F1 | C’era una volta Jim Clark

Due mondiali vinti (1963 e 1965). Sembrerebbero pochi, ma furono domini incontrastati.  Cavalliere di un team che non esiste più fino a diventarne il simbolo anche dopo anni dalla sua morte. Jim Clark veniva dalla profonda Scozia ma seppe diventare uomo di mondo nel giro di poco tempo. Talmente grande, conosciuto e vincente da rendersi conto che per lui la F1 stava diventando un palcoscenico piccolo. Così via in aereo, destinazione Indianapolis per andare in casa dei grandi campionissimi dell’ovale e vincere anche li. Manco a dirlo. Senza rivali se non quelli stessi che aveva in squadra, sapeva vincere ovunque. Chiuse in 1967 con una rimonta troncata solo dal finale di mondiale ma lasciò a tutti la sensazione che l’anno successivo era stato scelto da lui come anno del tris iridato.

chapman-clarkInizia alla grande, vincendo a Kyalami poi la decisione di correre in F2 ad Hockenheim. E’ il 7 aprile 1968. Piove. Anzi no: diluvia. L’Hockenheimring è un fiume con sotto dell’asfalto. Clark è dietro, stranamente intorno all’ottava posizione. Poi arriva il quinto giro. La Lotus di Clark schizza verso l’esterno della curva, s’impunta, si cappotta, sbatte e risbatte contro gli alberi fermandosi finalmente dopo sette interminabili secondi. I soccorritori arrivano sul posto ma è chiaro a tutti che c’è poco a fare. Si vede pure chiaramente dove ha sbattuto il casco nel mortale urto. Si parlò di tutto: esplosione pneumatico, cedimento meccanico, gomme non idonee alla pioggia, cervo piombato in pista e bambino sfuggito ai genitori. “Si è afflosciata la sua posteriore destra. A quella velocità, in quella curva e con quella pioggia neanche Jim ha potuto fare nulla”  fu il verdetto di David Sims suo meccanico e grande conoscitore di Jim Clark, a tal punto che la versione della gomma afflosciata fu convalidata dalla Firestone stessa, anche se si mormora fu uno scambio di favori con Colin Chapman.

Alla fine fu così. Un lampo, un istante. Un tumulto del tempo che si portò via il più grande dell’epoca, creando un buco sentimentale che in molti fischia ancora in testa al solo pensiero. Aveva 32 anni e ancora tantissimo da dire. Il nuovo che avanzava aveva i basettoni, lo sguardo da fuciliere e rispondeva al nome di Jackie Stewart. Ma Big Jim rimarrà per sempre l’unisco scozzese volante nella storia. C’era una volta Jim Clark e noi siamo qua a ricordarlo stavolta non solo per piacere, ma anche per dovere.