F1 | Le liturgie della Ferrari

Ancora una volta alla Ferrari si è ripetuta la “liturgia”. Un rito, quasi. Squadra perdente? Via il responsabile del team.

Se andiamo a ripercorrere la magnifica, lunga e spesso travagliata storia della Casa di Maranello, scopriremo che è accaduto spesso: quando i risultati mancano deve saltare “il” o “un” responsabile molto alto in grado.

Succedeva con il grande Enzo, padre-padrone del glorioso marchio, e la storia è continuata fino ad oggi: se la Ferrari perde, la colpa deve ricadere su qualcuno perché la Ferrari non può e non deve essere colpevole di un insuccesso.

Potremmo citare una serie innumerevole di casi clamorosi nel corso della storia agonistica del Cavallino. Dall’Audetto liquidato dopo il caso Lauda nel 1976, ai vari Fiorio, Lombardi, Domenicali, fino all’odierno Arrivabene.

Ma la sequenza è ben più lunga, dai tempi di Dragoni, Franco Lini, Chiti, Rosani, Castelli, Cappelli: storie di contrasti, ripulse, vendette, fino alla più recente comparsa e scomparsa repentina di Mattiacci. Sia chiaro: è vero che chi sta all’apice raccoglie inevitabilmente responsabilità sia positive che negative, ma è abbastanza curioso osservare che tra i team della Formula 1, specie in quelli di vertice, si riscontra una certa stabilità, mentre ciò non avviene alla Ferrari. Pensiamo alla lunga gestione di Ron Dennis alla McLaren, o di Toto Wolf alla Mercedes, di Horner alla Red Bull, di Bernie Ecclestone alla Brabham. Nel bene e nel male.

Ma la Ferrari è un caso a parte: è il faro della Formula 1 e da lei si pretendono risultati eccezionali, sempre e comunque. Una pressione interna ed esterna, data dai tifosi e dalla stampa: non solo quella nazionale ma anche quella internazionale. E questo determina un clima molto difficile all’interno del team, testimoniato da vicende clamorose che partono da Manuel Fangio e John Surtess, tanto per fare esempi remoti, fino a Prost ed Alonso. E’ un fatto risaputo nell’ambiente e fra i piloti: tanto è vero che quando nel 1987 chiesi ad Ayrton Senna se pensava di andare alla Ferrari mi rispose: “Alla Ferrari devi andare quando sei già campione del mondo”. E mi apparve prevenuto anche dopo due e tre titoli conquistati.

Ora il numero 1 è Binotto: e si ritrova nella posizione che fu di Mauro Forghieri, direttore tecnico e sportivo. Auguri a lui ed alla Ferrari!