F1 | Michael Schumacher e la Ferrari visti da Filippo Di Mario

Opera di Filippo Di Mario

Filippo Di Mario, nato a Messina, è uno dei fotografi più apprezzati dell’epoca moderna della Formula 1, noto soprattutto per le sue opere pittorico-fotografiche dedicate al grande amico Michael Schumacher ed alla Ferrari, con i quali ha vissuto l’epopea in Rosso dei primi anni 2000 compreso il ‘prologo’ di fine anni ’90. Introdotto nell’ambiente dell’automobilismo e del motociclismo dal celebre Fanco Villani, Di Mario dopo diversi anni da free-lance instaura nel 2001 un’importane collaborazione con la FOM (Formula One Management), rendendo possibile lo sviluppo del progetto Passione Rossa.

Di Alessandro Bucci

Il 3 gennaio 2019, a Brisighella, in occasione del cinquantesimo compleanno di Schumy, si è tenuta l’apertura speciale della mostra “Schumacher 50”, una gallery comprendente 50 opere di Filippo Di Mario che ripercorrono il Michael Schumacher pilota e uomo, incarnando la passione di tanti appassionati, peraltro accorsi nella giornata brisighellese spesa tra Palazzo Frontali (sede della mostra) e Piazza Giosuè Carducci. Una giornata che ha visto anche la partecipazione dei Ferrari fan club di Monza, Milano e Bergamo, con tanto di cuore Ferrari dispiegato nella piazza con un auguri sincero di ripresa al Kaiser di Kerpen. La giornata è stata occasione per una piacevole chiacchierata con Di Mario, apparso visibilmente emozionato.

Filippo, come e quando è nato il tuo rapporto con Schumacher?

Era il 1996, durante i test liberi ad Imola con la Ferrari. Ho iniziato a comunicare con Michael attraverso le fotografie e sulle griglie di partenza il rapporto si è consolidato nel tempo. Quando Schumacher vide i miei lavori rimase sbalordito e inizialmente fui anche fortunato, perché immortalai alcuni aneddoti interessanti.

Il progetto Passione Rossa, invece, come si è sviluppato?

Nel 2000, quando Michael vinse il primo titolo con Ferrari, gli mostrai una selezione di foto presentandogli un progetto che raccontasse l’uomo, il pilota e campione sotto al nome “Passione Rossa” e Schumy rimase ben impressionato.  All’epoca chiesi a Michael dove trovasse tutta la sua grinta e come facesse ad avere un tracciato in testa per riuscire a passare dove gli altri non passavano e lui mi rispose che era una questione di prendersi dei rischi soprattutto, considerando che una gara la si vince all’ultimo giro quando tagli il traguardo per primo, non certo alla prima curva.  Il pass speciale che Bernie Ecclestone mi fornì all’epoca fu fondamentale per la realizzazione del lavoro Passione Rossa e il Patron mi concesse, inoltre, di esporre il marchio sulla pettorina, un vero privilegio.

Com’è nata l’idea di unire fotografia e pittura per le opere esposte in Schumacher 50?

Molte delle fotografie che avevo scattato capii che erano momenti di storia. Ragion per cui, dopo Passione Rossa, fu un passaggio naturale trasformare le foto in opere pittoriche. Penso al primo incontro dell’Avvocato Agnelli con Michael, o il cappottamento avvenuto nel primo turno di prove libere del venerdì a Melbourne nel 2001. Fui il primo fotografo a immortalare Michael a testa in giù sulla Rossa con il numero 1 perché in quel frangente oltre al cameraman c’ero solo io e la grande quantità di polvere sollevata dall’uscita di pista non permise alle telecamere di trasmettere ciò che era successo.  Michael rimase scosso da quell’incidente e, una volta ripresosi, si aggrappò alla mia mano per passare attraverso il buco nella rete e mi domandò se avevo scattato le foto dell’accaduto. Gli risposi affermativamente e successivamente in sala stampa, un collega, mi disse che Schumy mi stava cercando per avere le immagini. Mandai quindi un motociclista a Melbourne per sviluppare il rullino e, quando vedemmo tutti assieme gli scatti, esclamammo per l’entusiasmo. L’Ansa mi chiese uno scatto dell’incidente e cedetti alle loro richieste, vendendo un fotogramma. Fu l’ultima volta che vendetti un mio scatto. Tornando a  Schumacher 50, come detto, la gallery vuole raffigurare anche la vita umana e personale di Schumy e infatti non mancano momenti nei quali è ritratto con la moglie Corinna o un episodio come Imola 2003, quando il tedesco vinse con il lutto al braccio in virtù della scomparsa della mamma.

