Red Bull: passo indietro in Brasile con un Renault “strozzato”

La Red Bull era forse la vettura più accreditata di far bene nella trasferta brasiliana, ad Interlagos, di qualche giorno fa. Ma i problemi di affidabilità alla power unit Renault (ufficialmente Tag Heuer sulle vetture austriache) hanno costretto i “bibitari” a rivedere le loro ambizioni.

di Oreste Sicilia

Se il Gran Premio del Brasile ha consegnato all’albo d’oro la quinta vittoria stagionale di Sebastian Vettel e la gara superba di Lewis Hamilton, uno degli aspetti provenienti dal week-end di Interlagos riguarda la Red Bull, che veniva dal successo in Messico a seguito di un filotto di gare in cui il gap con i primissimi sembrava essersi ridotto se non addirittura annullato.

Ma a cominciare dalla prove libere del venerdì, la scuderia anglo – austriaca non è mai sembrata in partita sia in simulazione di qualifica che sul passo gara. Infatti, se sabato la RB13 si è palesemente dimostrata la terza vettura in pista, alla domenica il team di Milton Keynes si è presentato in griglia con Daniel Ricciardo che è partito indietro per via della penalità inflittagli per aver sostituito alcune componenti della power unit, mentre Max Verstappen, nonostante una gara abbastanza lineare a differenza del compagno di squadra, non è riuscito ad incidere più di tanto.

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Va detto che per quanto il tracciato di San Paolo del Brasile non si sposi perfettamente alla filosofia progettuale della RB13, a sentire il team manager Chris Horner sembra che la mancata competitività sia da imputare alla motorizzazione della Renault, che in tal senso nell’ultima parte del campionato si sta dimostrando veramente poca cosa, aumentando in negativo il gap in termini di potenza e affidabilità rispetto ai due motoristi di riferimento in questo momento.

Per fare un paragone tra la prestazione di domenica e quella della vittoria a Città del Messico, l’Autodromo Jose Carlos Pace richiede un’importanza relativa della power unit maggiore nella prestazione complessiva, rispetto allo scorso appuntamento.

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La motivazione è da ricercare prima nel fatto che i due rettilinei del circuito brasiliano richiedono un elevato sforzo all’unità motrice, a causa di una peggior penetrazione aerodinamica dovuto al fatto che il pacchetto aerodinamico consono per affrontare come si deve il secondo settore è da medio – alto carico. A questo, se aggiungiamo il fatto che per via dell’altitudine che “obbliga” un sovrautilizzo da parte del turbocompressore, che ha provocato diversi ritiri tra tutti i motorizzati della casa transalpina, ha portato i francesi ad indicare di settare una power unit più “sgonfia”, così da evitare eventuali rotture.Una scarsa performance dimostrata anche dal secondo pit stop a cui è stato costretto Verstappen, visto che la strategia più indicata, considerando anche i primi giri sotto regime di Safety Car, era quella della singola sosta.

Questo perchè, non potendo sfruttare la motricità e la velocità di punta come i diretti concorrenti, l’olandese ha provato a “recuperare” tempo in frenata e in curva, quindi si sono andati a consumare oltremodo gli pneumatici. In tal senso si è espresso il team manager di Milton Keynes:

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La mancanza di velocità ha costretto Max a dover forzare molto più del solito gli pneumatici, e questo ha compromesso la fase finale di gara dove le gomme sono risultate molto usurate. Dopo il primo pit-stop abbiamo pensato che fosse possibile arrivare nella scia di Kimi, ma poi il degrado è progressivamente aumentato e non c’è stato nulla da fare. Sono così stati settati dei parametri del motore molto prudenti, e credo che alla fine abbiamo conquistato il massimo risultato che ci era possibile ottenere. Quando Hamilton ha passato Max abbiamo deciso per un secondo cambio di pneumatici, a titolo precauzionale, un pit-stop che non ha cambiato la classifica.”

Dunque una Red Bull depotenziata dalla Renault, ancora una volta. Dalla Francia fanno sapere di stare a buon punto per il 2018. Ma non era così pure alla vigilia del 2017, così come nel 2016?

Oreste Sicilia

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