F1 | Gli artisti del volante:la valanga inglese

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Nei meravigliosi anno 60, la f1 fa sognare.

Quegli anni verranno ricordati come un periodo florido di talenti quasi tutti di scuola inglese. Ritirato Moss si mise in luce Brabham, le cui fortune spesso coincidevano con le sfortune altrui, decisamente molto duro in pista al limite della scorrettezza riuscì a conquistare tre titoli, l’ultimo grazie al licenziamento in tronco di Surtees dalla Ferrari per motivi poco noti nonostante fosse ampiamente favorito per la conquista del titolo.

Surtees e Graham Hill furono entrambi accomunati da uno stile di guida precisissimo, grazie al quale Hill riuscì a vincere 5 volte nel principato, mentre Surtees, ex motociclista, con la sua Ferrari nel 1964 dimostrò una pulizia di quida e una costanza di risultati da sembrare un antenato di Prost. Abile calcolatore di risultati intermedi vide sempre il traguardo anche quando la sorte sembrava avversa.

Ma il pilota che ha fatto scrivere in F1 pagine epiche fu senza dubbio Clark. Scozzese dal carattere insicuro, fuori dalla macchina si dice che avesse problemi a scegliere un ristorante, dentro la sua monoposto diventava spietato. Fu l’interprete ideale delle idee aereodinamiche di Colin Chapman, il Ferrari d’ Inghilterra, che gli costruì attorno una monoposto d’antologia: la Lotus 25.

Con la guida sdraiata e un telaio monoscocca, lo scozzese raggiunse un livello di simbiosi col proprio mezzo incredibile, difficilmente ripetuto in F1. Riuscì a trionfare a Spa suerando 4 concorrenti in un solo giro e l’anno dopo vinse 7 gare e si classificò secondo a Indianapolis.
Ormai di Clark si parla in tutto il mondo, tutti farebbero carte false per averlo in squadra, ma lui, fedele alla Lotus, abbozzò un sorriso ma non tradì mai chi lo aveva portato alla ribalta.

Chapman lo adorava, si emozionava a vederlo tenere in pista la sua Lotus con una sospensione rotta, o quando con un problema al motore abbozzava traiettorie improbabili per non sforzare il propulsore e sfruttare l’aereodinamica della macchina, o come a Monza quando rimontò dall’ultimo posto fino al primo battuto solo dalla benzina che all’ultimo giro lo obbligò a rallentare fino a giungere terzo. La ricerca spasmodica della Pole lo accomuna con altro grande della F1, Ayrton Senna, del quale ne ricoda anche la fisicità e, come Senna, nell’anno che avrebbe dovuto premettergli un facile trionfo trovò la morte in una gara di F2 in Germania.
Jim 25, così veniva soprannominato ottenne 25 vittorie e 33 pole 8 grand chelem ma soprattutto divenne il campione di riferimento della F1 fino all’avvento di Ayrton Senna.