2 agosto 2014 – Uno dei progettisti più vincenti della storia, anzi forse il più vincente dopo Adrian Newey, è certamente il sudafricano Rory Byrne, che nel corso della sua carriera ha creato alcune delle monoposto più vincenti della storia della Formula 1, con Benetton e Ferrari. A lui è dedicato il ritratto numero 26 della serie dei personaggi che hanno fatto la storia della Formula 1.
Definito l’anti-Newey, Byrne è stato l’unico in grado di battere il progettista di Stratford-upon-Avon in pista sia in Benetton che in Ferrari, cercando sempre di non tirare le sue monoposto ai limiti del regolamento, caratteristica che invece contraddistingue il disegnatore inglese. La sua carriera è senza dubbo stata costellata da numerosi successi, ma gli inizi non potevano certo far presagire una trasformazione così repentina. La sua carriera inizia infatti in Toleman, dove le enormi aspettative riposte nei suoi confronti dopo che la TG180 aveva dominato il campionato europeo di F.2, si riveleranno, purtroppo per lui, vane. La TG181 è infatti una monoposto goffa, pesante, poco potente e si guadagnerà il nomignolo di “maiale volante” o di “general Belgrano”. E infatti, dopo aver saltato le prime 3 gare, per le successive 10 non riuscì a qualificarsi. E nemmeno la stagione successiva le cose andranno poi tanto meglio, anche se a metà stagioone le cose inizieranno a cambiare. Nel 1983 la nuova monoposto verrà completamente rivoluzionata; definita “batmobile”, la TG183B avrà diverse modifiche a livello aerodinamico, tra cui un muso molto largo, stretta al centro, con fiancate corte e gli alettoni congiunti l’uno all’altro e arrivarono i primi punti, grazie anche ad alcune modifiche al motore.
Nel 1984, la Toleman cambia tutto, a iniziare dai piloti: Johnny Cecotto, transfugo dalla Minardi, arriva in polemica con il manager faentino, al quale imputa troppe attenzioni nei confronti di Alboreto, ma dovrà condividere il garage con il nuovo astro nascente della Formula 1, Ayrton Senna. Byrne cambia ancora una volta la vettura, basandosi su scelte convenzionali, e sarà proprio il brasiliano a regalare alla Toleman il miglior risultato della storia, finendo secondo a Montecarlo, e finirà altre due volte a podio, a Silverstone e all’Estoril. Inizia così a farsi vedere il talento dell’ingegnere sudafricano, anhe se la stagione successiva (il 1985) il team sarà orfano di Senna e con Fabi e Ghinzani non otterrà punti.
La Toleman finisce così la sua avventura e verrà ceduta alla Benetton, che manterrà Byrne come progettista. I fatti daranno ragione alla famiglia Benetton e al nuovo team manager Flavio Briatore, tant’è che la nuova Benetton B186 sarà completamente diversa rispetto alla precedente, con una struttura più rigida del telaio, per ospitarer il più potente V6 turbo della BMW. Accanto a Teo Fabi spunta un nome nuovo, quello di Gerhard Berger, che dopo l’esordio all’ATS arriva alla Benetton e regala alla coloratissima scuderia la prima sospirata vittoria della storia. Byrne inizia così a raccogliere i primi frutti del suo lavoro e dopo quel successo e una stagione 1987 di transizione, darà vita alla B188, realizzata in pannelli di fibra di carbonio. Anche in questo caso, però, non arriveranno successi, complice anche l’abbandono del motore BMW per dare spazio al V8 aspirato Ford. Non arriveranno successi, ma grazie a una serie di numerosi podi, la B188 guidata da Nannini e Boutsen salirà al terzo posto in classifica costruttori, dietro a McLaren e Ferrari. Anche il 1989 sarà una buon annata, che si chiuderà in modo trionfale con il successo di Nannini nella gara in cui Senna verrà squalificato per lo scontro con Prost nella gara di Suzuka, alla quale seguirà un altro secondoposto in Australia.
