3 maggio 2014 – Noi della redazione storica di F1Sport.it abbiamo deciso di raccogliere le nostre idee su come è cambiata la Formula 1 da quel maledetto week end di Imola.
La Formula 1 è nettamente cambiata negli ultimi 20 anni, ma è indubbio che i fatti di Imola abbiano seriamente pesato su alcune scelte adoperate da chi avrebbe dovuto garantire lo spettacolo, ma anche salvaguardare l’aspetto dello spettacolo che, inutile negarlo, è venuto sempre più a scemare negli ultimi anni.
Luca Sarpero: In molti dicono che il 1° maggio non è morto solo il più grande, ma anche la stessa F1. Affermazione molto azzardata ma che non si discosta dalla realtà. Le corse erano vere, le macchine erano vere, i piloti erano veri. Ora, niente di tutto ciò è rimasto. Le F1 anni 90 erano monoposto studiate per ottenere il massimo della velocità possibile badando poco a fattori come sicurezza o prevenzione da incidenti. Dopo quel primo maggio è iniziato un processo che ha portato alla “standardizzazione” di tutte le F1, a cominciare dalle dimensioni degli alettoni passando per le dimensioni in larghezza fino ad arrivare alla costruzione di impianti con vie di fuga di dimensioni aereoportuali. Il rischio dov’è? Il coraggio dov’è? Troppo rischioso mettere nella ricetta dello sport ad alto tasso di audience, quale è la F1 di oggi, questi due ingredienti. Tutto per il fatto che quel pomeriggio di venti anni fa molti si sono alzati dal divano e hanno spento la Tv dicendo “Queste cose non devono più accadere”. Ovvio, nessuno vuole mettere dei ragazzi in gara “appesi ad un filo su uno strapiombo”, ma sarebbe bello rivedere piloti che domano bestie ignoranti e remissive pompate di cavalli in tracciati veri e non a misura di inquadratura che poi, diciamocelo, sono fatti ad Hoc per utilizzo di ali mobili per sorpassi disegnati a tavolino da gente che sarebbe meglio per tutti si dia al mestiere dell’ippica.
Simone Corradengo: Dopo vent’anni siamo qui a ricordare quella tragica Imola ’94, dal dramma sfiorato di Barrichello alla morte di Ratzenberger e Senna, traumi sportivi che hanno colpito la F1, uno sport fatto di eroismo ed eccesso di coraggio, uno sport fatto di valori che non tutti sanno cogliere. Da quel ’94 ad oggi sono molte le cose cambiate, non si parla solo di vetture e di circuiti, di livello tecnologico e finanziario, si parla di modo di correre. Forse è proprio questo il punto focale di questo sport che ci ha scelto o che abbiamo scelto. La F1 rapisce per la dimensione a parte che solo l’automobilismo ha, atti di eroismo, atti di pura follia ma belli e disarmanti agli occhi di appassionati che non possono far altro che contenere i brividi. Da vent’anni ad oggi probabilmente la cosa che è cambiata di più è proprio questa. L’eroismo di Senna ad Interlagos ’91 non si ripeterà forse mai più, lanciarsi fra le fiamme per soccorrere un pilota (Lauda e Merzario ne sanno qualcosa), tutti piccoli esempi che danno spunto per un riflessione: dov’è finita la vecchia F1? Quella fatta di pura velocità e passione, di limite ed eroismo, di competizione senza troppe pressioni finanziarie. Oggi il tutto e tristemente piombato nel business eccessivo, dai piloti agli organizzatori di eventi senza sapore a sponsor che spingono per far correre. Quando il Circus riuscirà a tornare sugli standard di parecchi anni fa, forse assisteremo alla rinascita di quello sport che infiamma le folle.
Cristian Buttazzoni 1 maggio 1994, si chiude unì’epoca. Si chiude un’era contraddistinta dalla ricerca del limite, un’era che ancora adesso di potrebbe definire pionieristica. Ecclestone, infatti, attraverso la sua FOM, gestirà dall’anno successivo il Circus, e da quel momento cambia tutto. Cambiano i regolamenti tecnici, che tendono sempre di più all’uniformità, sia delle monoposto che dei circuiti, cambiano le regole sportive, cambia il modo stesso di vedere la Formula 1. Uno sport che cambia pelle, diventando sempre di più un gigantesco centro di affari, in cui le spese lievitano a dismisura e in cui le sponsorizzazioni diventeranno il vero motore che farà girare questo mondo. Le monoposto sono diventate sempre più semplici da guidare, ci sono piloti che si allenavano con la playstation e che ora usano i simulatori, nuovi ritrovati della tecnologia che fanno sembrare a chi guida di trovarsi veramente in pista. I pionieri, vecchi manager appassionati pronti a scommettere su un team, non esistono più; tutto è affidato a organizzazioni complesse, con centinaia di persone impiegate e chi nonn è disposto a investire forti somme viene escluso. La tecnologia ha superato l’uomo, le monoposto vengono plasmate attraverso calcoli, simulazioni, progetti affidati a elaboratori sempre più sofisticati; i regolamenti sportivi, in nome della sicurezza, sono sempre più stringenti nei confronti dei piloti e delle scuderie, i piloti fanno i commissari e decidiono sui compiortamenti dei loro colleghi, l’occhio sempre più invadente e invasivo della televisione indaga su qualsiasi aspetto anche della vita privata di piloti e team e allontana la gente dagli autodromi.