Ode a Le Mans e a una Ferrari che vince

Ebbene si, è stata scritta la storia. Un prototipo Ferrari vince a Le Mans dopo 58 anni. Non accadeva dai tempi di Jochen Rindt. La gara più bella del mondo si è tinta di rosso in occasione del centenario. Ed è stata una corsa ricca di colpi di scena e indecisa fino alla fine.

Alessandro Pier Guidi, James Calado e Antonio Giovinazzi festeggiano la vittoria della Ferrari 499P alla 24h di Le Mans 2023

E da oggi siamo tutti un po’ più esperti di endurance, di GT, di hypercar. Eh si, è un po’ come l’essere tutti allenatori di calcio o tutti opinionisti. E’ l’italiano, in media, che fa cosi. Con tutto. E i social non fanno altro che amplificare questo fenomeno. Ed è capitato anche oggi, con un evento storico quale è stata la 24h di Le Mans di quest’anno. Scoperta dalla moltitudine di appassionati – ci riferiamo soprattutto a quelli più giovani – da molto poco, da quando Ferrari di recente ha annunciato di voler tornare nella classe regina dell’endurance, la gara più importante del mondo, siamo certi, ha avuto la maggiore audience degli ultimi anni anche per la presenza del marchio del Cavallino. Non che Maranello fosse assente da Le Mans, ovviamente. C’era – ed era pure vincente – nelle categorie GT con la gloriosa 488 GTE, ma nella classe regina, quella dei prototipi, mancava da 50 anni. E da 58 dal gradino più alto del podio. L’ultimo a riuscirci fu un certo Jochen Rindt (a qualcuno dovrebbe ricordare qualcosa)  affiancato da Masten Gregory ed Ed Hugus

Ad ogni modo non è stata facile per Ferrari vincere questa gara. Non lo è mai quando si tratta di una gara endurance, men che meno quando si tratta della 24h di Le Mans. Una gara di durata di per se è diversa da una gara sprint di un’ora e mezza come può essere un Gran Premio di F1. Si corre cercando il limite non solo della prestazione ma anche della resistenza, del mezzo e del corpo umano di chi è al volante. La strategia assume un valore ancora più pesante e la validità tecnologica che è alla base di un prototipo è ancora maggiore che altrove. Anche se c’è il Balance-of-Performance a cercare di tenere un equilibrio ai fini dello spettacolo. A tanti non piace, non è sportivo (dicono). Ma quante cose nel motorsport non lo sono? Il DRS in F1 lo è?

Il BoP è uno strumento per evitare che un progetto di una vettura che risulti nettamente valido prenda il sopravvento su tutto il resto del gruppo e produca eventi privi di alcun significato sportivo. Può essere antipatico che una vettura si veda “castrata” la propria perfomance ma è lo strumento più usato a livello globale nel motorsport. E bisogna farsene una ragione. Ma il suo scopo non è quello di livellare tutto, permettere all’ultimo della classe di battagliare per la vittoria bensì solo quello di avvicinare il gruppone tenendo comunque ben salde le gerarchie. Null’altro. In molti non lo accettano. Nel mondo endurance è la regola. E nel bene o nel male tutti trattano questo argomento come un assioma che non si discute e non si commenta. E’ semplicemente un diktat imposto dal legislatore e che viene accettato e metabolizzato. Del BoP, Ferrari, oggi, ne ha certamente usufruito. Per dovere di cronaca i due prototipi 499P rossi sono stati zavorrati meno dei giapponesi di circa 15 kg. Tuttavia la numero 51 di Pier Guidi, Calado e Giovinazzi si è comportata bene per tutta la gara. Tratta in inganno soltanto da manovre di alcuni avversari da doppiare attorno alla mezzanotte di ieri, ha perso diverse posizioni e minuti che però è riuscita a recuperare grazie anche a problemi alla Toyota con qui era in battaglia. Strategia, muretto e dinamiche di box sono state semlicemente perfette. E qui il merito va anche all’assistenza di AF Corse che ha supportato a dovere il team comandato da Antonello Coletta. 

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L’altra Ferrari finisce quinta per delle sfortune capitate di notte, quando una pietra è andata a creare problemi al sistema ibrido e c’è stato bisogno di tanto tempo per riparare. Cose che capitano e che fanno parte di questo mondo (alla Toyota numero 7 è andata anche peggio).

Come scrivevamo una endurance è tutt’altra storia rispetto alle altre gare sprint. E il confronto con altre categorie (si, anche con la F1 se volete), sia sul fronte dello spettacolo che della sfida tecnologica, a volte è impietoso. La leadership della gara è cambiata decine di volte e il risultato è stato incerto praticamente fino a un’ora e mezza dal termine. Parliamo di 22 ore e 30 minuti di gara in cui è capitato di tutto: incidenti, pioggia, sorpassi, stint all’arma bianca, le emozioni della notte. Un pacchetto che solo una gara come questa può regalare. 

Il marchio Ferrari ne esce rinvigorito. Fortemente contrito da un trend, quello della F1, in costante calo, dopo la già roboante vittoria di pochi giorni fa in un’altra classica dell’endurance, la 24h del Nurburgring con la 296 GT3, la vittoria della 499P inorgoglisce il marchio come solo un mondiale di F1 può fare. La scelta di Elkann (che in realtà ha concretizzato una idea del fu Marchionne) si è rivelata vincente ma è stata anche favorita certamente dal nuovo corso del FIA WEC, che è uscita dalla più grave crisi della sua storia andando a concepire il nuovo formato delle Le Mans Hypercar che hanno destato in tantissimi brand – Ferrari compresa – la curiosità e la voglia di competere. Per business e per conoscenza tecnologica da rivendere e riutilizzare per il futuro sia della competizione che dell’automotive. Una categoria con Ferrari, Toyota, Cadillac, Vanwall, Porsche, Peugeot e che si arricchirà l’anno prossimo con Isotta Fraschini, Lamborghini, BMW ed Alpine è destinata a diventare il format massimo dell’automobilismo a livello globale. Vedrete.   

E intanto Charles Leclerc ha assaggiato il dolce e si prepara…