F1 | Quando il Nurburgring era un inferno verde

Nurburgring, 4 luglio 2013 – Se lo chiamavano “l’ inferno verde” un motivo c’è. E non è difficile trovarlo. Parlare del vecchio Nurburgring non è facile per nessun cronista, si entra nel leggendario, nel mistico e si va a toccare qualcosa che per gli appassionati veri ha anche odore di religioso per certi versi. Ovvio non si tratta di apparizione di madonne o miracoli veri, ma rimane il fatto che il tracciato del Nordschleife era il tempio della Formula 1 targata anni 50, 60 e 70. Al Nurburgring più che da ogni altra parte vinceva chi aveva più coraggio, chi non faceva conti ma pensava solo a guidare al massimo, chi in poche parole era più pilota degli altri.

Si sa che i tedeschi le cose se le fanno le fanno bene e in tempi dove si setacciavano i partecipanti per trovare i più coraggiosi e i più sprezzanti del pericolo il vecchio Nurburgring con le sue 73 curve spalmate su 20 km di strada in mezzo ai boschi dell’ Eifel costituivano un setaccio a maglie molto strette dove cadeva nel catino della mediocrità gente che in mezzo a curve cieche e dossi da brivido proprio a suo agio non si trovava, mentre rimanevano a galla piloti con P maiuscola, gente per intenderci del calibro di Jackie Stewart e Juan Manuel Fangio che nel Nordscheleife ci hanno vinto per 3 volte guadagnandosi l’appellativo di “King of the ring”.

Jackie Stewart fece sua l’edizione del 1968 guidando in condizioni che definire limite sarebbe come dire che al recente Gran Premio di Gran Bretagna le Pirelli si sono afflosciate. Pioggia e nebbia, condite da un freddo che non scaldava le gomme manco a metterle sulle griglie che qua e là erano sparse nei boschi dell’Eiffel ,dove pseudo-cuochi tedeschi si lanciavano nella preparazione di porchette e wurstell vari con risultati scabrosi. Il grande Jackie vinse anche nel 1971 e nel 1973 giusto per dimostrare a tutti che il Nurburgring era casa sua.

Jackie Stewart fu anche uno dei più aspri contestatori della scarsa sicurezza che regnava nel Nurburgring tanto da riuscire a “sabotarlo” nel 1970 e spingere gli organizzatori a montare guard rail e mettere in sicurezza il rettilineo del traguardo. Tali modifiche scatenarono anche le ire di appassionati e piloti portando Jack Brabham a dire “Voglio vedere in faccia chi ha paura di correre in mezzo agli alberi“. Black Jack forse non sapeva che questa faccia portava basettoni, capelli lunghi e parlava con accento scozzese..

Nel 1976 il botto di Niki Lauda cambiò tutto e tutti. Hunt vinse l’ultimo Gran Premio di Formula 1 al Nurburgring (vecchio e vero) e si andò a correre in definitiva all’ Hockenheimring. “Se i piloti snobbano il Nurburgring vuol dire che sono pagati troppo” disse Von Stuck e gli fece eco Chris Amon dicendo “Per quanto mi riguarda hanno già rovinato il Nurburgring 6 anni fa quando hanno appiattito i dossi cancellando così le curve cieche“. Agli appassionati non rimase che l’Hockenheimring (anche qui vecchio poi rifatto nel 2002) pur sempre affascinante ma mai ai livelli del Nurburgring.

Giusto per riallacciarsi al discorso che i tedeschi fanno bene le cose o non le fanno, in tempi di sicurezza al top, ora si corre su un tracciato che di Nurburgring vero ha solo la vicinanza geografica costruito con tutti gli standard di sicurezza, senza mai un incidente veramente pericoloso salvo Diniz nel 1999, ma li ci fu tanta sfiga e sopratutto la S iniziale non c’è più.

Karussel, Antoniusbusche, Pflanzgarten e Adenauer forst hanno lasciato spazio a Mercedes Arena, curva Coca-cola, Micheal Schumacher “S” e di conseguenza se ne sono andati via fascino, misticità e coraggio ma il nome Nurburgring rievocherà per sempre imprese di grandi piloti che hanno scritto la storia delle corse in mezzo ai boschi tedeschi dell’ Eifel e trasformando questo luogo in un inferno verde perchè Chi dice di amare il Nurburgring o è un bugiardo o non è andato forte abbastanza”; parola di Jackie Stewart “The King of Ring”.