In questi giorni si è sentito parlare di una prossima, possibile, collaborazione tra Ferrari e Dallara. Gli addetti ai lavori sono rimasti colpiti se non addirittura esterrefatti. Siamo tra sogno e realtà.
Da sempre la Ferrari si è rinchiusa nel suo isolazionismo dorato fatto di tradizione e cultura motoristica e, a costo di pesantissime sconfitte, mai si è rivolta all’esterno per poter risolvere i suoi problemi, quasi per difendere una tradizione che la vuole da sempre in prima linea e pronta a fare la macchina interamente come era nei desiderata del suo fondatore.
Agli annunci del presidente sono seguite le dichiarazioni di Arrivabene che hanno rafforzato quanto sentito a Monza, quasi a voler sigillare un sodalizio già pattuito. La tattica del presidente della Ferrari è vecchia: l’annuncio in pubblico vale una responsabilizzazione con implicita accettazione, ma forse non si è informato del curriculum di Giampaolo Dallara e della sua storia perché avrebbe saputo che questo ingegnere entrò in Ferrari molto giovane e subito venne mandato a gestire e revisionare i cambi delle macchine da corsa. L’ingegner Chiti poi intuì le capacità del giovane ingegnere in campo aereodinamico e lo trasferì in tale reparto.
Prima dell’epurazione di fine 1968 dovuta alla famosa lettera a Ferrari, con la quale i dirigenti del reparto corse chiedevano al costruttore di inibire le visite della moglie in preda all’esaurimento nervoso, l’ingegner Dallara aveva già lasciato la Ferrari perché attratto dalle sirene di Alfieri Maserati.
Col senno di poi l’ingegnere Dallara si rese conto di aver perso l’occasione di poter essere il prescelto al posto di Forghieri, ma anche di aver messo le basi della sua futura formazione professionale.
Ferrari non diede molto peso alle dimissioni di questo ingegnere, salvo rendersi conto del suo valore ed inviatarlo a pranzo per convincerlo a rientrare.
Forte della sua personalità e del prestigio della fabbrica Ferrari, era convinto di incassare una risposta positiva; d’altronde il Vecchio sapeva essere un buon affabulatore e conscio dei suoi mezzi non mise neanche in preventivo un rifiuto.
Ma rifiuto fu. Dallara, che di personalità non ne aveva certo meno, dichiarò candidamente che non sarebbe andato alla Ferrari perchè si era impegnato con Alfieri ed aveva un progetto da portare avanti in Maserati.
Ferrari incassò il rifiuto ma con stizza, non era abituato a simili comportamenti, soprattutto poi se si trattava di una persona che rifiutava la Ferrari per l’odiata Maserati.
I due si lasciarono e Ferrari ammirò l’uomo del gran rifiuto e Dallara continuò nella sua carriera contribuendo a dare i natali alla Lamborghini Miura; il suo nome poi è legato soprattutto alla produzione di telai da corsa che, tra gli addetti ai lavori, lo hanno reso famoso quanto la Ferrari.
Addirittura a Dallara riuscì lo sbarco vincente negli Usa, cosa che alla Ferrari manca ancora, creando una fabbrica a Indianapolis e riuscendo ad avere il monopolio della costruzione dei telai per la Indycar, popolare in America almeno quanto la F1 in Europa.
Dopo tanti anni, e anche tante sconfitte, riusciranno queste due realtà a darsi la mano e a collaborare in nome del Made in Italy ma soprattutto dello sport italiano che vince?