Baku e i suoi fratelli: i circuiti cittadini più stravaganti della F1

Nel 2014 era stato già annunciato un GP in Azerbaigian, sulle strade cittadine di Baku. Il Gp azero è solo uno, dei tanti, circuiti cittadini più pittoreschi nella storia della Formula 1.

di Giuseppe Gomes

Ammettiamolo, solo sotto la gestione di “Mr. E” si poteva avere un Gran Premio nello “sconosciuto” Azerbaigian. Quando venne presentato, nel 2014, e successivamente inserito nel calendario 2016 come GP d’Europa (quest’anno invece sarà il GP di Azerbaigian), come ottava tappa del mondiale, questo atipico circuito cittadino ha attirato commenti, per lo più negativi, da parte di tutto l’ecosistema che ruota intorno alla Formula 1. Sarà per i lunghi rettilinei, per i tratti strettissimi, per i muretti sempre terribilmente vicini, sta di fatto che, anche questa stagione, il circus della Formula 1 si sta preparando a sbarcare, per la seconda volta nella storia, sulle sponde del Mar Caspio. Sta di fatto che, quello di Baku, non è l’unico esempio di circuito cittadino anomalo. Dimenticatevi dell’angusto circuito di Monaco e facciamo un salto indietro di qualche anno.

1981, Las Vegas. Il circuito venne “installato”, e non disegnato tra le strade della “città del peccato”. Perché il Circuito del Caesars Palace venne disegnato nel parcheggio del Casino che gli diede il nome. Un nastro di asfalto di 3.600 metri, delimitato in ogni punto da muretti di cemento e che prese il posto del GP di Watkins Gleen, cancellato dal calendario per non aver versato la quota necessaria all’iscrizione della gara nel campionato. Mario Andretti lo definì “un kartodromo”, ed effettivamente il suo disegno a pettine lo faceva sembrare tutto fuorché una pista da Gran Premio. Tanto per mettere un po’ più di pepe al week end americano, nell’81’, questo, rappresentò l’ultimo GP della stagione, nel quale ben tre piloti, Reutemann, Laffite e Piquet, si giocavano il mondiale. Al via Reutemann, che partiva dalla pole, fa il disastro, facendosi infilare da numerosi colleghi come Jones, Villeneuve e Prost. Con Piquet attardato, l’unico pilota, in lotta per il mondiale, in zona punti è Laffite. Dopo qualche giro però Reutemann comincia a precipitare in classifica, con Piquet che risale, conquistando la zona punti e, virtualmente, il mondiale. Mondiale che, alla fine, arriverà per il brasiliano, grazie ad un sesto posto agguantato con i denti, visto l’enorme sforzo fisico. Sul podio andarono Jones (ultima vittoria in carriera) Prost e Giacomelli. Si concludeva così la stagione 1981 e il primo GP di Las Vegas.

Restiamo in America, spostandoci dal Nevada all’Arizona, da Las Vegas a Phoneix. Dopo la prima edizione del 1989, segnata da una ecatombe per i motori viste le temperature elevatissime, si passa da giugno a marzo. Il tracciato è segnato da una lunga serie di rettilinei, alternati da curve a 90° e tornanti, uno di quei tracciati che ad oggi vengono definiti “stop & go”. L’edizione 1990 rivelò il talento di un giovane francese, Jean Alesi, che con la sua Tyrrel ottiene un ottimo quarto tempo, con Martina che porta la Minardi alla sua prima, ed ultima, prima fila. Tempi non determinati dalle qualifiche, data l’impraticabilità della pista al sabato per la tanta pioggia, ma prendendo i tempi dalle prove del venerdì. Al via il francese detta il ritmo, allungando subito sui rivali e dimostrando un ottimo talento, nonostante il suo esordio solo qualche Gran Premio prima. Da dietro però sta risalendo un certo Ayrton Senna che, partito quinto, comincia una veloce risalita. Giunto alle spalle del francese, inizialmente resta in attesa poi sferra l’attacco. Inizia così una breve lotta tra i due piloti, fatta di sorpassi e controsorpassi, nella quale però pesa il talento, e la vettura del brasiliano che, nonostante un problema al motore, riesce a chiudere in testa sul circuito americano, davanti allo stesso Alesi e Boutsen. Piccola curiosità. Quello di Phoenix è stato l’ultimo GP degli Stati Uniti prima del GP di Indianapolis del 2000.