Recentemente sono intervenuto sulla morte di Stirling Moss (F1 | Stirling Moss scompare a 90 anni, eterno secondo con classe), il grande campione inglese che ha segnato la storia della F1 e delle competizioni motoristiche tutte.
Intanto lui apparteneva a quella generazione di piloti che correvano per il piacere di gareggiare e, magari, di vincere. Ma sempre con una classe ed una abilità, oltre al coraggio, davvero rare.
Molti in questi giorni hanno parlato di lui e della sua carriera ma mi fa piacere condividere con i lettori alcune spigolature poco conosciute di quel personaggio.
Intanto pochi sanno che suo padre Alfred, medico dentista, era appassionato. E pure pilota: a Brooklannds ed a Indianapolis dove, nel 1924, arrivò 14° con una Fronty-Ford. Mentre la madre vinse il “Ladies Expert Trial” nel 1936 e 1937. La sorella Pat era un’ottima rallista, e non solo, con le Saab e le Lancia Fulvia HF. Insomma una vera “famiglia da corsa”.
Il padre Alfred era titolare, insieme a Ken Gregory manager di Stirling, di una scuderia: la United Dominion Trust Laystall, che gestiva le attività agonistiche del grande Stirling. E così si spiegano i molti e continui cambi di macchina che costellano la sua carriera. In F1 e nelle gare più disparate.
In F1 corse con la HWM, la ERA, la Connaught , la Cooper, la Maserati, la Mercedes, la Cooper Climax, la Vanwall, la BRM e la Lotus Climax. Nella gare Sport e GT poi è quasi impossibile fare l’elenco che comprende anche la Osca italianissima e la Ferrari 250 GT.
E questo spiega anche perché spesso corresse con auto “private”, cioè non come pilota della Casa ufficiale. Cose che oggi non riusciamo nemmeno a pensare, tanto l’attività dei piloti si è professionalizzata.
Ci sono due fatti in particolare che danno la misura di questa sua “indipendenza” che forse fu anche una delle cause di quel mancato titolo iridato sfiorato almeno tre volte. Una di queste proprio per un gioco tattico che gli si rivolse contro.
Ecco i due fatti. Il primo è la vittoria al Nurburgring nel 1961. Su quel terribile circuito, nel quale l’insidia è ad ogni curva e che lui dominava in maniera splendida, Moss vince davanti a Von Trips con la Ferrari, Phil Hill con la Ferrari, e Jim Clark con la Lotus. E sapete su che macchina vince?
Su una Lotus Climax “ privata”. Si. Privata. Cioè era una macchina non curata dalla Casa ufficiale.
Lui amava molto quel circuito perché ci voleva la forza per resistere 15 giri – 341 chilometri – in quella bolgia, la delicatezza se pioveva, e l’astuzia di osservare il pubblico per capire se c’era qualche impedimento nella curva successiva, magari un’uscita di strada o un testa coda.
E l’altro fatto curioso è quello del 1962, l’anno in cui ebbe il terribile incidente che ne bloccò la carriera. La scuderia del padre e del manager aveva acquistato dalla Ferrari una F1, la 156, il modello con il quale l’anno prima Phil Hill aveva vinto il titolo mondiale.
Stirling avrebbe dovuto correre con quella macchina nelle gare successive alla sfortunata corsa di Goowood a cui partecipò con una Lotus 21.
Secondo gli accordi la Ferrari sarebbe rimasta rossa però con una fascia verde (il colore delle macchine da corsa inglesi) ed una striscia scozzese.
Ovviamente dopo l’incidente non se ne fece più nulla, ma la macchina gareggiò pilotata da Innes Ireland nel Gran Premio d’Inghilterra a Silverstone prima di essere dotata di un motore BRM per la stagione successiva.
Sono racconti di un’epoca che definire “eroica” dell’automobilismo non è per nulla eccessivo. Un’epoca in cui i piloti, come diceva Clay Ragazzoni, sul podio esultavano: non per il risultato ma perché erano ancora vivi!
Renato Ronco