostante le lotte in pista, aveva contraddistinto il rapporto tra piloti nel mondo dei motori sin dalla sua nascita. Ma oggi, 7 agosto, ricordiamo uno dei protagonisti di quell’episodio nel giorno in cui – quello stesso anno – la sua carriera nella massima serie fu definitivamente stroncata.

Quel giorno, durante il 2° Gran Premio di San Marino, un giovane pilota francese di belle speranze posseduto dal demone della vittoria, lascia dietro di se oltre che il suo compagno di squadra, anche un’amicizia che sembrava rara nel modo dei motori .

Il pilota è Didier Joseph-Louis Pironi, nato il 26 marzo del 1952 a Villecresnes a 25 km da Parigi da genitori di origine friulana (la famiglia Pironi-Weffort si era trasferita in Francia da Gorizia ed aveva fatto una discreta fortuna nell’edilizia), uno dei nomi più famosi dell’automobilismo degli anni ’80.

Il giovane Didier, cresciuto in un ambiente agiato, si mostra immediatamente portato all’ agonismo sportivo in un campo totalmente diverso da quello in cui diverrà famoso, il nuoto, nel quale diviene campione parigino juniores all’ età di 15 anni.

La stessa età in cui, invogliato dal fratellastro e cugino (erano figli dello stesso padre ma di due madri tra loro sorelle) Josè Dholem a sua volta pilota, si appassiona al mondo dei motori e inizia a frequentare l’ambiente dei giovani piloti delle formule minori in cui Jose correva.
È qui che Didier conosce alcuni tra i piloti i cui nomi diverranno famosi negli anni a venire quegli stessi Patrick Depailler Jean Pierre Jarier ai quali in seguito si affiancherà anche come compagno di squadra oltre che come avversario.

All’ età di diciotto anni Pironi dopo aver provato l’ebrezza di qualche gara motociclistica, spinto dall’apprensione della madre verso un’attività ritenuta più “sicura”, entra a far parte della grande famiglia delle quattro ruote.

Il ragazzo sa già valutare cosa è meglio per lui (una caratteristica ereditata dal padre imprenditore) e pur provenendo da una famiglia agiata, sa che le corse costano e non ha la minima intenzione di sprecare risorse economiche.

E’ così che nel 1972 si iscrive a quella che in Francia è una istituzione in campo automobilistico, la scuola di pilotaggio “Volante Elf” che consentiva ad aspiranti piloti di seguire un corso base al Paul Ricard per poi passare sotto l’ala protettrice della compagnia petrolifera francese.

Didier vince il Volante Elf di quell’ anno e di fronte a lui si spalancano le porte della Formula Renault (di cui la Elf era sponsor principale) per l’anno successivo, il primo gradino della sua carriera sulle monoposto.

Nel 1973 la serie è frequentata da “gente tosta” come Arnoux e Tambay, ma Didier non è certo l’ultimo e con qualche podio e diversi piazzamenti chiude la stagione al sesto posto.
Il giovane parigino però è deluso non tanto di se stesso, quanto della esasperata competitività condita di irregolarità sulle forniture dei materiali alle vetture che favoriscono alcuni al posto di altri, un sospetto che attanaglia da sempre le serie monomarca.

 

Pironi decide così che dovrà vedersela da solo e convince la Elf a finanziare in tutto e per tutto il team che metterà in piedi da solo a ventidue anni nel 1974. Quell’ anno vincerà con autorevolezza il campionato, con la bellezza di 7 vittorie in 15 corse attirando anche l’attenzione di Tico Martini, leggendario costruttore telaista della serie francese.

L’annata 1975 non è la migliore per Didier. La serie Renault diventa una formula a carattere europeo e le vecchie disparità di trattamento all’ interno del campionato tornano di nuovo evidenti a danno della sua squadra ed a favore dei suoi colleghi Arnoux e Ragnotti.

 

Sarà solo nel 1976, un’anno trionfale, che Pironi tornerà in maniera decisa alla vittoria con 12 successi su 17 prove, di cui 8 consecutivi e 10 giri veloci in gara. È l’anno che lo mette in luce nel mondo della Formula 2 ed infatti nel campionato del 1977, il francese conquista il terzo posto grazie ad una vittoria, oltre a diversi podi e piazzamenti a punti.

