5 ottobre 2013 – Sulla Tyrrell 006, Stewart è a colloquio con un ragazzo con gli occhiali da sole e gli abiti “civili”. Discutono di come affrontare le terribili curve “Esses” del circuito di Watkins Glen: “Se arrivi in 4° marcia, la vettura è più docile da controllare dovessi avere dei problemi” e lui ribatte: “Si vero, ma se entro in terza la macchina è più reattiva e ho il motore ben in tiro per lanciarmi nel rettilineo”, Ken Tyrrell osserva ma non mette parola. Poco dopo, il ragazzo si toglie gli abiti “civili”, indossa la tutta ignifuga ed esclama al suo meccanico Jo Ramirez: “Oggi è 6 ottobre, il numero del telaio è lo 006, il motore è targato 006 e ho il numero 6. E’ il mio giorno!”. Questo ragazzo si chiama: François Cèvert.
Se avete mai creduto all’esistenza di un angelo in Formula 1, François Cèvert incarnava colui che più ci è andato vicino. Bello, alto, capelli marroni mossi talmente soffici da sobbalzare ad ogni suo passo, occhi di un blu talmente profondo da far sparire il colore della sua Tyrrell, camminata leggera come quella di un foto modello esperto e un sorriso disarmante per chiunque. Insomma, in mezzo a gente “dura e pura” come Hulme, Brabham e Amon (solo per citarne alcuni) sembrava capitato li per sbaglio.
Figlio di un gioielliere ebreo fuggito all’occupazione nazista (Il suo vero cognome sarebbe Goldenberg, ma essendo di chiara derivazione ebrea prese il cognome della madre), François Cèvert era tutt’altro che uno capitato li per caso. Vincitore dell’ambìto premio per giovani piloti “Volante Shell” nel 1966, campione francese di F3 nel 1968, 3° in euro F2 nel 1970 sono i suoi principali successi. Se pensate che si avvicinò ai motori quasi casualmente, grazie a Jean-Pierre Beltoise fidanzato della sorella Jacqueline, direi che non è assolutamente male come biglietto da visita. Il padre non appoggiò mai la sua carriera e cercò di indirizzarlo verso studi classici dalla quale imparò solo a suonare, più che egregiamente, il pianoforte. Il piano sarebbe tornato utile al giovane Cèvert solo per mandare ai suoi piedi un numero mai precisato di “femme fatale”, tra cui, si dice, pure Brigitte Bardot.
Cèvert impressiona tutti: le donne dietro un pianoforte, come gli uomini dietro ad un volante. Al Gran Premio di Germania del 1969, le F1 e le F2 corrono insieme. Stewart domina la gara nel terribile Hockenheimring, ma si segna il nome del giovane francese. Per il 1970, Cèvert ha in mano una stagione in F2 sempre con la Tecno, ma il destino ha in serbo per lui una sorpresa. Johnny Servoz-Gavin, vincitore EuroF2 nell’anno precedente, è appoggiatissimo dalla Elf, che gli regala un bel sedile alla Tyrrell per il 1970. Nell’inverno Servoz-Gavin si ferisce ad un occhio in un rally amatoriale e le conseguenze lo costringono a mollare il sedile nel corso del week end di Montecarlo (i maligni dicono che “se la fece sotto” quando vide le fiamme nell’incidente a Jarama tra Ickx e Oliver).
Due settimane dopo Stewart salta su un sedile di una F2 e corre il London Trophy sul circuito di Crystal Palace. Cèvert da filo da torcere allo scozzese, a tal punto da spingerlo a tirare la giacca al boscaiolo Tyrrell che sta ancora cercando una seconda guida. Cèvert è francese, la Elf è francese: basta e avanza. Al Gp d’Olanda del 1970 (dove perse la vita Courage) Cèvert debutta in Formula 1.
Iniziò una delle accoppiate più affiatate della storia della Formula 1: Stewart e Cèvert. Il francese diventò il pupillo di Stewart in pochissimo tempo. I due avevano caratteri opposti, Cèvert era glamour e affabile con tutti, Stewart riservato e serio, ma appena si incontravano al garage Tyrrell erano un tutt’uno per portare il team del boscaiolo alla vittoria.
Nel 1971, primo anno completo per Cèvert in F1, arriva il secondo mondiale per Stewart. Cèvert è il suo scudiero leale. Nell’ultimo appuntamento del mondiale Stewart è già campione del mondo e gli occhi sono puntati su Cèvert. Si scontra con il suo ingegnere Derek Gardner per una questione di camber: Cèvert lo vorrebbe un pò negativo, Gardner ritiene tale scelta un suicidio tecnico. Alla fine a prevalere è Cèvert che al semaforo verde è quello che va più forte senza consumare eccessivamente le gomme. Fu l’unico “Hurrà” della sua vita, ma fece piangere di gioia milioni di francesi che aspettavano un connazionale trionfante in F1 dai tempi di Trintingnat.
