Alonso nella storia: lo spagnolo trionfa a Daytona

Alonso ci regala un’altra magia, un tassello prezioso incastonato in una carriera unica, che va delineandosi verso la leggenda anche dopo l’abbandono alla Formula 1. E forse proprio grazie a questo addio. In cerca di nuova linfa e di quelle soddisfazioni che per troppo tempo gli sono state negate, Fernando ritrova la vittoria.

Alonso conquista Daytona. Buona la seconda. Perché lo spagnolo già si era cimentato in questa storica competizione lo scorso anno, al volante di una Ligier Lmp2 del team United Autosport. Una buona condotta di gara non gli bastò, in quel caso, per imporsi, complice la sfortuna di una foratura e di un guasto ai freni. Quest’anno invece Fernando è entrato nella storia, conquistando una vittoria che ha tutto il sapore della rivalsa. Fernando Alonso come Phil Hill nel 1964, come Mario Andretti nel 1972. Tre campioni del mondo di Formula Uno che sono riusciti ad affermarsi nella leggendaria gara della Florida. Va ricordato però che ai tempi di Hill la gara di Daytona aveva il limite di 2000 km e nell’edizione disputata da Andretti si trattava di una 6 ore.

 Alonso trionfa a Daytona. Questa volta a bordo della Cadillac di Wayne Taylor Racing. Suoi compagni di avventura  Jordan Taylor, Renger van der Zande e Kamui Kobayashi. Un successo figlio di una preparazione estenuante, iniziata con le prove nel mese di dicembre, proseguita con il Roar a gennaio. Un’organizzazione meticolosa che ha portato lo spagnolo ad integrarsi alla perfezione con la squadra. Alonso elogia il lavoro del team, la simbiosi perfetta con la vettura, la validità del suo equipaggio. Centra la vittoria più prestigiosa grazie a un capolavoro di guida e ad una magistrale prestazione sotto al diluvio. Incidenti e interruzioni, condizioni proibitive e ripartenze. Lunghe e snervanti attese. Niente spaventa Fernando, deciso a mordere e a lasciare il segno. Autore di un capolavoro sotto la pioggia battente, capace di inanellare giri record facendo il vuoto dietro di sé. Guadagnando due secondi ad ogni tornata, Alonso imprime il suo ritmo inarrivabile, riesce ad adattare la sua guida alle condizioni proibitive che causano molteplici e diffusi errori. Ma Alonso è questo. Cuore e coraggio, temprati da una lucidità mentale e da una concentrazione che sembra aumentare con il passare del tempo.

A proposito dell’ultima frazione di gara Alonso afferma:

credo che gli ultimi cinque o sette giri non fossero idonei per nessuna macchina in pista, la visibilità era prossima allo zero e non riuscivamo ad andare in pieno sul rettilineo.

Scrosci d’acqua e una moltitudine di detriti rendevano quasi impossibile la permanenza in pista senza errori. Eppure Fernando ha resistito, riuscendo tra l’altro a cogliere l’opportunità per sopravanzare Felipe Nasr, al comando in quel momento. Una manovra decisiva, che ha consentito alla Cadillac di trovarsi in testa proprio quando è stata decretata la seconda – e definitiva- bandiera rossa.

La competizione non è più ripresa a causa delle condizioni avverse, così la direzione gara ha decretato la vittoria del team Wayne Taylor Racing con dieci minuti d’anticipo rispetto alle canoniche 24 ore. Alonso, fiero del lavoro svolto, spiega che in realtà non c’è stato spazio per improvvisare, e che ogni posssibile scenario era stato analizzato e vagliato al fine di adattarsi alle eventuali situazioni:

Avevamo un piano su come eseguire la corsa e lo abbiamo seguito passo dopo passo. Le condizioni erano mutevoli e abbiamo dovuto adattarci, non è qualcosa che releghi alla fortuna o al cambiare in continuazione le cose all’ultimo istante. Per qualsiasi condizione o posizione c’era un piano prestabilito da seguire.

Nonostante le dichiarazioni riportate da Fernando restiamo tuttavia convinti che questa vittoria non sia solo merito di una fredda e capillare analisi, bensì della caparbietà e del talento di un pilota unico nel panorama odierno. Un pilota che riesce a unire competenza e genialità, lucidità e passione, strategia ed emozione.