Jackie Stewart: tre è il numero perfetto

Jackie Stewart: Tre mondiali vinti, tre vittorie sulla mitica Nordschleife, tre vittorie a Montecarlo, 27 vittorie su 99 Gran Premi disputati. Numeri incredibili per questo scozzese volante della Formula 1 anni ’70. Uno dei più grandi.

 di Giulio Scaccia

Sir John Young “Jackie” Stewart nasce a Milton, in scozia, l’11 giugno 1939. Inizia da subito a ben nelle categorie minori prima con una Jaguar e poi provando una Cooper di Formula 3. Viene notato da Ken Tyrrell che  gli offe un posto nella sua squadra: questo è l’inizio di una sodalizio vincente, che accompagnò Jackie per tutta la carriera.

Debutta in Formula 1 nel 1964, disputando un’unica gara su Lotus per sostituire l’infortunato Jim Clark.

Nel 1965 esordisce con la BRM nella formula maggiore al fianco i Graham Hill e al suo esordio al GP del Sud Africa ottenne il suo primo punto mondiale.l suo primo punto mondial. Nella sua prima stagione coglie una vittoria a Monza, tre secondi posti, un terzo, un quinto ed un sesto posto concludendo al terzo posto il Campionato del Mondo dietro al vincitore Jim Clark e Graham Hill. L’anno successivo, su una Lola, sfiora la vittoria a Indianapolis alla sua prima partecipazione alla gara americana. Si deve ritirare per un guasto alla pompa di raffreddamento a otto giri dal termine quando ha un giro di vantaggio sul compagno di squadra Graham Hill. La sua gara impressionò talmente il pubblico americano che ricevette il premio Rookie of the Year  nonostante che anche il vincitore Hill fosse alla prima partecipazione alla 500 miglia.

Le stagioni 1966 e 1967 furono poco soddisfacenti per Jackie: collezionò una vittoria nel mondiale di F1 a Monaco e pochi piazzamenti. La scarsa affidabilità della BRM lo costrinse a 14 ritiri su 19 gran premi disputati.

Il 1968 fu l’anno del ritorno alla scuderia di Ken Tyrrell che schierava nel mondiale di F1 delle Matra MS10 – Cosworth. Il suo talento gli permise di vincere a Zandvoort sotto la pioggia e al ‘Ring con una nebbia fittissima. In Germania vinse con un distacco di quattro minuti sul secondo e la prima vittoria sulla Nordschleife è considerato uno dei suoi capolavori. Vinse ancora al Glen  ma non partecipò ai GP di Spagna e Monaco, a causa di un infortunio rimediato in F2 al GP di Spagna. Alla fine si piazzò secondo nel mondale dietro a Graham Hill.

Il 1969 fu l’anno della consacrazione con la vittoria del primo campionato, sempre con le Matra di Ken Tyrrell, Stewart mostrò una superiorità schiacciante. Vinse con due giri di vantaggio in Spagna, con più di un minuto in Francia e con più di un giro in Gran Bretagna, oltre alle vittorie in Sud Africa, Olanda e Italia e si laureò così campione del mondo.

Per il 1970 Tyrrell abbandona la Matra, orientata ad usare i suoi motori V12, mentre il “boscaiolo” voleva mantenere il rapporto con la Ford ed usare il V8 Cosworth. Tyrrell, appoggiato dalla Elf, acquista i telai dalla March. Stewart vince in Spagna, ma il 1970 è l’anno, meraviglioso e tragico del  “Tigre” Jochen Rindt e della sua Lotus 72D.

Nonostante una stagione difficile, Stewart ebbe fiducia nella Tyrrell che per il 1971 sfornò la Tyrrell 003 – Cosworth, del creativo Dereck Gardner. Vinse in Spagna, Monaco, Francia, Gran Bretagna, Germania e Canada e si laureò campione del mondo per la seconda volta. Il suo compagno di squadra per quest’anno e per gli anni successivi sarà il giovane e talentuoso Francois Cevert. I due saranno legati da una grande amicizia. Stewart sarà un mentore per Cevert e il francese lo ripagherà con un sostegno leale fino alla tragica fine.

Il 1972 dopo un buon inizio, vide lo strapotere della Lotus di Emerson Fittipaldi. Nonostante le vittorie in Argentina, Francia, Stati Uniti e Canada, non riesce ad andare oltre il secondo posto nel mondiale. Jackie inizia anche ad avere problemi di salute, dovuti agli spostamenti frequenti. Oltre la Fomula 1, è impegnato nel Campionato Can Am. Corre anche nel Campionato Europeo Turismo con Cevert e su una Ford Capri arrivarono secondi alla 6 ore del Paul Ricard.

Il 1973 è il suo ultimo anno. A prescindere dal risultato finale, decide di ritirarsi, ma è una notizia assolutamente riservata e abilmente tenuta nascosta. Con la Tyrrell 006 Vince in Sud Africa, Belgio, Monaco, Olanda, Austria e Germania, che fu anche la sua ventisettesima ed ultima vittoria in carriera davanti al compagno di squadra Francois Cevert. Cevert gli dà una grande mano togliendo punti preziosi a Emerson Fittipaldi. Si laurea campione del mondo. Ha già deciso di ritirarsi. In occasione dell’ultimo GP della stagione al Glen, dopo la morte in prova del suo compagno e amico Cevert durante le qualifiche, Stewart decise di non correre mancando il suo centesimo GP.

Abbandonate le gare, divenne un consulente della Ford Motor Company e uomo di rappresentanza. Tra gli anni ’70 e ’80 ha lavorato come commentatore per le televisioni americane e australiane e nel 1997 ritornò in Formula 1 come proprietario di scuderia con la Stewart Grand Prix, Il risultato migliore fu nel 1999 la vittoria di Johnny Herbert nel GP d’Europa. La scuderia venne in seguito acquistata dalla Ford e divenne Jaguar Racing nel 2000 che poi a sua volta sarebbe diventata la Red Bull Racing nel 2005.

