F1 | GP Ungheria 2002, Ferrari più splendente che mai

Nei giorni scorsi è caduto il trentennale del Mondiale conquistato da Nigel Mansell, ma oggi, 18 agosto, si celebra un altro importantissimo anniversario, quello di una squadra letteralmente imbattibile, la Ferrari. Quella del mondiale vinto a luglio, quella che poteva permettersi il lusso di chiedere a Barrichello di far passare Schumacher (Michael, è bene ricordarlo perchè un altro dei protagonisti della stagione sarà il fratello Ralf) sulla linea del traguardo per accumulare più punti possibili in classifica piloti senza considerare l’enorme vantaggio che aveva accumulato sugli avversari, primo tra tutti proprio Barrichello che lo inseguiva in classifica.

Michael Schumacher, Rubens Barrichello, Ferrari F2002, GP Ungheria 2002
Michael Schumacher, Rubens Barrichello, Ferrari F2002, GP Ungheria 2002

E quando il titolo piloti è matematicamente conquistato a iniziare la serie di vittorie che lo portano al secondo posto in classifica è proprio Barrichello, che inanella uno dopo l’altro quei risultati che a sua volta gli consentono di essere imprendibile per tutti gli avversari e porta a casa la prima di un serie di vittorie (se si fa eccezione a quella del GP d’Europa) che lo porta a essere la ciliegina di quella che probabilmente è la torta più buona del mondo, degna di Iginio Massari. Anzi, c’è di più: da quella gara in poi saranno tutte doppiette, segno di un cannibalismo senza eguali capace di essere addirittura più netto di quello del 2004, e non solo per la modifica al sistema di punteggio.

Un dominio che anche in Ungheria è netto, senza discussioni e che mette i brividi agli avversari, che quando vedono i riscontri cronometrici sanno che non possono far altro che lottare per la terza posizione, visto che la F2002 è distante anni luce dal resto del gruppo e non si rompe mai. I distacchi rimediati dagli avversari sono abissali già dal venerdì, arrivando addirittura a raggiungere 1″4 il sabato mattina; in qualifica (in cui le due Ferrari sono vicinissime tra di loro, staccate di appena 59 millesimi) l’unico che riesce a recuperare è Ralf Schumacher, che si porta a 4 decimi dalla pole, mentre per tutti gli altri è notte fonda, con distacchi che si aggirano sul secondo e mezzo.

La gara nelle posizioni di testa si decide già al via, con Barrichello e Michael Schumacher che salutano tutti e se ne vanno, mentre dietro di loro non succede praticamente nulla se non il grande scatto di Raikkonen e Button al via, l’uscita di pista di Montoya al 22. giro e la sfortuna (o presunta tale) di Giancarlo Fisichella, che tiene testa alle due McLaren fino al second pit-stop e però non riesce a tenere testa nè a Raikkonen nè a Coulthard, facendosi superare da entrambi e chiudendo la gara con un distacco di 30 secondi dalla seconda McLaren, quella dello scozzese.

Cala la bandiera a scacchi e la Ferrari può celebrare nel migliore dei modi una monoposto eccezionale e una squadra imbattibile, in cui Michael Schumacher, Jean Todt, Ross Brawn, Rory Byrne, Aldo Costa, Paolo Martinelli e Nigel Stepney sono stati artefici di un team che è diventata una vera e propria corazzata, inarrivabile per tutti gli avversari. La Ferrari, così, porta a casa il quarto Mondiale costruttori consecutivo, il dodicesimo della grande storia della Scuderia di Maranello, probabilmente il più splendente di tutti e di certo la Ferrari non si è seduta sugli allori neanche di fronte alle modifiche regolamentari che sarebbero arrivate dall’anno successivo e ha continuato a vincere ancora.

Una striscia di successi irripetibile… o forse no, visto che pochi anni dopo la Mercedes è riuscita a fare addirittura meglio. Ma chi ha seminato quello che poi è stato raccolto da Lewis Hamilton ha un nome, anzi due: Michael Schumacher e Ross Brawn, che insieme a Nico Rosberg hanno iniziato un’altra straordinaria avventura i cui risultati si vedono ancora oggi. Ma questa è un’altra storia.