F1 | Haas, benvenuti al Circo

Guenther Steiner, team principal Haas F1

Freaks, gergalmente detti fricchettoni. Fuori dalla borgata li possiamo definire scherzi della natura, o addirittura mostri. Il Circo di Phineas Taylor Barnum agli inizi del novecento fu il primo a sdoganare le anormalità, facendo leva su quel voyeurismo morboso che alberga un po’ in tutti quanti noi. Tanto da diventare modo di dire, per indicare un qualcosa di farsesco e bizzarro. L’annata della Haas, purtroppo, rappresenta a pieno il concetto.

di Filippo Toffanin

Come un team, che nel 2018 ha lottato fin quasi ad Abu Dhabi per il quarto posto nel mondiale costruttori, si trovi oggi in una situazione di ambascia simile ha dell’inspiegabile. Eppure la scuderia fondata da Gene Haas, magnate americano dell’industria meccanica, colleziona di week-end in week-end risultati sconcertanti. I primi a sembrare disorientati da questa situazione sembrano proprio Haas e Günther Steiner, che da buon altoatesino ha costruito una carriera nel motorsport su qualità che gli americani adorano: no nonsense, no bullshit. Ma di insensatezze e stupidaggini, per utilizzare termini edulcorati, la Ferrarina – come veniva chiamata agli esordi per alcune somiglianze aerodinamiche sospette oltre che per la fornitura motori – ne ha messe in serie una messe strepitosa.

La prima e più recente, la conferma di entrambi i piloti. Con Hülkenberg a piede libero, confermare due sciagure come Grosjean e Magnussen può giustificarsi solo con un’innato sadomasochismo. Anche se, più prosaicamente, la ragione potrebbe essere di natura economica. Troppo alte per le tasche della scuderia di Banbury le pretese dell’ormai ex pilota Renault? Probabile, sebbene la carriera di Nico dimostri quantomeno una costanza che avrebbe potuto portare in dote al team americano punti mondiali preziosi. Utili per accedere a premi ben più sostanziosi in termini economici di quelli che si conseguiranno alla fine di questa stagione. Per Steiner si è trattato di fare un semplice rapporto costi / benefici: ciò che si risparmia con l’ingaggio di un pilota di quella caratura può essere reinvestito nello sviluppo dell’auto. A patto poi di non darla in mano a due professionisti del Destruction Derby, vien da dire.

E’ stata una scelta difficile. Entrambi i piloti sono molto bravi e spero che Nico rimanga in F1. Alla fine abbiamo deciso di rimanere con Romain, perchè è nella squadra da quattro anni, conosciamo i suoi massimi e i suoi minimi. Sappiamo che può essere un gran pilota quando è in giornata, e conosce molto bene la squadra. Soprattutto, crediamo che il problema principale di quest’anno sia come si sta comportando la nostra auto. Vogliamo funzioni meglio, e questo non ha nulla a che fare con i piloti.

Così parlò lo Zarathustra di Merano. Certo, non ci vuole un profeta per capire l’inconstanza (anche se quest’anno si potrebbe tranquillamente parlare di inconsistenza, con sette ritiri e tre soli piazzamenti a punti, mai oltre il settimo posto) delle prestazioni di Grosjean. Magnussen non è da meno: quando non è impegnato in sterili battaglie a colpi di ingiurie con gli avversari, o in battibecchi adolescenziali con il muretto box (celebre il perentorio “Enough is enough!” con cui lo ha catechizzato Steiner in Canada), si ricorda di essere un discreto manico – venti i punti raccolti sinora contro gli otto del francese. La penalità raccolta a Sochi per essere rientrato in pista senza seguire le procedure concordate nel briefing piloti lo ha privato di un probabile settimo posto; una disattenzione che – al di là dell’interpretazione regolamentare forse troppo severa – è costata al team punti preziosi.

Performance quelle dei due piloti certamente viziate da un auto inconcludente. In Haas del regolamento 2019 sembrano averci capito gran poco. Dopo un inizio drammatico, l’avvento dei GP europei sembrava poter portare quegli aggiornamenti di telaio necessari per riportarsi a centro gruppo. Prestazioni disarmanti in Canada, Francia, e Gran Bretagna (doppio ritiro) hanno costretto il team a tornare invece alle specifiche dell’Australia, salvo ottenerne benefici marginali. La monoposto è lenta in rettilineo (nonostante il motore Ferrari), scorbutica in entrata di curva e poco reattiva in trazione. Alain Prost l’avrebbe probabilmente definitaun camion”, ricordando il celebre incidente diplomatico che portò al suo licenziamento dalla Ferrari nel ’91.

Nell’annus horribilis del team americano non sono mancate poi le beghe extra-circuito. Il main sponsor Rich Energy può annoverarsi tranquillamente tra i fenomeni da circo, per usare un eufemismo. Azienda britannica fondata da William Storey e da un “misterioso scienziato austriaco”, produce e commercia bevande energetiche. Un tweet di inizio luglio della stessa azienda annunciava la fine del sodalizio con la scuderia di Haas date le scarse prestazioni in pista, salvo poi essere ritratto il giorno dopo con un comunicato degli azionisti che definivano l’intemerata “le azioni canaglia di un individuo in procinto di essere rimosso da tutte le responsabilità esecutive”.

Che fosse lo scienziato pazzo? Può darsi, sebbene i sospetti siano poi ricaduti su Storey – nel frattempo decaduto dal ruolo di amministratore delegato lanciando accuse di “colpo di stato” contro gli stessi azionisti che l’avevano defenestrato in relazione alla decisione di sponsorizzare il team di F1. Ma evidentemente la figuraccia non dev’essere bastata ai bibitari, che sempre a mezzo social si complimentavano – in concomitanza con il GP d’Italia – con dei fantomatici investitori sauditi per l’ormai prossimo acquisto della scuderia. Cinguettii decisamente indigesti a Steiner:

Non so come rispondere. Mi complimento ed auguro anch’io buona fortuna agli investitori, grazie molte. Non li conosco. E’ uno dei loro soliti tweet, e non sono uso a rispondere a tweet o altro. Non so di cosa parlino sinceramente, e non ho tempo da perdere con loro.

Gene Haas rimane comunque impegnato in F1, sebbene più volte abbia espresso frustrazione per la stagione del suo team e per l’eccessivo divario economico tra i top team e gli altri, chiedendo più volte a FIA e Liberty Media di intervenire per equilibrare la competizione. Gli sceicchi possono attendere, nella speranza che le ultime gare della stagione portino qualche sorriso in più a Banbury. La luce in fondo al tunnel potrebbe essere vicina, augurandosi che non sia un treno.

Filippo Toffanin