Compagni contro, quando ai box è guerra

Una delle regole auree non scritte della Formula 1 è che non ci si deve mai fidare di nessuno, né in pista né tantomeno ai box. Devi sempre pensare a correre prima di tutto per te stesso, correre più velocemente possibile senza badare a nessuno, perché tutti sono tuoi rivali, ma su tutti uno è il peggiore: il tuo compagno di squadra, quello che sembra messo lì apposta per mandarti in crisi di nervi, farti impazzire senza farti più capire perché e contro chi stai realmente combattendo questa guerra all’ultimo sangue. Quando poi pensi che, vabbè, è tutta una questione di forma, una gigantesca messa in scena, tanto poi casomai le strategie e i giochi di squadra arriveranno a sistemare tutto, stai commettendo il più grosso degli errori.

Perchè forse quei giochi, quei calcoli, quelle strategie potrebbero non arrivare mai, perchè in quel momento i direttori sportivi o Team principal che dir si voglia diventano dei fantasmi, degli spettatori privilegiati che non possono fare altro che sedersi, aspettare e guardare impotenti (per modo di dire) quello che succede. E allora ecco che accade l’incredibile: il muretto dei box, simbolo di unità, direzione, di comune appartenenza, di direzione, di punto di riferimento… insomma, di squadra, di colpo si spacca, si apre in due come il tonno di una famosa marca che si tagliava con un grissino, in cui una parte di esso prende una direzione e l’altra ne prende una diametralmente opposta. Già, perché in guerra non si fanno prigionieri, inizia un sottile gioco di spionaggio, di colpi bassi, di fuoco amico, di strategie d’attacco e di difesa, di uccidere (sportivamente) il tuo nemico per dimostrare a te, al mondo e al tuo team di essere più forte di lui, magari in vista di un possibile defenestramento del tuo compagno.

Di storie di questo tipo ce ne sono state tante, di duelli in pista finiti bene o male anche. Come non ricordare quel celebre finale a Suzuka, con i due fuoriclasse Alain Prost e Ayrton Senna che terminano la loro corsa mondiale alla chicane del Triangolo? O come non ricordare quello che accadde nel 2007, dove spy story a parte le due McLaren di Alonso e Hamilton finiscono per distruggersi durante tutta la stagione, con l’asturiano che non gradisce il trattamento riservato dalla McLaren all’esordiente Hamilton e, così, decide di farsi giustizia da sé, non solo cercando di soffiare la leadership interna al team ma anche, e soprattutto, cercando di impedire con qualsiasi mezzo di far vincere il titolo all’inglese? Il risultato è un harakiri generale, con nessuno dei due piloti delle Frecce d’Argento che riesce a fare suo il titolo, consegnandolo a Kimi Raikkonen, per l’incredulità di Ron Dennis. C’è anche il velenoso Gran Premio del Portogallo del 1990, quando Nigel Mansell stringe a muro al via il compagno di squadra, che è nientemeno che il Campione del mondo uscente Alain Prost, andatosene proprio dalla McLaren in polemica con Senna, e va a vincere la gara, rovinando la scalata alla classifica da parte del Professore che sarà poi spedito fuori pista da Senna a Suzuka.

Cristian Buttazzoni
Cristian Buttazzoni
"Life is about passions. Thank you for sharing mine". (M. Schumacher) Una frase, una scelta di vita. Tutto simboleggiato da un numero, il 27 (rosso, ma non solo)

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