Racconti Racing: Lorenzo Bandini

Nel 1968, non si replica. Graham Hill è troppo forte, e fa da apripista ad un periodo di dominio inglese con i nomi, chiari, di Stewart, Tyrrell e Lotus. Nel 1973, Lorenzo ha 38 anni. Decolla per Watkins Glenn, ultima gara nel mondiale, con la domanda che prima o poi colpisce tutti: ne vale ancora la pena? Durante le qualifiche arriva la risposta: No. Muore Cevert, pilota che ha visto crescere, combattere e camminare nei box come un dio. Ok, basta così. Basta corse. No, basta un corno. Uno come Bandini non dice basta così dall’oggi al domani. Nasce la Bandini Corse per dare un futuro a grandi talenti italiani portandoli in F1. Dura poco però, perché Lorenzo Bandini è un’uomo con un cuore grande come una casa e non può campare tanto in un mondo che ormai è sempre più un’oceano di squali.

Le primavere sono 45, i soldi guadagnati cominciano ad essere tanti e pare giusto dedicarsi a quella vita bucolica sempre lambita in ogni momento di svago dalla carriera del pilota ma mai goduta. La Bandini Corse viene ceduta e smembrata e Lorenzo dona il suo cognome ad un’azienda agricola destinata mietere successo.

Ecco. Fantastichiamo. Un uomo basso, bianco di capelli, basso di altezza ma grandissimo di cuore che col suo sguardo perfettamente equilibrato tra fierezza e dolcezza, osserva dal suo terrazzino sopra al ripostiglio mezzi i suoi terreni. Si, sopra i mezzi. Nessun ufficio megagalattico. Lorenzo non è così, è uno che se capita il problema al trattore stai tranquillo che l’occhiata ce la butta ancora. Gestisce tutto da li, con a fianco le donne della sua vita: la sorella Gabriella e il grande amore Margherita. E quel figlio, nato l’anno dopo il suo mondiale, rampante manager che con le corse ci ha provato, ma ha lasciato perdere.

Bandini_03E invece no. L’immagine dell’anziano dallo sguardo fiero ma dolce svanisce, come del resto i campi vicino a Brisighella e quel rampante manager che ha provato l’ebrezza di correre ma ha lasciato stare subito. I campi lasciano spazio a capannoni insensati e freddi e il manager da quelle parti pensa di essere un pilota perché guida una Bmw. L’anziano non è divenuto tale perché il 7 maggio del 1967 ha trovato la morte in un’incidente tanto cruento, quando ancora grondante di lacrime. Scusa, Lorenzo, se abbiamo fantasticato su un bivio così tragico della tua storia.

Ma quegli occhi, quell’elegante naturalezza e quella parlata così da persona comune ci hanno fatto innamorare di te. Pensare, anche se solo per il breve lasso di un pugno di righe, che la storia poteva essere davvero diversa è stato come toccare tanti sogni con un solo viaggio. Quando parlate di corse, parlate solo di morti. E allora aboliamo macchine, treni e aerei così torniamo a viaggiare in groppa al somaro. Almeno così non si fa male nessuno!. Ecco, siamo riusciti a ricordarti come magari tu avresti voluto. Non dubbi, non domande sul cosa è accaduto, ma sogni sul cosa sarebbe successo.