Monza è rossa. Oggi più che mai. Il rosso della Ferrari naturalmente. Ma anche il rosso dell’orgoglio. E di quel riscatto che tutti noi attendevamo. Ma la consacrazione è arrivata grazie a Kimi, il gregario perfetto, che ha saputo travestirsi da leader nel sabato brianzolo.
Monza che chiama. Monza che si ama. Monza che crea aspettative, che genera incertezze emotive. Monza che si veste d’orgoglio, che ferisce, che infierisce. L’inferno rosso per Hamilton, il paradiso per il grande cuore Ferrari. Nel mezzo del cammin di questo campionato, sempre più teso, ancora più conteso.
C’è Lewis Hamilton che non molla, che sa mantenere il contatto. Da buon cannibale assetato di vendetta chiama l’arrembaggio. Lo cerca e lo crea con un tempo spettacolare nella Q3. Un colpo da maestro che fa tremare la folla, ma che non riesce a placare la marea rossa. Restano solo quattro minuti o poco più. Per riprendersi un feudo. Per marcare il territorio. Per riconquistare un sogno. Non c’è argento in questo sabato, a dispetto delle nuvole incombenti, del grigio onnipresente, della minaccia di pioggia. Non c’è Hamilton che tenga. La Ferrari incede, secca e implacabile a scolpire il suo messaggio. Transita per primo Sebastian, che ce la fa per un niente a riprendersi la prima posizione. Una preghiera, un coro, un boato. Poi arriva Kimi. Ed è un urlo represso. È il suo grazie composto e forse commosso. È la nostra pole position.
C’è una pole da record oggi a Monza. Una pole che da sola vale più di una vittoria. Il record dei record scolpito nel nome della velocità. Un numero simbolico: 1.19.119. Il cronometro si ferma e si fraziona in due parti identiche. Un repetita iuvant capace di generare un distacco importante da Hamilton, come sempre immancabilmente, ma questa volta inutilmente, perfetto.
Non sorride Vettel, insolitamente secondo, inesorabilmente all’ombra di un compagno rinvigorito. Ma gioisce un autodromo intero per il suo campione ritrovato. Per una cabala favorevole, per una doppietta autorevole. Come non capitava da 18 anni.
Intanto Kimi non si smentisce. Poche e misurate parole, nessun sussulto, nessun cenno del viso. Gli occhi al solito immediatamente nascosti sotto al riparo delle lenti scure. Lenti scure come quelle dietro alle quali soleva celarsi Enzo Ferrari, il grande condottiero. A trent’anni dalla sua morte, mentre si registra un’altra terribile scomparsa in casa Ferrari, il Cavallino risorge. Per Marchionne, per i tifosi, per i piloti. Tutti insieme in cerca di una redenzione e di un’affermazione che manca da troppo tempo.
Mentre aspetta conferme dal futuro Raikkonen fa suo un pezzo di storia. Si riprende Monza, con la fame disperata di chi non sa se potrà ancora conquistarla. Con l’appetito ingordo di chi ha subito un torto del destino a Spa. Nell’eterno supplizio di Tantalo che lo costringe a raccogliere le briciole lasciate da un altro. Eppure oggi Monza è di Kimi, nel tripudio delle onnipresenti bandiere biancoazzurre. Mentre Sebastian osserva impotente, defraudato della sua leadership. Vittorioso sull’avversario diretto, ma sconfitto dal suo compagno. Un compagno di poche parole, ma che oggi intona il suo splendido canto del cigno.