F1 | Elio De Angelis, il pianista scomparso a Le Castellet

La storia di Elio De Angelis è una storia da narrare quasi sotto voce, scrivendola in punta di dita, le stesse dita che tanto amava utilizzare per suonare il pianoforte. Memorabile fu la sua esecuzione di Gershwin durante lo sciopero dei piloti in Sudafrica. Romano, di famiglia benestante, sempre sorridente ma con quel velo di malinconia tipico di chi lascia il segno senza fare rumore. Una goccia d’acqua che cade silenziosa da una foglia, apparentemente invisibile, ma che bagna il terreno più in profondità di un temporale estivo.

Arriva in Formula 1 nel 1979, al volante della Shadow. Il team statunitense fondato da Don Nichols, aveva vinto il Gran Premio d’Austria nel 1977 con Alan Jones, che vincerà poi il mondiale nel 1980 al volante della Williams. Per dovere di cronaca dobbiamo dire che in realtà il pilota romano aveva firmato con Ken Tyrrell, ma all’ultimo momento il britannico si tirò indietro, trovando la scusa della mancanza della Superlicenza. Dopo aver pagato addirittura una penale a Tyrrell, De Angelis firma con la squadra americana. Elio è il classico pilota “pagante”, nel senso che la scuderia gli chiede 25.000 dollari a gran premio per poter gareggiare. Il promettente ragazzo non fa una piega, il padre gli presta infatti i soldi per correre metà stagione, per l’altra metà dovrà trovare una soluzione. Il contratto è di tre anni e, al debutto, colleziona due settimi posti e il quarto posto al Gran Premio degli Stati Uniti d’America-Est, sul circuito di Watkins Glen.

Elio De Angelis

La sua permanenza alla Shadow dura una sola stagione. Il talento cristallino del pilota italiano viene infatti notato da Colin Chapman. Nichols è irremovibile: qualcuno deve saldare la clausola rescissoria. Di nuovo, nessun problema. Elio paga la penale per la rescissione del contratto con il primo anno di ingaggio in Lotus (con il secondo anno di ingaggio, restituirà i soldi al padre) e vola in Inghilterra. Ad attenderlo c’è la Lotus 81 motorizzata Ford Cosworth. Il compagno di squadra è Mario Andretti e, dal Gran Premio d’Austria, si aggiunge la terza macchina affidata al giovane Nigel Mansell.

Chapman è stregato da quel ragazzo italiano, gentile e alla mano, ma allo stesso tempo efficace. Quando l’ingegnere inglese muore nel 1982, De Angelis aveva battuto Mansell nella stagione 1981 e aveva colto la prima vittoria in carriera l’anno dopo, al Gran Premio d’Austria. Nel 1983 il team viene affidato a Peter Warr, e si capisce subito che qualcosa nell’ecosistema Lotus si è incrinato. Rimane con la scuderia inglese fino al 1985, anno in cui vince a San Marino e ottiene la pole position al Gran Premio del Canada. Nonostante la macchina sia competitiva, la convivenza con Ayrton Senna è insostenibile: l’asso brasiliano ha infatti portato con sé soldi e sponsor, cosa che ha catalizzato su di lui le attenzioni della squadra. Qualsiasi prova o test viene fatta fare ad Ayrton, e se la Lotus si rompe, è sempre quella di De Angelis.   Essendo ormai chiaro che il team britannico punta tutto su Senna, il pilota italiano firma per la Brabham dove trova Riccardo Patrese.

Elio De Angelis

La Brabham BT55, progettata da Gordon Murray per il Campionato Mondiale di Formula 1 del 1986, si rivela una monoposto difficile, inaffidabile e pericolosa. Il concept della vettura è rivoluzionario: è un’auto lunga, larga e molto bassa. Talmente bassa che i piloti devono guidare praticamente sdraiati e, da qui, il soprannome “sogliola“. Il motore è il formidabile BMW M12/13 L4 turbo, alloggiato in un telaio interamente in carbonio.

Nei giorni successivi al Gran Premio di Monaco, per cercare di colmare il gap di competitività con le scuderie rivali, la Brabham decide di partecipare il 14 maggio ai test privati sul circuito francese di Le Castellet. Elio De Angelis entra in pista con un nuovo alettone posteriore. Nel tratto delle “Esses de la Verriere“, il nuovo componente montato sulla monoposto ha un probabile cedimento. La perdita totale di carico aerodinamico sul posteriore, fa volar via la Brabham ad una velocità di oltre 260 all’ora. La macchina sbatte contro le barriere, decolla e atterra a circa 200 metri dal punto di impatto, oltre le reti che delimitano il tracciato. Dopo pochi istanti, la BT55 si incendia.

Elio De Angelis

Elio ha perso conoscenza. In quel momento sopraggiungono Prost, Laffite, Rosberg e Alan Jones. Vedono le fiamme che avvolgono l’auto, si fermano immediatamente e corrono con gli estintori in mano a cercare di spegnere l’incendio. Alain Prost si getta addirittura nel rogo per cercare di tirare fuori De Angelis, ma quando il serbatoio della BT55 esplode, tutti capiscono che non c’è più niente da fare. I soccorsi arrivano purtroppo in ritardo. Trasportato all’ospedale di Marsiglia, spirerà il giorno dopo. In un classico pomeriggio di maggio, Elio De Angelis, ragazzo romano limpido e schivo, percorre una scala fatta di note fino al circuito più bello del mondo, lontano da voltafaccia, egoismi e giochi di potere. Nigel Mansell, suo grande amico, gli dedicherà la vittoria a Donington pochi mesi dopo.

Elio De Angelis

Se è vero che la scomparsa di Elio De Angelis è lancinante dal punto di vista umano, lo è altrettanto dal punto di vista regolamentare. Non era infatti prevista la presenza dei commissari durante i test, aspetto che fece riflettere Ayrton Senna il giorno prima della scomparsa del pilota italiano.

La testimonianza del Campione brasiliano riportata sul libro “Senna Vero” scritto Carlo Cavicchi, è emblematica:

“[..]Avevo dei problemi alla macchina e prima di rientrare ai box ho percorso un giro molto lentamente e, guardandomi attorno, lungo la pista i servizi di sicurezza erano praticamente inesistenti. Ho visto un uomo con un estintore, uno solo, ma non mi sono preoccupato più di tanto. […] Quando sono rientrato ai box mi sono completamente dimenticato il problema. […] Finito quel giro di pista avrei dovuto informarmi meglio della situazione, farmi dire dove erano gli uomini del servizio antincendio e sensibilizzare gli altri piloti sul problema. Non l’ho fatto questa volta così come non lo avevo fatto in passato durante altre sessioni di prove libere. E per questo anch’io mi sento addosso una parte di responsabilità per quello che è accaduto”

Elio De Angelis

Forse è per questo motivo, che Ayrton Senna negli anni successivi diventò un vero e proprio paladino della sicurezza in pista. Alain Prost rimase sconvolto dalla morte di De Angelis, e passò tutta la sua carriera cercando di sensibilizzare continuamente il circus della Formula 1 su certe tematiche. Si ritirò a fine 1993, profetizzando il disastro imminente dell’anno successivo. Al giorno d’oggi, tutti i servizi di sicurezza sono presenti anche nelle giornate di test. Serviva davvero la morte di un ragazzo per prendere certi provvedimenti?

Dirlo dopo è sempre facile, in ogni caso Elio ci ha lasciato da 34 anni. Con discrezione e leggerezza, come le dita che scorrono sui tasti di un pianoforte.