 

In quello stesso anno Didier parteciperà vincendolo anche al Gran Premio di Monaco di F3, attirando definitivamente su di se l’attenzione di vari team manager e talent scout della F1.
In particolare uno di loro, il funambolico Ken Tyrrell detto “il boscaiolo”, gli offrirà il lasciapassare per la massima Formula offrendogli un contratto per il 1978 e la guida di una delle sue vetture.

Pironi affiancherà il vecchio amico Patrick Depailler, alla guida della Tyrrell 008 una solida vettura di media classifica che sarà la sua “nave scuola” per la F1 e che gli permetterà di conquistare 7 punti iridati, oltre alla fiducia del patron del team che apprezza la regolarità di quel biondino francese, oltre che la sua velocità.

Nel 1978 Didier metterà a segno anche un’altra impresa del suo palmares, la vittoria alla 24 ore di Le Mans con una Alpine Renault A442B in coppia con Jassaud, corsa alla quale aveva già partecipato 3 volte e che conquisterà proprio grazie alle caratteristiche di guida così ammirate da Tyrrell: costanza e velocità.

Nel 1979, viene riconfermato a pieni voti alla Tyrrell ma la nuova 009, una copia mal riuscita della Lotus 79 che aveva vinto il campionato mondiale l’anno prima con Andretti, si rivela una vettura di scarso livello oltre che notevolmente inaffidabile. Quell’ anno sarà affiancato da Jean Pierre Jarier (un’altra vecchia conoscenza degli anni di F.Renault).

Siamo ormai nell’ era dell’effetto suolo e quell’anno Didier subirà due paurosi incidenti dai quali uscirà fortunatamente illeso: durante le prove del Gran Premio del Sud Africa in cui si stacca la ruota posteriore della sua Tyrrell in un veloce curvone da 200 Km/h e sul circuito di Digione, sempre per la rottura di un mozzo, questa volta a 230 Km/h.

Ma gli incidenti ed i guasti non sono l’unico problema della scuderia che versa economicamente in cattive acque, impedendo al francese di fare meglio del 10° posto in classifica, pur se con due terzi posti e vari buoni piazzamenti.
Sarà alla fine di quell’ anno che le strade di Pironi e Tyrrell si divideranno, anche a causa della ferma opposizione del “boscaiolo” alla partecipazione di Didier alla 24 di Le Mans di quell’anno, dove il belga Jackie Ickx avrebbe voluto al suo fianco il francese, con la Porsche.

Il 1980 pone Pironi di fronte alla scelta tra tre team che ne reclamano i servigi, Brabham, Lotus e Ligier, e la sua sarà soprattutto una scelta dettata dal cuore che lo porterà alla corte di Guy Ligier (definito da molti il Colin Chapman francese paragonandolo al mitico fondatore della Lotus) un patron abbastanza duro ed un po’ dispotico.

Al suo fianco ritroverà un altro francese veloce come lui e molto combattivo conosciuto ai tempi della F. Renault Elf: Jacques Laffitte.

La stagione di Didier è un’alternanza di alti e bassi con 2 pole position a Brands Hatch e Monaco oltre a tanti guasti meccanici della sua Ligier che gli impediranno di conquistare punti mondiali e vittorie

La sua prima vittoria, arriva in un circuito che tornerà successivamente, in qualche modo, in maniera dolorosa nella sua storia: Zolder. Qui Didier domina dall’ inizio alla fine portando a casa un successo che lo inserisce tra i migliori piloti di quegli anni.

Ma la Ligier non è più una squadra che fa per lui: Guy Ligier spesso scarica la colpa degli insuccessi delle sue vetture sui piloti e in Pironi, torna quel vecchio sospetto che all’ interno del team la sua auto sia sempre la seconda rispetto a quella di Laffitte.

Inoltre nel mondo della Formula 1 si affaccia una innovazione tecnologica che la Ligier non ha la forza di affrontare: Il motore turbo, portato in F1 dalla Renault nel 1977 che ha ormai raggiunto un buon livello di affidabilità.

