F1 | Ritratti: Giancarlo Minardi, la passione di scoprire talenti

28 febbraio 2014 – Quinta puntata della serie dedicata ai personaggi, con un ritratto di un uomo che non ha certamente bisogno di presentazioni, un autentico ricercatore di talenti capace di regalare all’automobilismo alcuni dei protagonisti più prestigiosi. Si tratta di Giancarlo Minardi, uno dei personaggi che ha permesso di scoprire alcuni dei talenti più cristallini nel panorama delle competizioni automobilistiche mondiali grazie a un team mosso da un’unica grande forza: la passione. 

Per iniziare questa storia, è bene partire dalla fine, ossia da quando il team di Formula 1 viene chiuso nel 2006 e ceduto alla Red Bull, che manterrà la sede a Faenza e si chiamerà Toro Rosso. Accanto a questo team, Giancarlo Minardi costruirà diverse realtà che correranno in molte categorie minori: nel 2006 corre nella Euroseries 3000 (la vecchia Formula 3000) e ottiene 3 vittorie, mentre nel 2007 conquista il titolo grazie a Davide Rigon. La Minardi schiererà un team anche in GP2 (il Minardi Team by Piquet) che gareggia dal 2007, con cui Negrao conquista al debutto la prima fila. Il team Minardi nel 2007 è attivo anche in Formula Azzurra e in Formula 3 Italia. Sempre nello stesso anno, Stoddart acquista il team Pacific e correrà nella Champ Car. Nel 2008 la Minardi esce da GP2 e 3000 Euroseries, rimanendo in Formula Azzurra e in Formula 3 IIalia. Nel 2009 la Minardi entra anche nel mondo dei kart, gareggiando in tutte le classi nell’area Centro-Nord.

Giancarlo Minardi, inoltre, otterrà il prestigioso incarico di  Supervisore della Scuola Federale ACI-CSAI e si occupa anche della Formula Abarth, il nuovo campionato gestito direttamente dalla Commissione, per la ricerca di nuovi talenti italiani dell’automobilismo. E questo è un chiaro segnale di continuità con tutta l’attività sin qui svolta dal manager faentino, uno dei rari cercatori di talenti ancora presenti sulle piste di tutta Italia e del resto del mondo.

Un’attività che si sviluppa sin dal 1971, quando – smessi i panni di pilota per un incidente – inizia la suia brillante carriera manageriale gestendo la storica Scuderia del Passatore, che porterà presto al successo grazie a Gian Carlo Martini, suo primo pilota.  Minardi si fa conoscere e apprezzare dal Commendator Gallignani, che lo sponsorizzerà ribattezzando la scuderia “Everest” e da un altro Commendatore ben più noto: Enzo Ferrari, che gli cederà una 312 B3 di Formula 1 per aprire un programma per giovani piloti italiani, con capofila lo stesso Gian Carlo Martini. Il progetto si fermerà nel 1976 dopo un incidente di Martini con la 312T alla Race of Champions, ma questo non interromperà il legame tra l’emiliano Ferrari e il romagnolo Minardi (caso più unico che raro), grazie alla fornitura dei V6 Dino per le vetture di Formula 2.

La passione che ci mette è davvero tanta e lo porta a fare gli straordinari; Giancarlo è uno stakanovista, gestisce il team di Formula 2, si dedica alla 312B3 e continua a lavorare 6 ore al giorno nella concessionaria di famiglia. Il tutto senza fare una piega e mantenendo sempre ben fisso l’obiettivo.  Infatti, nella sua fucina di campioni, Minardi schiererà Lamberto Leoni, Giovanni Brancatelli e, soprattutto, Elio De Angelis. Il romano rischierà l’incidente diplomatico con Enzo Ferrari quando criticherà apertamente i suoi motori e per questo venne sostituito con un altro giovane di belle speranze come Clay Regazzoni.

Invece, un altro prodotto del vivaio Minardi (che nel frattempo diventerà lui stesso costruttore), che risponde al nome di Michele Alboreto, verrà premiato e dopo due anni in Tyrrell approderà in Ferrari, dove sfiorerà il titolo mondiale di F.1 nel 1985. Le scelte di Minardi, quindi, furono giuste, mentre quelle dei suoi “detrattori” fuinirono per rivelarsi errate: esempio è proprio il caso di Johnny Cecotto, che andrà alla Toleman dopo essersi allontanato dalla Minardi, ma dovette fare i conti con un certo Ayrton Senna…

Minardi è un personaggio che ama il rischio e sembra andare oltre le proprie possibilità; le sue doti di manager, purtroppo, non sempre coincidono con i mezzi a disposizione, come nel 1981, quando stava per rinunciare a tutto per mancanza di finanziamenti. Ma a Minardi non si poteva certo negare la possibilità di realizzare i suoi sogni e, come successe con Gallignani e Ferrari, un altro industriale si farà avanti offrendo una sponsorizzazione che consentirà al team di andare avanti.

Un altro caso emblematico che descrive l’audacia di Giancarlo Minardi è proprio il suo ingresso in Formula 1, proprio in quell’anno, quando intorno alla vettura di Pierluigi Martini (nipote di Giancarlo) nel box si conteranno 10 persone in tutto, tra Giacomo Caliri, tecnici e meccanici. La tenacia di Minardi nell’affrontare questa nuova avventura non ha eguali e per l’anno successivo riesce anche ad espandersi, raddoppiando il numero delle persone ai box e potendo creare 2 vetture affidate a due talenti come Alessandro Nannini e Andrea De Cesaris.

