Ai microfoni della trasmissione radiofonica Pit Talk, è intervenuto Carlo Cavicchi, direttore dei rapporti esterni di Quattroruote ed ex direttore di Auto Sprint, che prevede una Ferrari competitiva a Barcellona.
di Giuseppe Gomes
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È un segno del cambiamento dei tempi che un bi-campione del mondo non partecipi al GP di Monaco per corre la 500 miglia di Indianapolis?
CC: Un conto è correre a Indianapolis e un conto è andare a correre in America. È come la differenze che c’è tra correre il WEC o la sola 24 ore di Le Mans. Non è la stessa cosa. Il fascino e prestigio di competizioni come la 24 ore di Le Mans e Indianapolis è impareggiabile. Se riuscisse a vincere potrebbe pareggiare con i risultati magri delle ultime stagioni. È difficile però, perché oltre alle strategie bisogna essere preparati fisicamente per una gara così lunga, con il piede destro fisso sull’acceleratore. Certo è che sarà una sfida molto eccitante.
Bottas ha detto di essere pronto per lottare per il titolo. Realmente, quante possibilità ha il finlandese?
CC: se va come le ultime due gare certo che si. ha fatto una pole, ha vinto ed ha subito anche qualche ordine di scuderia. Bottas in Russia ha vinto per le sue capacità, non per altre motivazioni. Hamilton è l’ora che si dia una svegliata, altrimenti a fine stagione rischierebbe di dover andare dallo psicologo per riprendersi.
Quanto gli ordini di scuderia potranno influenzare il risultato del campionato?
CC: Devo dire che seguo la Formula 1, per lavoro, da più di 40 anni, e che gli ordini di scuderia ci sono sempre stati. Abbiamo visto fermare Petterson per far vincere Andretti, oppure Ragazzoni per Lauda. Anche con risvolti tragici, come nel caso di Pironi e Villeneuve. Già nelle categorie inferiori succede di dover subire ordini di scuderia. Non vedo perché, una scuderia con degli obiettivi, non possa dare ordini del genere. Non seguono le simpatie, arrivano perché o uno va più forte, o perché in un determinato momento della stagione, un piota ha bisogno di più punti per vincere il mondiale.
In questa settimana ricorre l’anniversario della morte di un pilota in grado di far appassionare i tifosi della Ferrari e non solo. Un suo ricordo sul pilota e sull’uomo Villeneuve?
CC: Io sono stato il primo in Italia ad intervistarlo per Autosprint. Ero in Canada nel 77, dove si presentò questo ragazzino, sembrava molto più giovane di quanto non fosse. Lo incontrai in albergo il giorno dopo la firma per la Ferrari. Mi colpì quando chiese: perché, con tanti piloti bravi, Ferrari ha preso uno come me? Questa cosa la disse veramente, fu una cosa sorprendente tanto da finire come titolo principale su AutoSprint. Nessuno sapeva chi fosse quel giovane pilota, soprattutto in Canada. In albergo entrò come un ragazzo qualunque.
Questo fine settimana ci sarà il GP di Spagna. Un suo pronostico?
CC: Sono sereno. Negli anni bui della Ferrari, abbiamo spesso atteso Barcellona per ritrovare una competitività assente nelle prime gare, un vero e proprio incubo che ci ha accompagnati nelle ultime stagioni. Quest’anno, invece, non si sentono voci del genere, ed è senza dubbio un buon segno. Arriveranno aggiornamenti, ma senza creare grosse attese. La Ferrari è andata bene nei test quindi penso che potrà replicare un buon risultato. Certo è che sarà fondamentale scattare davanti, perché superare qui non è per nulla semplice. Fino allo scorso anno il DRS era salvifico. Quest’anno non è così, con le nuove vetture più larghe. Attenzione a Bottas, che ha tutto per fare bene, e credo anche che la squadra non lo rallenterà.
Questa nuova F1 le sembra più reale con un DRS meno invadente?
CC: Direi di si. I sorpassi con DRS delle ultime stagioni non li considero neanche. Nei primi GP abbiamo visto dei sorpassi molto belli, come quelli di Vettel, Railkkonen e Hamilton. La formula 1 è storicamente “noiosa”, guardare la Formula 1 per i sorpassi o per gli incidenti vuol dire non aver capito che genere di sport sia. È uno sport per gli appassionati.