Il 1990 è l’anno di una svolta: arriva alla corte di Briatore il 3 volte Campione del mondo Nelson Piquet e con la prima monoposto progettata per ospitare un motore aspirato, la B190, sotto la direzione tecnica di John Barnard. Le forme saranno abbastanza convenzionali, adottando un airscope centrale sopra la testa del pilota al posto di quelle laterali. Il 3 volte Campione del mondo non sfigura e dopo alcune gare incerte trova subito la via del podio, con Piquet in Canada e Nannini in Germania, e si concluderà con un doppio successo di Piquet in Giappone e Australia. La B190 inizia anche la stagione 1991, prima di essere sostituita da una vettura a muso rialzato, la B191 progettta da Barnard, che vince una gara con Piquet e conclude quasi sempre a punti.
Ma nel 1992 ecco che si forma la coppia che sarà foriera di numerosi successi, quella formata da Byrne e Ross Brawn, che in quella stagione danno vita alla prima Benetton a muso alto, una vera e propria innovazione mai sperimentata prima. Al volante c’è Michael Schumacher, che coglierà la suia prima storica vittoria a Spa, e con i numerosi podi conquistati da lui e Brundle la Benetton conclude terza il Mondiale costruttori. L’idea vincente del muso alto verrà mantenuta anche nel 1993, con Schumacher e Patrese (arrivato dalla Williams) che termineranno diverse volte sul podio e il tedesco vincerà una gara; la Benetton terminerà nelle prime 3 posizioni in classifica, un preambolo di quello che, probabilmente, accadrà la stagione successiva.
Il 1994, infatti, la Benetton si presenta con una monoposto rivoluzionaria, costruita su misura per Schumacher, con un muso alto e grandi deviatori di flusso. Nelle mani del tedesco, la B194 vince 6 delle prime 7 gare, grazie a un’elevata efficienza aerodinamica che permetteva di sopperire ai limiti del V8 Ford. La stagione però sarà particolarmente tormentata e al Gran Premio del Belgio la vettura di Schumacher verrà squalificata per avere uno spessore troppo ridotto del fondopiatto. L’unica “noia” tecnica in una stagione che porterà la vettura progettata da Brawn e Byrne al primo trionfo iridato, grazie al titolo conquistato da Schumacher.
Ma la vera arma che farà letteralmente il vuoto sulle avversarie sarà la B195, dotata di diverse modifiche imposte dal regolamento per la nuova stagione e diversi miglioramenti aerodinamici, soprattutto nella parte posteriore. Questa vettura, che ospiterà il nuovo V10 Renault da 3 litri, porterà la Benetton al doppio trionfo piloti e costruttori, aggiudicandosi 11 vittorie (di cui 2 con Herbert) e i due titoli con anticipo.
L’anno successivo la Benetton sarà orfana di Schumacher e Byrne progetterà la nuova B196 per Alesi e Berger. La nuova monoposto monterà un nuovo cambio a 7 marce, che però la appesantirà e non le consentirà di avere i risultati delle annate precedenti, anche se la nuova coppia di piloti sfiora il successo in un paio di occasioni.
A fine stagione Ross Brawn lascia la Benetton e Rory Byrne progetterà la nuova B197, che si rivela più problematica della B196 dal punto di vista aerodinamico, nonostante fosse dotata di un motore più legero e potente. Si torna al cambio a 6 marce e ci sarà una nuova geometria delle sospensioni. I risultati arriveranno sopratttutto nei circuiti veloci, con ben 2 pole position a Hockenheim e Monza e la vittoria di Berger sul tracciato tedesco, ultima della Benetton, impreziosita dal giro più vwloce.