Jackie Stewart è diventato cavaliere nel 2001.

Il pilota e l’uomo

Jackie Stewart: 27 vittorie su 99 Gran Premi disputati, 3 mondiali vinti, 3 vittorie sulla mitica Nordschleife, 3 vittorie a Montecarlo. Sono numeri importanti, ma non rendono forse tutta la grandezza di Jackie. Stewart fu in prima linea per la sicurezza attiva e passiva in Formula 1. Questa sua sensibilità ed attenzione forse nacque in occasione del Gran Premio del Belgio 1966, dove Stewart fu coinvolto in un incidente al primo giro sotto la pioggia.

Rimase intrappolato nell’abitacolo con la tuta inzuppata di benzina proveniente dai serbatoi squarciatisi durante l’urto. Una qualsiasi scintilla avrebbe potuto provocare un incendio e Jackie non poteva uscire dalla vettura perché il piantone dello sterzo deformato dall’urto gli bloccava le gamba e non c’erano commissari nelle vicinanze e neppure gli strumenti per tirarlo fuori: “Rimasi intrappolato nella mia vettura per 25 minuti, impossibilitato a muovermi. Graham Hill e Bob Bondurant mi fecero uscire usando una chiave inglese di un kit di uno spettatore. Non c’era un dottore e non c’era un posto dove mettermi. In seguito mi hanno messo nel retro di un furgone. Alla fine un’ambulanza mi portò al Pronto Soccorso vicino alla torre di controllo dove mi lasciarono su una barella sul pavimento circondato da mozziconi di sigaretta. Mi misero poi su un’ambulanza con una scorta della Polizia, ma la scorta si perse l’ambulanza e il conducente non sapeva come arrivare a Liegi. All’inizio sospettavano che avessi un infortunio alla spina dorsale, in seguito si è scoperto che l’infortunio non era grave, ma loro non lo sapevano! Quindi pensai che se questo era il meglio che avevamo allora c’era qualcosa che non andava: c’era qualcosa che non andava con le piste, le auto, i medici, la prevenzione incendi, e le squadre di soccorso. C’erano anche dossi sui prati che erano rampe di decollo, oggetti in cui ti schiantavi, alberi non protetti e così via. I giovani oggi non lo capirebbero. Era semplicemente ridicolo” (GrandPrix of Fame – Jackie Stewart – Biography).

In risposta a questo e appoggiato da Louis Stanley, patron della BRM,  iniziò una campagna per migliorare i servizi di emergenza e per costruire della barriere di sicurezza ai lati delle piste. Ad ogni gara Jackie metteva una chiave inglese nel suo abitacolo in caso ne avesse bisogno, memore dell’incidente in Belgio. Criticò aspramente Spa e la Nordschleife, nonostante le sue vittorie: “l’inferno verde, il posto in cui si è felici solo quando la corsa è finita e si ritorna a casa”.

Fu lui uno dei primi piloti ad indossare i caschi integrali e nel ’72, in seguito all’incidente occorso a Helmut Marko, insistette perché si rendesse obbligatorio l’uso del casco integrale e delle cinture di sicurezza. All’epoca tutte queste battaglie non lo resero popolare tra gli organizzatori dei Gran premi i giornalisti e anche tra alcuni suoi colleghi. Però le sue vittorie e la sua popolarità tra i tifosi fecero si che il suo messaggio non rimanesse inascoltato.

Nonostante questi sforzi i suoi amici e colleghi continuavano a morire. Lui e sua moglie furono particolarmente toccati dalla morte del loro amico Piers Courage e, qualche mese più tardi, di Jochen  Rindt a Monza che lasciava la moglie Nina e un figlio piccolo. Fu Jackie che diede la notizia a Nina e i suoi occhi pieni di lacrime durante l’intervista a Monza dopo la morte di Jochen danno la dimostrazione della dimensione umana del personaggio.

Tutti questi drammi lo convinsero a ritirarsi alla fine del 1973. Il colpo di grazia lo ebbe quando Francois Cevert, che probabilmente non sapeva che l’anno successivo sarebbe stato prima guida della Tyrrell, morì durante le qualifiche del GP di Watkins Glen.

Quello tra Stewart e Cevert fu uno splendido rapporto, di stima, amicizia e lealtà. Una storia purtroppo non a lieto fine.

Riportiamo la traduzione di quanto ha detto Jackie Stewart a proposito di Francois Cevert:

Avevamo una delle migliori relazioni umane mai viste fra due piloti della stessa squadra, io avrei dovuto essere il “maestro” e lui l’allievo. E non c’era nulla che desiderassi di più al mondo della possibilità che lui proseguisse dal punto in cui io lasciai ed essere il campione del mondo. Sarebbe stato il finale perfetto per una storia perfetta ed un rapporto perfetto. Poiché ero ormai alla fine della mia carriera di pilota e fu decisamente un modo molto amaro di lasciare questo sport, ma fu anche un modo in cui lo sport mi insegnò che nessuno è grande abbastanza da poter fare tutto quando desiderano farlo e raggiungere qualsivoglia obiettivo che ci siamo fissati nella vita. Fu anche il modo di Dio per dirmi “non dare mai nulla per scontato”, questo è il rovescio della medaglia. E fu un modo molto profondo di imparare la lezione, non avrebbe potuto essere più doloroso e chiaro al tempo stesso. Lui è ancora qui con me.

Jackie Stewart, tre volte campione del mondo. Lo scozzese dallo stile preciso e pulito e dall’animo nobile.