Il 1972 è un anno difficile per Cèvert che si deve accontentare di soli due podi in Belgio e Stati Uniti (Watkins Glen….) e un sesto posto finale che lo lascia con l’amaro in bocca. Si consola arrivando secondo alla 24 ore di Le Mans in coppia con Ganley.
Nel 1973 le Tyrrell sono imprendibili. Cèvert è per 6 volte secondo, di cui 3 dietro al compagno Stewart. All’ultima prova del mondiale in programma a Watkins Glen, Cèvert vuole la vittoria per arrivare secondo anche nel campionato del mondo e sa benissimo che deve partire dalla pole per battere il rivale Peterson.
Dove eravamo rimasti all’inizio? Ah si. Il ragazzo si è tolto la tuta ignifuga e ha scherzato sulla numerologia col suo meccanico Jo Ramirez. Nanou, bellissima ragazza compagna di Cèvert, consultò una veggente,qualche anno prima, a cui mostrò la foto di Cèvert che le disse: “Avrà molto successo…. vincerà a breve un premio importantissimo per lui (di li a pochi giorni vinse il Volante Shell)… ma non compierà mai 30 anni”.
Cèvert si lancia per una serie di giri nel finale delle qualifiche, arriva alle curve “Esses”… non da ascolto a quello che gli consigliò Stewart. La Tyrrell, in una dinamica mai ben chiarita, si infila tra le terribili lame del rail creando un “effetto cesoia” devastante. Il circuito del Glen cade in un silenzio che c’è solo quando succede qualcosa di brutto. Si parlò di errore di pilota, di malore (fu trovato vomito nel sottocasco del pilota) e di postumi di un incidente avvenuto qualche settimana prima in Canada con Scheckter dove ne uscì infortunato. Fatto sta che Cèvert non c’era già più.
La notizia impazza ai box, Chapman chiede a Peter Warr: “Chi è?” e lui risponde “Cèvert”, “E’ brutto?”, “Si.. e anche tanto”. Chapman si blocca, ha l’espressione di chi ha già capito tutto ma non vuole crederci ed esclama “Oh no..Diavolo Cèvert!”. Jo Ramirez salta sul carro attrezzi per andare a vedere che è successo, nel tragitto incontra Scheckter che lo implora di fermarsi, ma Ramirez ha un groppo in gola che blocca qualunque suo tentativo di risposta. Ignora il sudafricano e prosegue.
Sul luogo dell’incidente arriva anche Stewart descrivendo la scena con: “Sembrava il luogo di un disastro aereo” che ne descrive appieno la drammaticità. Scorge i colori della Tyrrell, si ferma subito. Vede Amon in piedi (il neozelandese era la terza guida della Tyrrell quel Gp) e appare sollevato, ma la realtà è terribilmente diversa. Amon, Scheckter e Pace, i primi ad essersi subito fermati, cercano di bloccare Stewart che vuole andare vicino al relitto della Tyrrell di Cèvert. Un medico sente il polso, ma è un gesto puramente burocratico: ” Hanno spostato la vettura con Cèvert ancora all’interno, era chiaramente morto”. Stewart si avvicina non oltre 2 metri da quello che rimane della Tyrrell, si volta e se ne va.
Stewart vive ancora oggi con il rimpianto per non essere stato vicino al corpo esanime di Cèvert, per non averle detto: “Grazie” e per non aver avuto il coraggio di sfilagli il casco e chiudere gli occhi. Stewart rientra nel “Watkins Glen Inn” dove la moglie Helena lo attende e, tra le lacrime, le comunica la decisione che aveva preso mesi prima: “Da oggi non sono più un pilota da corsa”, lei rispose “Ora possiamo invecchiare insieme”. Pochi giorni dopo, in una conferenza stampa, Stewart comunica al mondo la sua decisione.
Era a conoscenza della decisione dello scozzese solamente Ken Tyrrell, in quanto aveva voluto risparmiare alla moglie lo stress del conto alla rovescia. Nei piani di Tyrrell, nel 1974 la coppia dei piloti sarebbe stata composta da: François Cèvert e Roger Williamson. Il destino decise che questa coppia si sarebbe formata solo nell’olimpo dei grandi della Formula 1.
Il 6 ottobre di 40 anni fa Fraçois Cèvert, l’angelo della velocità, tirò fuori le ali e se ne andò per sempre.E’ diventato un grande nonostante abbia vinto solamente un Gp e non abbia mai ottenuto una pole position, ma è entrato nel cuore degli appassionati per la sua lealtà e la sua devozione al compagno Stewart. Cèvert sarebbe un giorno diventato campione del mondo. E’ l’unica certezza della sua storia, composta da un uomo bello come un angelo, e da un destino che qualcuno aveva già scritto e predetto. Tornò nel mondo dei grandi, dei vincenti, dei puri di cuore (da corsa), dove potrà continuare a suonare il pianoforte per sempre, e dove, qualche volta, un’aiutino a Jackie Stewart è bello pensare glielo abbia dato.