Ma Byrne era ormai sul piede di partenza, e infatti andrà alla Ferrari dove seguirà Schumacher e Brawn per cercare di riportare il Cavallino al vertice. La sua influenza in realtà si farà già sentire sulla F310B, che ufficialmente viene attribuita a Barnard, ma che ha un disegno e delle linee completamente nuove rispetto alla precedente F310. La soluzione del muso alto e delle linee squadrate, infatti, faranno parte del primo progetto di Byrne, la F300, che grosso modo si presenta come un’evoluzione della F310B e, confrontando le due monoposto, è impossibile non intravederne una similitudine. La monoposto, che si presenta con un innovativo sistema di scarichi, che soffiano sull’alettone posteriore e generano così carico aerodinamico, promette bene, tant’è che Schumacher perde il titolo solo all’ultima gara, dopo un duro confronto con Mika Hakkinen e la McLaren che lo vedrà sconfitto.
Il 1999 la nuova Ferrari si presenta come un’evoluzione della F300, caratterizzata da una maggiore pulizia nelle linee oltre a diverse altre innovazioni sulla ciclistica, e stupisce da subito, quando con Eddie Irvine taglia per primo la linea del traguardo in Australia. Nelle gare immediatamente successive, invece, sarà Michael Schumacher a prendere l’iniziativa e si candida quasi da subito a vincere la corsa iridata. Il tedesco, però, ha un terribile incidente a Silcverstone in cui si frattura le gambe e Irvine sostituirà Schumacher nella corsa al titolo. La F399 non delude già alla prinma gara, a Hockenheim, dove Irvine e Salo centrano una doppietta. La rincorsa a Hakkinen si interrompe all’ultima gara, quando la partenza stentata del rientrante Schumacher fa perdere il Mondiale piloti ma lascia alla Ferrari quello costruttori, iniziando così la rincorsa a quello che per i ferraristi si trasformerà di lì a poco in un appuntamento fisso, quello con la vittoria.
Infatti, la F1-2000, grazie a una migliore distribuzione dei pesi, si dimostra più veloce della precedente F399 e i risultati arrivano subito, con Schumacher che vince le prime 3 gare stagionali, e dopo un bel duello con Hakkinen (su tutti il celeberrimo sorpasso del finlandese ai danni del tedesco a Spa) inframezzato da alcvuni exploits come la vittoria di Barrichello a Hockenheim, si impone nelle ultime 4 gare, regalando il titolo alla Ferrari dopo 21 anni. E questo sarà solo l’inizio. Infatti, Byrne, grazie anche alla collaborazione di Aldo Costa e Paolo Martinelli, realizza la F2001 che è una sostanziale evoluzione della vettura precedente, ma con un nuovo muso, più basso, un alettone anteriore a cucchiaio e un nuovo sistema di raffreddamento. Nei test stupisce tutti, erssendo di gran lunga la più veloce del lotto, e infatti si rivela subito vincente, ma la rincorsa all’iride durerà fino al Gran Premio d’Ungheria, dove Schumacher vincerà il suo quarto titolo e la Ferrari farà suo un altro Mondiale costruttori.
Ma uno dei veri capolavori di Byrne è senza dubbio la F2002, molto più leggera della precedente con un nuovo cambio longitudinale in titanio, un nuovo retrotreno, nuovi scarichi, un nuovo disegno delle fiancate e dei radiatori. La stagione è all’insegna del dominio totale, con Schumacher e Barrichello che, dopo aver iniziato la stagione con la F2001, vincono tutte le gare con la nuova vettura e mettono a segno una doppietta iridata con ampio margine sugli avversari. La monoposto viene usata anche nella prima parte della stagione 2003 dove non riesce più a esprimere il suo potenziale anche a causa delle modifiche regolamentari tra cui l’abolizione della telemetria bidirezionale. La Ferrari con la nuova F2003GA deve così fronteggiare l’improvvisa crescita dei team gommati Michelin, come McLaren e Williams (oltre alla Renault), e la lotta si protrae fino all’ultima gara in Giappone, con Raikkonen e Montoya pronti a insidiare il trono di Michael Schumacher e della Ferrari,. Il tedesco però resisterà agli attacchi e proprio all’ultima gara in Giappone si aggiudicherà il suo sesto titolo.
