F1 | Riflessioni post-rissa in Messico. Pronto FIA? C’è nessuno?

La notizia della rissa tra tifosi durante il Gran Premio del Messico di F1 ha fatto scalpore. Ma cosa ha portato a tutto questo? E' solo l'aver aperto la massima categoria del motorsport ad un sempre più eterogeneo gruppo di persone o sotto c'è altro? Proviamo a capirlo.

La notizia della rissa sugli spalti del circuito Hermanos Rodriguez di Città del Messico ha fatto scalpore. Non vi proponiamo le immagini, quelle si possono trovare abbastanza facilmente su vari social network, ma il responsabile è stato individuato, allontanato dal circuito e bannato a vita da qualsiasi evento FIA. Benché possa senz’altro trattarsi di un caso isolato, forse sarebbe meglio che, chi di dovere, decida finalmente di sedersi a un tavolo a porsi le domande giuste. Sì, perché quello che è successo ieri sugli spalti messicani accade quotidianamente sui social. Gli sfottò tra tifosi sono sempre esistiti, ma è indiscutibile che, da un po’ di tempo a questa parte, si stia palesemente esagerando.

Sono anni che diciamo che il regolamento, così come è fatto, necessita di essere pesantemente rivisto. Le decisioni prese all’insegna di uno sport che dev’essere “intrattenimento per famiglie” non c’entrano assolutamente niente con questo mondo. Il motorsport non è una sit-com, non è commedia dell’arte. Prodotti commerciali come Drive to Survive sono armi a doppio taglio in cui si estremizzano volutamente alcune dinamiche per far passare un determinato messaggio a scapito di un altro. Ed è così che una dichiarazione viene montata ad arte per dare una certa immagine di un pilota, in un perenne “giuoco” delle parti dove uno è il buono e l’altro il cattivo. Quando un contesto fa parlare di se per ciò che ha intorno e non per ciò che rappresenta, c’è da farsi un esame di coscienza e decidersi a correre ai ripari.

Sul fronte regolamento la situazione è ancora peggiore. Decisioni inspiegabili, nella testa dei commissari c’è tutto e il contrario di tutto. In un week end di gara un pilota viene penalizzato, in quello successivo per la medesima infrazione ci si limita a un “Noted”, tanto per far star zitto chi segnala.

C’è bisogno di uniformità di giudizio, di regole certe e che siano quelle a ogni tappa del mondiale, non “a discrezione” della Direzione Gara di quel determinato gran premio. Lo spettacolo dev’essere in pista, con duelli e battaglie sul filo del decimo di secondo. Tutto il resto sono zone d’ombra, decisioni poco chiare che lasciano l’amaro in bocca e fanno storcere il naso. Quando un mondo diventa “di tendenza” si riempe di persone che cavalcano l’onda, non di appassionati. Quelli, al contrario, si allontanano. Se si continua a promuovere il pecoreccio, fatto di decisioni assurde e strilloni, si attira esattamente quel tipo di pubblico: quello sportivamente poco colto, incompetente, che non aspetta altro di potersi sfogare e scagliare contro questo o quello solo per il gusto di fare baccano.

La F1 è malata, e ciò che è successo ieri in Messico è soltanto l’ennesimo campanello di allarme. Non servono campagne di sensibilizzazione utili a fare soltanto più circo, servono fatti e regolamenti che abbiano un senso. Serve che chi sbaglia paghi senza distinzioni e senza tener conto del momento o della scuderia. Non esistono buoni e cattivi nel motorsport, esistono piloti e scuderie che vogliono vincere e chi dice il contrario sta semplicemente mentendo. Da chi parte in pole position a chi chiude la griglia, l’obiettivo è sempre e soltanto la vittoria.

La ricerca delle zone grigie c’è sempre stata, senza distinzioni di team, colori o provenienza. Il pilota poco ortodosso è sempre esistito, ed è per questo che servono regolamenti scritti in un certo modo e persone che sappiano applicarli in maniera equa. L’intrattenimento per famiglie e le dinamiche “babyface VS heel” tanto care al Wrestling, lasciamole ad altri contesti. I tifosi violenti non si curano con le squalifiche a vita ma con l’educazione al rispetto delle regole in tutto e per tutto. La F1 non può permettersi di fare figli e figliastri, di avere piloti o scuderie apparentemente “intoccabili”, perché questo genera astio e malcontento. E, di entrambi, noi appassionati ne facciamo volentieri a meno.