Ancora solo la Renault lo monta sulle sue vetture e la Ferrari ne sta preparando uno per la stagione successiva il 1981. La Regie inoltre sembra proiettata verso il giovane fenomeno Alain Prost mentre a Maranello, dove stanno cercando un sostituto per Jody Schekter, Didier è sulla lista di Enzo Ferrari.

 

E così Il giovane transalpino di origine friulana, accetta la proposta del team italiano per due anni (addirittura con un ingaggio inferiore a quello di Guy Ligier) con la convinzione che, come dirà in una intervista : “in Ferrari non c’è una prima guida, ma due piloti a parità di condizioni”. Una convinzione che suona come un presagio.
Alla Ferrari Pironi troverà un compagno di squadra francofono come lui, un pilota canadese che in pochi anni di permanenza con il Cavallino ha scatenato nei tifosi una febbre: La Febbre Villeneuve.

 

Gilles e Didier diventano amici anche fuori dalle piste, le famiglie si conoscono, Didier presenta a Gilles la sua compagna (che poi diventerà sua moglie), si sfidano goliardicamente sulle strade di tutti i giorni in ruspanti duelli casello-casello che li portano più volte a rischiare il ritiro della patente di guida.

 

In pista però nel 1981, Gilles surclassa Didier riuscendo con la sua guida tutta controsterzo a domare quel cavallo imbizzarrito, ruvido e scorbutico che è la 126 CK, la prima Ferrari dell’era turbo, con la quale il canadese volante segnerà due dei più bei Gran Premi della storia dell’automobilismo: quello di Monaco e quello di Spagna.

Didier non si trova a suo agio con quella vettura, così difficile e ne subisce le ruvidità con il suo stile più da pilota di endurance, veloce ma regolare, che da funambolo delle quattro ruote. Ma accetta ugualmente il suo ruolo in attesa di tempi migliori perseverante come è sempre stato.

 

Nel 1982 la Ferrari ha capito i suoi limiti, e decide di assumere un telaista che sia in grado di fornire un adeguato supporto a quel “mostro” meccanico da quasi 600 HP, generato dalla mente del genio Mauro Forghieri. Il nuovo ingegnere è Harvey Postlethwaite, un talentuoso inglese con una ottima conoscenza dei materiali compositi e della loro applicazione alla F1.

Nasce la 126 C2, una Ferrari tra le più belle della storia del Cavallino Rampante oltre che delle più veloci ed efficienti.

 

Ora entrambi i piloti possiedono l’arma vincente per conquistare il campionato, ma Gilles sa che il suo amico Didier lo aiuterà a conquistare quel titolo che gli spetta di diritto, da quando nel 1979 ha aiutato il suo compagno di squadra Jody Scheckter a conquistare il mondiale con la Ferrari 312 T4.

Purtroppo non sarà così e dopo un inizio turbolento del campionato, dominato da polemiche tra costruttori e federazione si arriverà a quel maledetto pomeriggio del 25 aprile 1982: l’inizio della fine per Gilles e Didier.

Ad Imola si corre in pochi (le scuderie inglesi in accordo con Ecclestone disertano il Gran Premio di Imola per protesta verso la federazione) e le Renault turbo di Jabouille e Arnoux hanno la prima fila, ma subito Dietro Gilles e Didier sanno che potranno tenergli testa. E sarà proprio così, quando prima il Turbo di Jabouille al 6°giro e poi quello di Arnoux al 44° mandano in fumo i sogni di gloria dei francesi.

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Il cartello “SLOW” della Ferrari a due giri dalla fine – GP San Marino 1982

Villeneuve e Pironi a quel punto sono primo e secondo, dominano la gara e sembrano voler animare il Santerno con il francese che strappa la prima piazza al compagno nel corso del 46° giro, e il canadese che tre tornate dopo ribalta nuovamente la situazione infiammando il pubblico sugli spalti. La Ferrari a quel punto decide che non serve complicare tutto con rotture o consumo eccessivo ed espone il famigerato cartello “SLOW” ai due.

Gilles viaggia di conseguenza e si adegua ai ritmi imposti dalla scuderia, mantenendo la prima posizione ed alzando i tempi sul giro di quasi due secondi.

