Compagni contro, quando ai box è guerra

Di padre in figlio, anche quella di Jacques è stata una storia contrassegnata da un duello pesantissimo e interminabile con il compagno di squadra, solo che questa volta i ruoli si sono rovesciati. Jacques arriva in Williams dopo aver vinto la 500 Miglia di Indianapolis e la serie Indycar, ma ha di fronte quello che è l’unico vero candidato alla rincorsa iridata: Damon Hill. L’inglese, figlio d’arte, è chiamato alla indiscutibile prova d’appello dopo il disastroso 1995, ma deve fare i conti con questo sbarbatello canadese dal nome ingombrante (come se quello di Hill non lo fosse…) e dal palmarès già estremamente corposo. E sa che la sfida che avrà di fronte sarà molto dura. E infatti, già nelle qualifiche il canadese fa capire senza tanti giri di parole chi comanda, che il figlio di Graham quel titolo se lo dovrà sudare fortemente e che la guerra non arriva da fuori, ma da dentro. E il giovane Jacques in gara scappa, si invola verso una vittoria che sarebbe stata l’incoronazione di questo nuovo astro nascente della Formula 1, degno rappresentante di una nuova generazione di piloti, quella che impara le piste giocando con la playstation, quelli dalla doppia maschera, gli occhiali e la visiera del casco, quei piloti per i quali l’automobilismo non si fa solo in pista ma anche fuori, quelli per i quali non basta un cognome ingombrante per essere subito etichettati come campioni. Insomma, un pilota poca sregolatezza e tanto, tantissimo genio. Un genio che riesce a esprimere meravigliosamente in quella gara in cui ammutolisce il suo compagno di squadra, fino all’incredibile imprevisto. Ancora una volta un cartello “SLOW”, ancora una volta un ordine che arriva direttamente dal team. Solo che questa volta non c’entra la voglia di salvare l’onore della scuderia; la Williams è già una macchina da guerra e la FW18 è una delle creature più belle uscite dalla matita di Adrian Newey, ordinatissima e maledettamente efficace. No, a fermare Jacques ci penserà il motore RS8, tanto prestazionale quanto, forse, fragile (il resto della stagione farà capire che non sarà così), che perde olio e obbliga il giovane Jacques a cedere la corona a Damon Hill, il compagno tanto acclamato quanto sfidato. Un duello che non sarà certo questa gara a interrompere, ma che andrà avanti tutta la stagione e che vivrà in Ungheria uno dei suoi momenti più alti.

Compagni contro, dunque, persone tanto amiche ai box quanto spietate nel momento in cui abbassano la visiera. Già, perché l’automobilismo è uno sport individuale che paradossalmente si corre in squadra. Ma quando la squadra è imprendibile, ecco che ci si può quasi prendere il lusso di non interferire, di non dare ordini di scuderia, di lasciare che i piloti vadano per la loro strada e che si accenda anche una scomoda rivalità interna. Forse, però, è anche giusto così, ne guadagna la competizione e alla fine la storia delle squadre non ci perde nulla, anzi si arricchisce di nuovi esaltanti capitoli. E tutto grazie a quel dannatissimo e fragilissimo equilibrio nello squilibrio.