La crisi di risultati, però, si trasformerà in crisi finanziaria, ma la fortuna aiuta gli audaci e il romagnolo troverà in Adrian Campos un giovane pilota, ma anche uno sponsor che gli permetterà di andare avanti nel corso delle stagioni successive. Lo spagnolo tradisce le attese, ma i soldi raccolti dalle sponsorizzazioni permette la svolta della scuderia faentina. Grazie al semisconosciuto ingegnere inglese Nigel Cowperthwaite verrà creata un’ottima vettura, che consentirà a Pierluigi Martini di percorrere anche un giro in testa al GP del Portogallo del 1989.

Minardi viene premiato dalla trattativa con la Ferrari, che nel 1991 gli cederà i propri V12 (primo team non Ferrari nella storia ad averli), ma la cifra spesa fu enorme: 8 miliardi di lire. Dopo un anno di scarsi risultati, però, la Scuderia rescinde il contratto e li cederà alla Scuderia Italia di Coloni;  allora anche Mauro Forghieri darà una mano a Minardi grazie ai v12 Lamborghini, ma i risultati sono pressochè identici.

Giancarlo non demorde mai e nel 1993 ingaggia Christian Fittipaldi con cui avrà degli ottimi risultati, ma ancora una volta quando ci sono i risultati è la crisi a mettersi di traverso. Anche qui tutto sembra concludersi male ma come sempre Minardi non viene lasciato solo; l’amico Coloni propizierà la fusione con la Scuderia Italia e ripartirà il progetto di svezzamento di giovani piloti italiani. Il primo, nel 1995, sarà Luca Badoer, futuro collaudatore della Ferrari, che nel corso della stagione verrà affiancato da Pedro Lamy, sostituto di Martini. I due, in due stagioni raccoglieranno un punto. Nel frattempo, a fine 1995,  è sempre la Ferrari che offrirà un’opportunità ai piloti del manager faentino affidando a Martini, Badoer e al collaudatore Fisichella (oltre a Morbidelli) la 412T2 di Alesi e Berger per un test. Fisichella esordirà nel 1996 e la sua ottima stagione lo proietterà subito in Jordan la stagione successiva, dove vincerà il GP di Gran Bretagna.

Minardi ormai è una realtà affermata in Formula 1 come talent-scout e cattura l’attenzione di un nuovo partner, Flavio Briatore, che a fine 1996 vende la Ligier ad Alain Prost e stabilisce con Minardi un nuovo patto legato al management di giovani piloti italiani e non da lanciare nelle file della scuderia faentina, dietro l’acquisto del 60% delle quote della scuderia; praticamente è diventata un Junior Team della Benetton. Il primo sarà Jarno Trulli, pilota che poi si affermerà con Jordan e Toyota, affiancato da Ukyo Katayama. Le stagioni seguenti saranno all’insegna della sperimentazione e della ricerca di nuovi piloti: arriveranno Shinji Nakano, Esteban Tuero, verrà data l’opportunità di un test all’ex Campione di Formula 3 Andrea Boldrini, Stéphane Sarrazin, Marc Gené, che conquisterà un punto nel 1999), Gaston Mazzacane. Minardi continua nel progetto di sperimentazione e di svezzamento di giovani piloti, che pesca dalle formule minori, nella speranza che poi alcuni di essi trovino volanti competitivi (come in effetti in alcuni casi si concretizzerà), ma il Patto della Concordia penalizzeranno e, purtroppo, il povero Minardi rischierà un’altra volta di scomparire.

La passione di Giancarlo non merita certo questa fine e, come sempre, saranno gli amici che lo aiuteranno;  conoscerà, infatti, un nuovo investitore australiano: Paul Stoddart. Grazie alla sua European Aviation, Stoddart rileverà la Minardi, ma ben conoscendo le doti di manager del romagnolo gli lascia le redini della scuderia. E Minardi non tradisce le attese, tant’è che a Tarso Marques, che rientrerà, affianca un altro pilota semisconosciuto che Minardi non va a pescare dalla Formula 3000, ma addirittura dalla Formula Nissan: il suo nome è Fernando Alonso, che verrà messo sotto contratto da Briatore e che, al termine di una buona stagione verrà assunto come collaudatore della Renault, per fare il suo debutto con il team francese nel 2003.

Anche l’anno successivo Minardi e Briatore scoprono un altro talento non noto al mondo delle ruote scoperte, ma conosciuto in quelle coperte: Mark Webber, che all’esordio assoluto sbalordirà tutti conquistando un quinto posto a casa sua, nella gara di Melbourne. Altri aranno i piloti che faranno strada con Minardi, come Justin Wilson, Stéphane Sarrazin, Gianmaria Bruni, Zsolt Baumgartner… tutto questo fino a quando la Red Bull, come sopra ricordato, acquisterà la scuderia. Ma non la snaturerà, proprio perchè credono nell’ottimo lavoro fatto in Formula 1 da Minardi.  Sarà così che accoglieranno la sua richiesta di non trasferire il team da Faenza affiancandolo a tutte le altre attività che Minardi stava nel frattempo portando avanti, e gli daranno il nome italiano di “Toro Rosso”.

Minardi negli anni ha saputo costruire, grazie alla propria passione e al suo slancio da pioniere, una piccola, ma allo stesso tempo grande realtà: una vera e propria scuola di giovani talenti nella palestra più importante del mondo, la Formula 1, superando mille difficoltà e guadagnandosi importanti riconoscimenti e collaborazioni, che gli hanno permesso di essere un punto di riferimento nel panorama delle competizioni automobilistiche.