F1 | Chapman, Rindt e le ali della discordia

Le ali in F1 furono una intuizione geniale per l’epoca (fine anni ’60). Ma soprattutto agli inizi, tali scelte tecniche provocarono rovinosi e cruenti incidenti. 

 

| a cura di Federico Sandoli

 

Il Gran Premio di Barcellona del 1969 (a quell’epoca si correva a Montjuïc Park) fu a tutti gli effetti una corsa disgraziata che non si concluse in tragedia per una serie di avvenimenti che fanno quasi gridare al miracolo.

In quell’anno le F1 misero le ali (sembra quasi un famoso spot pubblicitario ma era la realtà!). Gli ingegneri, Colin Chapman in testa, avevano capito che impostando un’appendice aerodinamica trasversale alla scocca, avrebbero permesso alle macchine una velocità maggiore di percorrenza in curva.


Le Lotus furono le prime a montare le ali, furono fissate alla scocca alla bene e meglio. Nei pochi giri percorsi nelle sessioni prima della gara, le macchine inglesi dimostrarono ai propri piloti – Hill e Rindt – di essere velocissime.



Alla partenza Rindt prese il comando e pareva irraggiungibile. Tutto questo fino al nono giro, quando il suo compagno di squadra Hill fu vittima di un incidente spaventoso: la vettura sbatté violentemente contro il rail, il pilota riuscì ad uscire incolume ma, dubbioso sulla dinamica, rimase a studiare il rottame della sua monoposto per minuti interi.

Dai box Chapman mandò i suoi meccanici che non ebbero difficoltà a capire la dinamica dell incidente: fu l’alettone a cedere!


In testa l’altra Lotus dominava. Dai box capirono che il pilota austriaco stesse correndo un rischio enorme e lo stesso Chapman era dubbioso sul da farsi: fermare il proprio pilota sacrificando un successo sicuro o rischiare sperando che nulla succedesse? 


Mentre ai box Lotus si faceva fatica a maturare una decisione, in prima istanza fu segnalato a Rindt di rallentare. Segnale che il pilota non capiva (o che non voleva capire!). Ed ecco che al giro 20 la sua Lotus uscì nello stesso punto dove carambolò il compagno e urtando i rottami della macchina di Hill, perse le ruote e si rovesciò.

 

Rindt era sotto shock. Sanguinate ma non in pericolo di vita, si procurò la rottura del setto nasale. La vittoria di Jackie Stewart e l’ennesima sfortuna di Amon, passarono in secondo piano. A dominare la scena vi era l’analisi dei motivi dell’incidente.

Prima della gara Chapman aveva capito che per far andare più veloci le proprie vetture, avrebbe dovuto aumentare la superficie alare. Quindi non esitò ad applicare della lamiera fissandola alla scocca solo con dello scotch.

Rindt accusò apertamente il proprio capo-squadra di aver tentato di ucciderlo e giurò di non voler più avere niente a che fare con lui.

La federazione non poteva rimanere inerme e dopo lunghe riunioni decise di vietarne l’uso fino a che, insieme alle squadre, non avrebbero ratificato un sistema di fissaggio alla scocca decisamente più sicuro.

Fu da questo episodio in avanti che gli alettoni divennero uno dei motivi che portarono le macchine a subire disastrosi incidenti. Il più delle volte spettacolari ma a volte cruenti.

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