F1 Legend: Red Bull RB7

17 agosto 2015 – Nuova puntata di F1Legend e ultimo capitolo della trilogia del Signore delle Corone Iridate Adrian Newey, che dopo aver trionfato con Williams e McLaren tenta con successo l’avventura in Red Bull (con le sue strade che, casualmente ma non troppo, si incrociano con quelle di David Coulthard). La conclusione di questa saga ha per protagonista quella che potrebbe essere definita una delle monoposto più contestate dell’era Newey, ma di certo una delle più vincenti. Si tratta della Red Bull RB7, vettura che ai è presentata come una evoluzione della precedente RB6 ma che in realtà nasconde diverse novità soprattutto sotto il cofano.

La RB7, infatti, si presenta al via della stagione 2011 apparentemente come un normale sviluppo della RB6, adattato ai nuovi regolamenti che tagliano il doppio diffusore, soluzione che aveva sparigliato il campo nel 2009 e che vide proprio la scuderia di Horner come capofila della protesta. Alla fine, le principali novità erano rappresentate da un muso più largo, l’allungamento del passo e un retrotreno rivisitato. In realtà, già nel corso dei test Newey, Prodromou e gli altri tecnici di Milton Keynes fanno sbucare dal loro cilindro una novità che sarà destinata a cambiare le sorti del campionato: gli scarichi soffiati. Una soluzione che viene adottata per ovviare al mancato utilizzo del KERS, che proprio in quella stagione era possibile per tutte le scuderie ma che in Red Bull decisero di non montare sulla monoposto perchè giudicato troppo rischioso. Si tratta di un nuovo sistema che permette alla RB7 di canalizzare i gas di scarico verso le appendici alari e la zona del diffusore, che permette di generare carico aerodinamico e aumentare la deportanza.

Un sistema che coglie di sorpresa tutti gli avversari, visto che già a Melbourne la Red Bull di Vettel è imprendibile: rifila ben 8 decimi in prova a Lewis Hamilton, secondo, e oltre un secondo a tutti gli altri e in gara è irraggiungibile, chiudendo con 22 secondi di vantaggio sull’inglese. I rivali però hanno pronta la contromossa: esaminare il comportamento degli alettoni della RB7 e constatare che si flettevano in modo anomalo, schiacciandosi a terra alle alte velocità e aumentando in modo sensibile la deportanza. E’ stato proprio Lewis Hamilton a interessare della questione gli uomini della FIA, ma la spiegazione arriva da un’altra invenzione partorita dal genio di Newey, ovverosia l’assetto rake. Con questo sistema, la vettura risulta più bassa rispetto alle rivali nella parte anteriore e più alta nella parte posteriore, spostando il centro di pressione aerodinamica verso l’avantreno alle basse velocità, diminuendo il sottosterzo, per poi posizionarsi verso il retrotreno alle alte velocità, stabilizzando la monoposto nelle curve veloci.

Sta di fatto che verrà giudicato regolamentare dalla Federazione e la Red Bull apre così il primo grande ciclo di vittorie della sua storia (il secondo arriverà due anni più tardi), con un Sebastian Vettel in stato di grazia che si aggiudicherà 6 delle prime 8 gare e nelle due rimanenti, oltre che nella nona, arriverà secondo. Il dato ancora più sorprendente, però, arriva dalle qualifiche: Vettel e Webber si aggiudicano 18 pole position su 19 gare, battendo così il record della McLaren MP4/4 di Prost e Senna, che di pole position se ne aggiudicano 15 su 16 gare e che poi verrà ulteriormente migliorato.

Una galoppata iridata, quella del 2011, in cui Vettel sarà un vero e proprio cannibale, capace di catalizzare su di sè tutte le attenzioni del team e mettere in un angolo il compagno di squadra Mark Webber, arrivando a chiedere ordini di scuderia in suo favore. Come accade a Silverstone, gara in cui si assiste all’entusiasmante duello tra i due che viene bloccato nelle battute finali dal team, chiedendo a Webber di alzare il piede. Il tedesco di Heppenheim si invola verso un titolo che conquista con ben 4 gare d’anticipo, ma che nonosante il risultato acquisito non ferma in alcun modo la sua fame di vittorie. Vincerà, infatti, anche in Corea (dove regalerà il Mondiale costruttori al team) e in India, mentre nell’ultima gara in Brasile è costretto a rientrare ai box per presunti problemi al cambio. In realtà, forse, è stato un modo del team per premiare il lavoro svolto nel corso della stagione di Mark Webber, che vincerà la gara. Ma Vettel non ci sta, vuole fare sua anche quella gara, dare una dimostrazione di forza a tutto il team, spingendo come un forsennato. Alla fine, però, il distacco sarà incolmabile e Webber meterà il suo sigillo facendo segnare il giro record proprio sotto la bandiera a scacchi, prendendosi per un giorno i galloni di prima guida.

In ogni caso, eccezion fatta per Jenson Button, nessuno riuscirà a impensierire il dominio delle vetture di  Milton Keynes, suggellando una superiorità tecnica che ancora una volta porta Newey sul tetto del mondo e, nonostante qualche soluzione fosse giudicata al limite del regolamento se non addirittura oltre, per gli avversari  non ci sarà nulla da fare. Stratford-upon-Avon, dunque, non ha dato i natali solo a un genio della letteratura universale, abile a giocare con la natura umana, ma anche a un uomo capace di giocare con l’aria, sfruttandola per ottenere il massimo risultato possibile da una vettura da corsa. E se Enzo Ferrari diceva che “l’aerodinamica è il risarcimento per chi non sa spremere i cavalli del motore”, molto probabilmente Newey rappresenta l’antitesi di questo aforisma, visto che grazie all’aerodinamica lui i cavalli del motore riusciva a sfruttarli come nessun altro. E le 18 corone iridate (9 piloti e 9 costruttori) che i team per i quali ha lavorato stanno lì a dimostrarlo, ma a quanto pare non è finita…