Il motore turbo Ferrari sul tetto del mondo

La Ferrari ha avuto sempre una grande tradizione nella progettazione e nello sviluppo motoristico e meccanico. Anche nell’era turbo anni ’80 fu così.

Quando nel 1977 la Renault iscrisse al mondiale di Formula 1 una vettura dotata di un motore turbo, tutti commentarono negativamente questa scelta controcorrente, tranne che da Enzo Ferrari che forte della sua memoria e debole della sua età avanzata, ricordava come il compressore fosse un’esperimento gia utilizzato nella massima formula. Quello introdotto dalla Renault però prevedeva due turbine che comportavano il vantaggio di una grande potenza a discapito di una fragilità e un consumo purtroppo di difficile risoluzione.

Ferrari, dopo la vittoria della Renault in Francia, diede ordine di iniziare la sperimentazione volta a far debuttare nella stagione 1981 un proprio motore sovralimentato. Forghieri decise di realizzare un motore sovralimentato con una v di 120 gradi e archiettura a 6 cilindri ma subito si rese conto che, nonostante la potenza elevata, il motore era di per se fragile e caratterizzato da un eccessivo ritardo di risposta ( turbo lag).

Nel 1981 l’ingegner Forghieri capì che la ricerca continua della massima potenza conduceva spesso a rotture inevitabili: quindi il tecnico romagnolo, di concerto con l’Agip, decise di sperimentare un sistema di post iniezione di carburante in turbina nelle fasi inattive del propulsore. Questo sistema permise di tenere elevato il regime di rotazione delle giranti delle turbine con l’effetto di ridurre il turbo lag e fu anche grazie a questa innovazione che Villeneuve potè aggiudicarsi i due GP di Monaco e Spagna.

Non era abbastanza però, nonostante questa innovazioni i motori Ferrari continuavano a rompersi perché soggetti a fenomeni di detonazione dovuti essenzialmente alle alte temperature nel cilindro. Questo fatto irritava non poco Enzo Ferrari, che vedeva nella bella meccanica il punto di forza della sua fabbrica.

Dopo il GP del Sud Africa del 1982 lo staff tecnico guidato da Forghieri cominciò a lavorare a un sistema di emulsionamento della benzina di ispirazione aeronautica. L’Agip aveva realizzato un sistema simile e lo sposò a quello in embrione della Ferrari. Il progetto prevedeva l’emulsione della benzina con microgocce di acqua grazie alla quale le temperature interne del motore si sarebbero ridotte insieme ai consumi mentre la potenza sarebbe aumentata.

Nel dettaglio questo sistema, nominato in seguito Emulsystem, consisteva in un piccolo serbatoio con circa venti litri di acqua, un emulsionatore e una pompa. L’acqua, posta in un serbatoio supplementare, veniva immessa nell’emulsionatore dove, nebulizzata, passava ai condotti d’aspirazione col vantaggio di abbassare la temperatura d’esercizio nelle camere di scoppio, questo annullava i rischi di detonazione e in più la quota d’ossigeno contenuta nell’acqua incrementava la potenza abbattendo decisamente i consumi.

La concorrenza si accorse di questo sistema a Monaco, quando vennero scorti i meccanici in rosso a riempire un piccolo serbatoio alle spalle del pilota. Improvvisamente il motore Ferrari non subì più defaillance tecniche e fu uno dei punto di forza dei mondiali costruttori vinti nel 1982 e nel 1983.
Questo sistema non venne subito capito dagli avversari ma col tempo si resero conto che uno dei segreti dell’invulnerabilità dei propulsori italiani stava proprio in quel piccolo serbatoio alle spalle del pilota.

In seguito il sistema venne vietato, i maligni dicono che gli avversari non riuscirono a copiarlo quindi preferirono vietarlo in quanto il carburante refrigerante non era ammesso nella massima formula.

La Ferrari, al divieto di usare carburante refrigerante, era pronta a dare battaglia per difendere il suo sistema di raffreddamento interno, Tuttavia, l’evoluzione delle benzine da parte dell’Agip e un diverso riposizionamento delle turbine, ai lati del motore, obbligarono la casa modenese a risparmiare ulteriormente sul peso eliminandoil serbatoio d’acqua dell’emulsystem. A Maranello in questa scelta furono anche confortanti dal fatto che l’utilizzo dei nuovi carburanti, avrebbe evitato al motore di ricadere in quei difetti che ne caratterizzarono la mancanza di affidabilità dei primi anni.