Quali caratteristiche umane di Schumy sono trapelate poco durante la sua carriera?

Innanzitutto, la sua simpatia. Michael era molto timido e lo nascondeva scherzando con tutti. In occasione delle vittorie più importanti, ad esempio, offriva un sigaro ai presenti fumandolo con loro. L’impegno e la precisione, per Michael, erano un’ossessione positiva. Con i miei lavori ho cercato di trasmettere sfumature di questo aspetto mentale di Schumy davvero molto importante. Pensa che iniziò a parlare in italiano con la stampa solamente dopo il 2000, perché prima sapeva che avrebbe potuto commettere errori e non avrebbe accettato di essere preso in giro sui giornali.

Franco Villani è stato molto importante per la tua crescita professionale. Ce ne vuoi parlare?

Volentieri. All’epoca non conoscevo di persona Franco, ma sapevo bene quanto fosse bravo come fotografo sportivo. Realizzavo paesaggi e foto ambientate ma, un giorno, lessi sul giornale di un concorso indetto dalla Canon per lanciare la T90, prima macchina semi automatica che comprendeva al suo interno un programma per realizzare foto sportive o paesaggi. Occorrevano due foto molto belle ma che trasmettessero anche l’idea che, qualunque fotoamatore, avrebbe potute farle con la T90. Scelsero due mie fotografie stampate nel laboratorio di Franco, precisamente un mio paesaggio ed uno scatto di Villani a Niki Lauda in quel famoso GP del Fuji. Franco capì che avevo un talento interessante e mi invitò ad un Gran Premio di moto mettendomi un obiettivo 500 tra le mani, sapendo che mi sarei innamorato di quel lavoro e del mondo del motorsport. Ho dedicato dieci anni della mia vita nei fine settimana al lavoro con Villani e ne sono felicissimo.

Citiamo cinque vittorie importanti nella carriera di Michael Schumacher con la Ferrari?

Inizio parlando di Barcellona 1996, un capolavoro. Quell’anno Schumy vinse anche in Belgio, una pista che amava in modo particolare.  Passiamo poi a Monaco ’97, dove il tedesco disputò una corsa favolosa riscattandosi dell’errore commesso l’anno precedente, in una gara che avrebbe potuto vincere. Passerei poi a Monza 2000, un Gran Premio dove Michael recuperò e si mise nelle condizioni di poter vincere il Mondiale. Una giornata drammatica, caratterizzata dal tragico decesso del commissario di pista e dal pianto di Schumacher in occasione della conferenza stampa. Infine, cito Ungheria 2004, quando Michael giunse al traguardo con i pugni alzati facendo doppietta con Rubens Barrichello. Per la Ferrari fu titolo costruttori e Schumacher sapeva di avere in tasca anche il titolo piloti. Un momento indimenticabile.

In cuor tuo hai sempre saputo, nei primi anni difficili con la Ferrari, che Michael avrebbe centrato diversi titoli con la Rossa. Confermi?

Assolutamente sì. I 50 quadri esposti nella gallery raccontano i momenti particolari che ho vissuto con Michael, in particolare dal 1996 al 1999. All’epoca, in molti, non credevano nelle possibilità di Schumacher di centrare il titolo con Ferrari ed è proprio vero che, alcuni elementi, fecero pressioni a Luca Cordero di Montezemolo per un avvicendamento dal Cavallino Rampante. Francamente ho sempre creduto nel titolo di Michael con la Rossa e quindi è stato ancora più bello vivere l’epopea in Rosso dal 2000 al 2004.

Nel 2006 stava nascendo un progetto speciale con Michael, poi la vita ha deciso diversamente.

Esatto, in occasione dell’ultimo GP con la Ferrari prima del ritiro mi chiese una composizione celebrativa di immagini e scelsi alcuni scatti del round in Spagna, dove vinse. Cercai di fotografare momenti che trasmettessero le emozioni di Michael con la Rossa durante un’intera giornata e consegnai il lavoro a Schumy. Così nacque l’idea di realizzare un’opera per collezionisti che raccogliesse le immagini relative ai cinque titoli Mondiali vinti con la Rossa, prevedendo l’uscita del libro dopo il suo ritiro definitivo dalla Formula 1 nel 2012. Purtroppo le cose sono andate diversamente, ma penso che entro maggio 2019 riuscirò a finalizzare l’opera. Il prossimo appuntamento, infatti, è previsto al museo Ca’ La Ghironda a Bologna, dove faremo una mostra catalogo di tutta la collezione con il primo libro che porterò a Corinna.