F1 | Ferrari, non ci Resta che piangere

Ferrari: sta circolando, in queste ore, la notizia che Simone Resta dovrebbe tornare nei ranghi della Rossa.

Inviato a rafforzare una Sauber che sarebbe dovuta sbocciare in un’Alfa Romeo, il lavoro di Simone Resta ha cominciato dare i suoi frutti dopo pochissimo tempo.

Paradossalmente l’organizzazione orizzontale della Ferrari, da quel giorno cominciò a scricchiolare. Forte dei successi del 2017 e di quelli dell’inizio 2018, la Rossa, nella figura del suo presidente Sergio Marchionne, decise di sostituire una figura tanto importnte perché era convinto di aver cresciuto una pletora di tecnici pronti a subentare con le stesse competenze e lo stesso entusiasmo di chi li aveva precedeuti.

La prematura scomparsa del Presidente, ha però evidenziato come questo tipo di struttura aziendale non possa essere attuabile senza un cardine che sappia valutare appieno il capitale umano a disposizione. Il Presidente, forse gia delibitato, non si è accorto che i sostituti non erano all’altezza e in assenza di un suo cenno, il management non ha fatto altro che assistere impotenti al lento svanire del sogno iridato.

Tutto questo accadeva mentre la Sauber Alfa cominciava a essere a proprio agio nei circuiti del mondiale esaltando le doti e la classe innata del giovane Leclerc.

Personalmente non ho mai amato l’organizzazione aziendale imposta a suo tempo dal Presidente, anzi più volte mi sono chiesto come mai i tanti ingegneri messi alla porta: una volta accasati alla Mercedes hanno contribuito a rendere grande la stella a tre punte, mentre alla corte rossa spesso non sono riusciti a esprimere il proprio valore.

Questa struttura aziendale aveva un punto di debolezza proprio nella persona del suo realizzatore, che convinto di dare alla Ferrari un organizzazione moderna, di fatto l’ha fatta tornare indietro di decenni facendola diventare un azienda padronale che tra i suoi obiettivi non aveva quello di creare delle leadership in grado di tramandare nel tempo le filosofie direttive del presidente.

Appena l’uomo forte è venuto meno, i sostituti si sono limitati a riempire delle caselle vuote lasciando però un vuoto immenso di leadership, un vuoto dimostrato nei Gran Premi scorsi quando in Spagna l’AD Ferrari passeggiava solitario nei box o a Baku quando il presidente ha spesso vezzeggiato Hamilton e ha millantato una certa sfortuna in pista senza rimarcare gi indubbi meriti della stessa rosso argentea.

Riuscirà la Ferrari a darsi una nuova identità mettendo persone appassionate e competenti nelle figure apicali? Certo è scritto nel suo dna e nella sua storia ma il tempo che passerà, prima di identificarle, sarà suggellato da sconfitte e polemiche che porteranno a scegliere dei capri espiatori

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