Il canadese ormai è tranquillo, con Pironi alle sue spalle, e forse anche per questo verso la fine del  47° giro si distrae e compie un piccolo errore, poggiando le ruote del lato destro della sua auto fuori dalla pista a pochi metri dalla curva 18 di Imola, la Rivazza.

E’ l’episodio che accende la miccia: Didier, lanciato dietro di lui, non può evitare di sorpassarlo e Villeneuve che fino a quel momento aveva rispettato gli ordini del box capisce che dovrà lottare duramente per salire sul gradino più alto del podio.

Al 49° giro, infatti dopo una rincorsa durata un paio di giri, alla Tosa, Gilles passa di nuovo Didier con un sorpasso da manuale, certo che lo spettacolo a quel punto sia finito e confortato anche dal cartello “SLOW” che torna ad essere esposto nei giri successivi.

Didier lo segue come un’ombra e sembra aver capito le esigenze del team, ma il demone della vittoria è più forte della lealtà e al 53° passaggio torna primo.

Gilles, non capisce, ma non molla la presa: per lui quel cartello era un chiaro ordine di mantenere le posizioni. Al 59° giro, riprende di forza il comando alla Tosa e una volta davanti rallenta di nuovo, cercando di mantenere la posizione. Dopo meno di un giro Didier, sempre alla Tosa, attacca Gilles lasciandolo incredulo. Lo supera all’ingresso della curva dopo avergli preso la scia poco prima. I tentativi del canadese, di tornare al primo posto nelle curve che li separano dal traguardo sono l’epilogo di un pomeriggio nero.

Didier ha macchiato una carriera spettacolare, con un gesto tra i più controversi di tutta la storia della F1, un gesto che segnerà la sua storia in maniera indelebile.

Il suo rapporto con Gilles è deteriorato irrimediabilmente, ormai sono nemici. Il peso di quel sorpasso continuerà a inseguirlo anche quando Gilles due settimane dopo lascerà la pista della sua vita, volando sopra alla March di Jochen Mass in quella stessa Zolder che aveva visto un Didier felice, assaporare il gusto della sua prima vittoria.

Ed ecco entrare in scena la data di oggi, 7 agosto. In quel giorno – 38 anni fa – Didier pagherà duramente il suo debito con la sorte, che gli aveva regalato i momenti più felici delle sue vittorie, quella piovosa mattina del 7 Agosto 1982 ad Hockeneim, quando dopo aver visto Derek Daly spostarsi di lato fuori traiettoria, piomba violentemente contro il retrotreno della Renault di Alain Prost nascosta dalla nuvola d’acqua sollevata dalla Williams dell’inglese.

La sua Ferrari si stacca dall’ asfalto, nella tragica ripetizione di quello che era stato l’incidente di Gilles, ma lui non vola via e rimane legato all’ interno della vettura, atterrando violentemente e distruggendosi le gambe nell’ incidente.

 

Il miracolo del Prof. Letournelle, e le trentaquattro operazioni chirurgiche che seguiranno, gli salveranno gli arti inferiori e lo faranno di nuovo camminare come prima, ma quando dopo tre anni tenterà di nuovo di salire su una monoposto di F1 (la francese AGS) capirà che la sua carriera è finita.

Ma il demone della vittoria è sempre lì e lo incita a trovare qualcos’altro, un modo per correre e vincere di nuovo e la motonautica sembra la strada giusta.

Il suo amico Gilles lo aveva introdotto a quel mondo fatto di mare e motori gli aveva fatto provare l’ebbrezza della velocità sull’acqua e lo aveva appassionato. E Didier vince anche qui, vince con il suo Colibrì (così si chiamava la sua imbarcazione) fino a quel 23 agosto del 1987 quando il cielo lo attira di nuovo a se in un volo, l’ultimo, che lo uccide sul colpo rovesciando la sua imbarcazione a 170 kmh durante una gara di offshore all’ Isola di Wight.

La compagna di Didier Catherine Goux dà alla luce due gemelli, poche settimane dopo la sua scomparsa, decidendo di unire per sempre le loro storie a quelle di chi li aveva preceduti.
I loro nomi saranno Gilles e Didier, fratelli uniti per sempre in un epilogo dolce e amaro, che forse lascerà al mondo la storia di due amici divisi dal demone della Vittoria.