Il “world engine”, ultima frontiera del delirio FIA

immagine gentile concessione VandoneFilm

La nuova proposta di Jean Todt e della FIA riguarda il world engine, un motore ad architettura unificata da utilizzare nei principali campionati mondiali, F1 compresa. C’è già l’interesse forte di alcuni marchi e l’idea potrebbe essere applicata già dal 2021.

di Francesco Svelto |

La continua e inevitabile evoluzione coinvolge anche il motorsport e, in particolare, la F1. Non scopriamo certo oggi che da poco meno di una decade, anche la massima categoria mondiale dell’automobilismo sportivo ha subito e sta subendo una profonda metamorfosi non solo causata dal naturale scorrere dei tempi ma anche – e soprattutto – accelerata da scelte politiche che nel loro voler essere innovative e concettualmente green, destano non poche perplessità.

Cominciammo nel 2009, quando sotto il punto di vista dell’aerodinamica – e quindi della pura estetica – ci fu una profonda rivisitazione delle regole allora vigenti che andavano a modificare profondamente la dimensioni delle ali (ricordate quella posteriore cosiddetta “a torre”?) e ad eliminare tutte le appendici e profili più o meno grandi che caratterizzavano la monoposto. In quell’occasione si ritornò anche alle gomme slick. Non fu un belvedere. Come non sarà un belvedere ciò che da qui a poco più di un mese andremo a scoprire nei test di Barcellona, con il tanto discusso dispositivo Halo che troneggerà sugli abitacoli delle monoposto.

In mezzo a questi stravolgimenti, cronologicamente, vi fu forse il rinnovamento più impattante e sostanziale dei circa 70 anni di F1: l’introduzione dell’architettura turbo-ibrida. Era il 2014. Non vogliamo ricordare tutte le polemiche che le power unit hanno portato con loro. Basti pensare soltanto al famigerato sound che gli appassionati sulle tribune di tutto il mondo hanno perso. Forse per sempre.

Ebbene, è di questi giorni l’ultima proposta di Todt riguarda il rilancio di una idea già avanzata dall’ex presidente FIA, Max Mosley, nel lontano 2009, più o meno quando si stava iniziando proprio il discorso delle power unit che avrebbero visto la luce nel 2013, ossia il cosiddetto “World Engine”. Si tratterebbe di una architettura aspirata a quattro o sei cilindri da utilizzare per le principali categorie mondiali: dalla F1, alla IndyCar, dalla F2 all’Endurance, e via discorrendo. Ovviamente ogni categoria introdurrebbe i propri adattamenti e regole custom adeguate al contesto. In F1, per esempio, non verrebbero eliminati i concetti di turbocompressore e recupero dell’energia bensì verrebbero applicati sulla nuova base architetturale di cui sopra.

Ovviamente resta da capirne la fattibilità per il 2021, prossimo checkpoint che vedrà l’introduzione di nuove regole sui motori le cui regole di base sono già delinate e che non risultano imcompatibili con questa idea (https://www.f1sport.it/2017/10/ufficiali-i-primi-dettagli-delle-power-unit-2021/).

Lo scopo dichiarato di tutto ciò è quello di facilitare l’ingresso di nuovi motoristi e costruttori in F1. L’idea FIA ha già stuzzicato un colosso come Aston Martin, che potrebbe scegliere di approdare in F1 proprio i nuovi regolamenti tra qualche anno . Quest’anno gli inglesi hanno ufficialmente iniziato una partnership commerciale con la Red Bull quindi è facile pensare al team con cui potrebbero legarsi tecnicamente qualora decidessero di fare il grande passo. Ma ci sono anche altri costruttori che guardano in maniera molto interessata all’evoluzione dei motori in F1, come Cosworth, Porsche e – perchè no – anche Alfa Romeo, che a medio termine potrebbe decidere di non essere più solo un adesivo sulla Sauber ma di investire delle proprie risorse per un progetto che, si, partirebbe sempre con il know-how Ferrari ma che risulterebbe più autonomo e gestibile in maniera indipendente da Arese.

Ad ogni modo gli scenari futuri a cui potremmo assistere possiamo già intravederli ora con la Formula E, la categoria 100% elettrica di patrocinio FIA che sta avendo una crescita importante non solo nel seguito degli appassionati di tutto il mondo ma anche nell’interesse dei costruttori stessi. Le innovazioni tecnologiche nel motorsport attirano le grandi case automobilistiche mondiali per i possibili travasi di conoscenze che si possono avere con le vetture di serie. Basti pensare che attualmente in F.E vi partecipano Renault, Audi, Citroen, Jaguar ma che l’anno prossimo saranno affiancati da BMW, Nissan, Mercedes, Porsche (quest’ultima ha addirittura abbandonato il WEC per concentrarsi sulla nuova avventura), con anche la Ferrari che non ha mai nascosto l’interesse per tutto ciò. Insomma, una grande attrattiva trainata dalle prospettive delle nuove tecnologie.

Per molti la F1 dovrebbe essere avulsa a tutti questi concetti e progetti rivoluzionari, sicuramente più indicati per altre categorie. Recupero dell’energia e ibrido sono concetti sicuramente più da Endurance, cosi come l’architettura dei motori imposta. La F1 si è sempre contraddistinta per idee innovative e soprattutto proprietarie dei team. Le power unit e il world engine (se applicato) vanno nella direzione opposta con lo scopo di un contenimento dei costi (?) e della diffusione delle tecnologie green per le auto di serie. Da un lato sarà un bene per il futuro della categoria e per l’interesse che susciterà ai costruttori a livello globale, dall’altro sarà soltanto l’ennesimo pugno sferrato alla tradizione di una categoria già gravemente ferita.

Francesco Svelto