F1 | Turrini: “L’opinione pubblica non tollererebbe più il motorsport di una volta”

Leo Turrini, ospite del nostro podcast radiofonico Pit Talk, ha parlato di come la F1 sul piano della sicurezza sia cambiata rispetto agli anni passati. “Io non ho nessuna nostalgia dell’epoca in cui la morte era una compagna abituale dei piloti”, così ha commentato il giornalista di Sassuolo.

Nonostante il Gran Premio del Belgio mai disputato sia ormai un capitolo chiuso in vista del prossimo appuntamento di F1 a Zandvoort, le polemiche continuano a piovere a catinelle. Tante le opinioni contrastanti, specie sui social, riguardanti la decisione di correre o meno con delle condizioni meteo poco raccomandabili.

Ad ogni modo, gli stessi piloti hanno dichiarato che con tutta quella pioggia era impossibile scendere in pista e disputare una gara a oltre 300 km/h. C’è da dire anche che le attuali vetture in casi come questi non hanno grande stabilità: sarebbe stato un rischio non indifferente su un tracciato che, specie nei punti ad alta velocità (come l’Eau Rouge), può risultare anche fatale. Basta ricordare l’incidente di due anni fa, in cui perse la vita il giovane Anthoine Hubert.

Tra le tante opinioni dal mondo della F1 spunta anche quella di Leo Turrini. Il noto giornalista, ospite di Pit Talk, ha analizzato la differenza di sicurezza nel motorsport tra ieri e oggi:

Quando ero bambino, nei ’60, i piloti morivano come le mosche, negli anni ’70 era probabile. L’inversione di rotta, grazie agli investimenti in sicurezza, iniziò dopo le vicende di Villeneuve e Paletti. Io non ho nessuna nostalgia dell’epoca in cui la morte era una compagna abituale dei piloti. Mi meraviglio quando sento persone che dicono “il motorsport ha bisogno del rischio“. La tecnologia è completamente cambiata, il parco chiuso una volta potevi intervenire fino all’ultimo, oggi se lo fai parti ultimo.

Oggi non è che è cambiato l’atteggiamento di chi guida, bensì è l’opinione pubblica che non tollererebbe più il motorsport di una volta con dozzine di morti a stagione. Questo dobbiamo mettercelo in testa! Se fosse un mondiale di F1 come agli anni ’60/’70 con le croci dei caduti, il mese dopo chiuderebbe. E io aggiungo per fortuna! Ieri, farli correre in quelle condizioni, in mezzo al bosco e sull’asfalto dove la gente guida tutti i giorni, dove non vedi nulla, quello non c’entra niente col rischio. Quella sì che sarebbe una roulette russa.

La decisione della direzione di gara, arrivata dopo tre lunghe ore di attesa, è sicuramente contestabile. Così come quella di assegnare dei punti dopo soli due giri eseguiti al solo scopo di “accontentare” un pubblico sotto la pioggia da un’intera giornata. Ma per quanto riguarda l’incolumità dei piloti c’è ben poco da discutere.