15 febbraio 2015 – Uniti dal cognome, ma anche di più. Figli d’arte, giovani bambini e ragazzi animati dalla stessa grande passione avuta dai loro padri, uniti da un destino bello e pericoloso, quello di sedersi almeno per una volta al volante di una monoposto di Formula 1 e respirare la stessa aria di benzina e ascoltare nelle orecchie lo stesso assordante rumore che i loro padri hanno ascoltato nella loro storia. Con fortune alterne, ci sono figli di grandi campioni che non sono riusciti a vincere e figli di leggende del volante che hanno saputo fare meglio dei loro genitori. Jos e Max Verstappen rappresentano solo l’ultimo di una serie di esempi, preceduti poco prima da Jan e Kevin Magnussen, di generazioni a confronto, di padri che hanno persino insegnato il mestiere ai figli e di vere e proprie imprese di famiglia.
Sono state 12 le coppie di padri e figli che in passato hanno vissuto l’esperienza di correre nella massima categoria automobilistica, ma potrebbero essercene in futuro anche delle altre. Chi potrebbe essere candidato a diventare il tredicesimo (numero che in Inghilterra porta sfortuna) rampollo a stringere tra le mani un volante di un bolide da 800 cavalli? Prendiamo in esame alcune candidature partendo da alcuni nomi illustri.
Per iniziare, uno dei figli d’arte che ha sfiorato la candidatura è stato Mathias Lauda, figlio di Niki, che una decina di anni fa si è cimentato con la GP2, anticamera della Formula 1 (anche se attualmente viene messa in forte discussione), anche se poi ha preferito dirottare verso le ruote coperte, gareggiando prima nel DTM, poi nella Porsche Supercup e in GT1, prima di ritirarsi.
Anche il suo successore in Ferrari, Jody Scheckter, iridato nel 1979, ha due figli impegnati nel mondo del motorsport; partendo da Thomas, pure lui sembrava lanciato verso un futuro in Formula 1, dopo un sorprendente inizio di carriera in Formula Nissan, si è giocato le sue carte in Formula 3000. Che il potenziale del giovane Thomas ci fosse lo si è capito quando ha abbandonato la Formula 1 per imbarcarsi verso gli stati Uniti, dove vincerà nella sua prima stagione. Spalleggiato dal team Ganassi, l’anno dopo (2003) è arrivato quarto nella 500 Miglia di Indianapolis, risultando il pilota che ha compiuto il maggior numero di giri in testa. Nel frattempo ha corso anche alcune gare in Europa, nella A1 Grand Prix tra il 2005 e il 2006. Toby Scheckter, invece, è stato un ottimo pilota di kart e ha disputato alcune gare in Formula Renault e nel selettivo Campionato inglese di Formula 3.
Uno che al momento non ha seguito le orme di famiglia in Formula 1 ma ha comunque proseguito nella tradizione è stato Marco Andretti, che tuttora corre in Indycar (si è classificato quinto nel 2013) e si è messo in luce, come Thomas Scheckter, alla sua prima stagione centrando una vittoria a Sonoma. In Formula 1, però, ci ha comunque messo piede nel 2006, partecipando a un test sulla Honda, nello stesso anno in cui ha sfiorato la vittoria nella 500 Miglia di Indianapolis. Così come Derek Hill, figlio di Phil, che si è dedicato principlmente alle gare di durata pur partecipando ad alcune stagioni in Formula 3000.
Chi invece ha chiuso con molto anticipo la sua carriera automobilistica, tanto per rimanere in tema di terze generazioni, è stato Josh Hill, figlio e nipote di Campioni del mondo (Graham e Damon), che proprio nel momento in cui stava facendo sbocciare il suo talento guadagnandosi dei buoni risultati nella Formula 3 europea ha deciso di appendere il casco al chiodo in modo definitivo (forse).
Ci sono però delle giovani speranze che stanno scalpitando e sono pronte a esplodere. Il 2015, infatti, sarà l’anno in cui i figli di due piloti con cognomi pesanti potrebbero fare il loro esordio in monoposto dopo essersi distinti nei kart: Mick Schumacher e Giuliano Alesi. Il figlio del 7 volte Campione del mondo di Formula 1, la stagione scorsa, ha sfiorato il titolo mondiale nella categoria KF Junior, la stessa in cui correva proprio il giovane Alesi con cui condivideva anche il telaio Tony Kart. Anche Hugo Hakkinen gareggiava fino a non molto tempo fa in kart, in Italia, ma non ci sono notizie sui suoi recenti risultati.
Infine, una doverosa citazione a due giovani speranze che hanno accarezzato questo sogno, che per loro si è spento troppo presto: Henry Surtees, figlio del grandissimo John, che è morto nella sua prima stagione in Formula 2, dopo aver ottenuto ottimi risultati in Formula BMW e nel Campionato inglese di Formula Renault. Scherzo del destino sono le circostanze in cui è maturato il tragico incidente sul circuito di Brands Hatch: la sua vettura portava il numero 7 e andò a sbattere alla curva Sheene, intitolata al grande campione del motociclismo inglese che vinse proprio dopo il padre John, di cui Henry portava il numero di gara.
Ma il rammarico forse più grande è di colei che la Formula 1 l’ha vissuta da dentro come terza pilota e per un tragico incidente non è riuscita a realizzare il suo grande sogno: stiamo parlando proprio di Maria De Villota, figlia d’arte che dopo aver corso nel WTCC e in Superleague Formula è stata tester in Lotus e Marussia, che nel corso di un test si è vista privare dell’occhio destro e, con esso, della possibilità di continuare a correre e, forse, il grande dispiacere che ha avuto è stato tra le cause dell’arresto cardiaco che ha messo fine anche alla sua vita.