F1 | Ferrari, una storia di uomi e macchine: Gilles e Ferrari insieme per sempre

Neanche il tempo di festeggiare che la stagione 1983 bussava alle porte con un regolamento nuovo e una squadra nuova pronta a raccogliere la sfida e confermare il titolo messo in bacheca l’anno precedente. Ferrari, nonostante gli 85 anni, è sempre molto lucido e grintoso, il lutto patito l’anno precedente in occasione della tragica scomparsa del amato Villeneuve, lo ha comunque segnato e lo si capisce nel rimarcare come l’assenza del canadese si farà sentire in un campionato che tendeva a standardizzare le prestazioni e gli stili di guida. La stagione vide l’alternarsi di due modelli, la c2b e la c3, quest’ultima bellissima alla presentazione venne subito modificata per problemi legati al raffreddamento del motore. Mentre il titolo piloti sfuggì nuovamente dalle mani della scuderia italiana, quello costruttori fu una bella conferma e fu anche l’ultimo conquistato dalla Ferrari guidata dal suo fondatore.

Per la stagione 1984, anche grazie alle insistenze dell’ACI, al posto di Tambay venne ingaggiato Alboreto, giovane promessa italiana, che, con la nuova 126c4 subito illuse in Brasile con una prima fila e una condotta da leader interrotta dalla rottura di un banale caliper dei freni e fece bene in Sud Africa, fino al ritiro per un problema al motore, i maligni sentenziarono una mancanza di benzina. La Ferrari di Alboreto era a punti a ridosso del podio mentre in Belgio, finalmente la Ferrari rese onore a Gilles alla sua stagione e infranse un tabù che durava dal 1966. Alboreto tagliò il traguardo in prima posizione. Fu l’inizio di una cavalcata trionfale? No, solo l’unico acuto di una stagione dove il cavallino era palesemente impreparato alla nuova sfida tecnica lanciata dai carburanti speciali, dall’aereodinamica avveniristica, vedi le imbattibili McLaren e dai pneumatici Goodyear troppo incostanti. Il risultato fu una faida interna che Ferrari, ormai troppo vecchio, non riuscì a domare e che portò alla riprogettazione della macchina creando la 126c4m2 e al defenestramento di Forghieri, forse meno colpevole di tanti ma più facilmente colpibile.

Ferrari cercò di trattenere il suo storico direttore tecnico, ma tra i due ormai il rapporto era minato definitivamente, soprattutto per l’ingerenza di uomini Fiat stanchi delle continue sconfitte. Mauro Forghieri venne mandato ai progetti industriali avanzati e la squadra corse orfana, del suo capo, si diede un’organizzazione trasversale e sfornò la 156/85 che illuse tutti fino a oltre metà stagione con Alboreto stabilmente in testa al campionato, poi le solite malelingue fecero credere a Ferrari che il fornitore delle turbine, le kkk, probabilmente offriva il materiale migliore alla Porsche, che forniva il motore alla McLaren di Lauda e Prost, lasciando alla rossa materiale non di primissima qualità. Questo fu sufficiente per far infuriare il Patriarca che, forse meno lucido del solito, decise di passare subito alle americane Garret. La Ferrari non finì più una corsa e il sogno di Alboreto si tramutò in un incubo. Prost, alfiere della McLaren, si aggiudicò il primo dei suoi quattro titoli lasciando all’italiano la piazza d’onore.
Il 1986 si aprì senza prospettive particolari, la coppia di piloti confermata ma una macchina sensibilmente modificata ma poco competitiva non permise alla scuderia italiana di raccogliere quanto si aspettava diventando difatto una comprimaria dell’Honda, autentica mattatrice del campionato con la Williams.
Ma Ferrari voleva un’altra vittoria, alle soglie dei 90 anni, attuò una rivoluzione impensabile per un uomo della sua età, chiamò il tecnicno del momento Barnard e gli diede carta bianca. Bisognava tornare a vincere. Finalmente i tecnici capirono che la v a 120° del motore era chiaramente obsoleta rispetto alle esigenze telaistiche, e concepirono un motore potentissimo, quasi 1000 cavalli, con un innovativa v a 90° che installato nella f1/87 cominciò a dare i suoi frutti da metà stagione in poi. Troppo tardi la fine del campionato si avvicinava e per Ferrari anche il traguardo della vita, in ufficio è sempre presente ma ormai ha bisogno di essere sempre più coadiuvato dal figlio Piero e dal ds Piccinini, si è reso conto che l’assunzione di Barnard era stato un errore, il tecnico inglese non venne quasi mai in Italia, anzi si fece costruire una Ferrari inglese e da li dirigeva il reparto corse troppo poco per un tecnico costato miliardi che avrebbe dovuto creare una scuola di telaisti italiani.

A fine stagione Berger colse due importanti successi, in Giappone e in Australia, e fece rinascere qualche timida speranza per il 1988. Per la stagione successiva Ferrari fu convinto che la macchina era già a posto e praticamente imbattibile, quindi non venne approntata nessuna macchina nuova ma solo una versione aggiornata della f1/87.

La macchina del1988 sembrava competitiva ma l’arrivo della nuova McLaren Honda di Prost e Senna, la relegarono a seconda forza del campionato. Ormai però siamo ai titoli di coda, Ferrari pian piano si arrende all’età e con le ultime forze riuscì a mandare la lettera alla Fiat, azionista di maggioranza, con la quale cedeva la sua parte di azioni e ne destinava un 10% al figlio Piero. Dopo pochi mesi Ferrari alettato per l’aggravarsi della sua insufficienza renale, chiuse la sua vicenda terrena. Pochi giorni dopo la morte del suo fondatore le sue macchine tagliarono il traguardo del Gran Premio di Monza in prima e seconda posizione rendendo onore alla sua memoria e accompagnando la sua leggenda verso l’eternità.