Lz Ferrari con queste premesse si prepara alla stagione 2004 e per farlo si affida ancora una volta a un’evoluzione della vettura, che anche in questo caso ne investe ogni aspetto, dalla ciclistica all’aerodinamica (chiaro esempio ne è il disegno delle fiancate, completamente nuovo), un nuovo motore (capace di raggiungere regimi di rotazione particolarmente elevati) e il risultato è un altro capolavoro assoluto. Come la F2002 dominerà la stagione, vincendo 15 gare su 18, sigla un’altra doppietta con Schumacher e Barrichello e porta a Maranello la quinta corona consecutiva.
Byrne alla fine della stagione annuncia il proprio ritiro dalla Scuderia a fine 2006, lasciando il timone del progetto per il 2005 ad Aldo Costa. La F2004, Campione uscente, disputerà in versione modificata le prime fare del 2005, ma dovrà arrendersi alla superiorità delle vetture gommate Michelin, in particolare Renault e McLaren che si contenderanno il titolo. Da direttore tecnico, supervisionerà i progetti della F2005 (questa vettura, appunto, dotata tra le altre cose di un nuovo cambio in carbonio) e della successiva 248 F1, la monoposto del 2006 che ospiterà il nuovo propulsore a 8 cilindri. voluto dal regolamento. Il nuovo modello si cafratterizzerà per la presenza di un nuovo profilo estrattore, un nuovo cofano motore, una nuova disposizione degli specchietti, nuovi alettoni imposti dal regolamento, una rivisitazione deklle sospensioni e diversi altri aspetti. Dopo che la prima parte di stagione si rivelerà avara di soddisfazioni (anche se non mancheranno le gare capolavoro, come il lungo duello tra Schumacher e Alonso a Imola, ripetuto a parti invertite rispetto alla stagione precedente) sarà il Gran Premio d’Ungheria a movimentare la situiazione, grazie all’eliminazione del “mass damper”, il sistema in uso alla Renault e ad altre scuderie per mantenere l’avantreno schiacciato a terra agendo con un peso sostenuto da due molle montato all’interno del musetto. Da lì inizia la rimonta della Ferrari, che porta Schumacher a giocarsi il titolo fino all’ultima gara con Alonso, perso proprio in Brasile.
Byrne, così come Todt, Brawn e Schumacher (il Dream Team), si ritirerà a fine 2006, contribuendo probabilmente ancheallo sviluppo della F2007 iridata con Raikkonen. Il progettista sudafricano rimane comunque all’interno della Scuderia per dedicarsi alla collaborazione al progetto di alcune vetture stradali, come la Enzo e l’ultima arrivata, LaFerrari, spinta da un V12 ibrido. Ma il progettista sudafricano ha altresì collaborato ad alcune monoposto di ormula 1 recenti, tra cui probabilmente rientrano la F2012 e la F138, monoposto che hanno tentato l’assalto a Sebastian Vettel e alla Red Bull. In ogni caso, Byrne viene ufficialmente ingaggiato come consulente per la stagione 2014 (in cui taglia il traguardo dei 70 anni), che vede una vera e propria rivoluzione, sia dal punto di vista dei motori che dal punto di vista aerodinamico, e infatti lòa F14-T si ptresenta con molte novità ripetto alla F138, tra cui è evidente il nuovo muso imposto dal regolamento, oltre al nuovo sistema frenante progettato in conformità alle nuove regole sul brake-by-wire.
Byrne, quindi, ha diviso la sua carriera in due parti, con la Benetton prima e con la Ferrari poi; una carriera costellata di successi e vittorie, senza particolari squilli di tromba ma mantenendo nel corso degli anni linee progettuali ben definite e che hanno fatto scuola.