F1 | Storia: Jim Clark, i due volti del campione

Questa futura stella dei Gran Premi nacque da un agiata famiglia scozzese che avevano pensato per lui un futuro nell’azienda di famiglia ma ben presto si accorsero che altro destino attendeva il figlio. Nel suo animo albergava il demone della velocità che trasformò Jim Clark in uno dei più grandi piloti di tutti i tempi. Fuori dall’abitacolo però era una persona terribilmente indecisa con una timidezza tale da renderlo schivo ed alieno ad ogni pubblicità e manifestazione di gaudio. Dentro l’abitacolo si trasformava in un analitico calcolatore e il suo istinto naturale lo portava a sfruttare le vetture oltre il 100%.

chapman-clarkIl suo debutto in Formula 1 avvenne nel 1960. Al Gran Premio del Belgio di quell’anno i numerosi incidenti lo turbarono talmente da voler paventare il ritiro dalle competizioni, fu l’abilità di Chapman a far retrocedere dalla decisione un Jim Clark accompagnato sempre dalle sue insicurezze. Jackie Stewart, da sempre suo amico ricordava come fosse impossibile per Jim scegliere l’albergo per i giorni di gara o un buon ristorante per passare una serata con gli amici. Arrivò al Gran Premio d’Italia del 1961, dove urtò la Ferrari di Von Trips causandone la morte insieme 14 spettatori. Lo scozzese sprofondò nel buio della propria anima e con fatica riuscì a superare il trauma presentandosi al campionato successivo dove ottenne la prima vittoria in Belgio.

Nel 1963, grazie al progetto Lotus 25, riuscì ad aggiudicarsi 7 delle 10 corse in stagione e addiritura il secondo posto alla 500 Miglia di Indianapolis. Le sette vittorie fruttarono a lui e alla Lotus il primo titolo mondiale. Il 1964, nonostante tre successi, passò in sordina e nel 1965 ritornò protagonista vincendo anche la 500 miglia di Indianapolis. Nel 1966 passò alla storia per le acrobazie in pista che fece in Olanda, per aver guidato una monoposto col motore in crisi con la lubrificazione; infatti, pigiando la frizione nei tratti in discesa riusciva a ridurre al minimo il consumo di olio dentro il propulsore.

Nel 1967 la vittoria in Olanda passò in secondo piano rispetto al capolavoro in atto a Monza, dove dopo una foratura riuscì a rimontare tutto il gruppo recuperando oltre un minuto e mezzo di distacco fino ad affacciars in testa, sul finire della gara rimase senza benzina e dovette accontentarsi del terzo posto.

Nel 1968 la Lotus era competitiva e in apertura di stagione si aggiudicò il Gran Premio del Sudafrica. Di ritorno dall’Europa partecipò a una gara di Formula 2 a Hockeneim, la Lotus sbandò e, complice l’asfalto bagnato, andò a sbattere contro un albero uccidendo sul colpo lo scozzese volante. Fu cosi che il campione dai due volti, demone in macchina ma sparuto e schivo tanto da sfiorare l’introversione, ci lasciava in un’anonima gara di Formula 2. Quel giorno la Formula 1 divenne un po’ più povera.