22 Gennaio 2014 – Settimo capitolo della saga “I Team Indimenticabili” dedicato alla Jordan Gran Prix; un team che come organico è ancora presente oggi in Formula 1 (Force India) ma che non ha più alle spalle il mentore Eddie Jordan e, sopratutto, ha perso simpatia, goliardia e quelle splendide livree che l’hanno caratterizzata alla fine degli anni 90.
Eddie Jordan a 22 anni è un bancario di Dublino. Un bel lavoro, una bella macchina, soldi a gogò per godersi gli anni più belli e tanta voglia di vivere; ma non basta. Durante uno sciopero delle banche nella tormentata Dublino degli anni 70, Eddie Jordan si trasferisce nel Jersey e li intraprende la carriera del pilota. Nel 1974 è campione irlandese di go kart e arrivà fino a correre F2, F3 e Formula Atlantic annoverando anche un test con la Mclaren nel 1979. Alla fine del 1979 i soldi sono pochi, ma la voglia di correre tanta, e allora decide di fondare un proprio team: la Eddie Jordan Racing Team.
Gli anni 80 vengono passati dalla Jordan Racing Team in Formula 3 prima e F.3000 dopo, dando volanti al gente del calibro di: Brundle, Byrne, Sala, Herbert, Alesi, Donnelly, Irvine, Naspetti, Frentzen ecc. Nel campionato britannico Brundle perde il titolo contro un certo Ayrton Senna per una manciata di punti, e Jordan riesce a rifarsi dello smacco solo nel 1987 dove Herbert domina il campionato. I risultati fanno crescere le ambizioni di Eddie Jordan e 1988 debutta in F3000 facendo un’altro passo importante verso la F1. Alesi centra il titolo nel 1989 e ormai anche la F3000 va stretta alla Jordan. I soldi nelle tasche del bizzarro Jordan sono pochi, ma un’importante accordo con la 7UP ( Gazosa) spinge Eddie a fare richiesta d’iscrizione al mondiale di F1 nel 1990 e la domanda vien accolta per il 1991. Ora non esiste più la Jordan Racing Team, ma l Jordan Grand Prix.
Eddie Jordan sarà pure scanzonato e voglioso di fare baldoria, ma sul lavoro è preciso come un’orologio. Ingaggia come progettista Gary Anderson (suo rivale in F3000), ottiene un contratto di fornitura motori dalla Ford, monta gomme Good Year e come piloti ingaggia l’esperto De Cesaris e il giovane e irruento Gachot. Il belga è talmente irruento che finisce dietro le sbarre dopo una rissa con un taxista inglese e Jordan (forse nella speranza di ottenere i motori Mercedes) ingaggia un giovane e veloce tedesco: Micheal Schumacher. Schumy corre una gara poi viene ingaggiato dalla Benetton e alla Jordan arriva Moreno che verrà poi sostituito dal nostro Alex Zanardi. Il primo della Jordan è avaro di emozioni, ma va segnalato un GPV fatto da Gachot in Ungheria.
Nel 1992 Eddie Jorda cambia tutto. Via i motori Ford, sostituiti dai motori Yamaha V12, e anche lo sponsor principale: la 7UP non ha quel fiume di dollari che si immaginavano tutti e arriva la Sasol, che accompagnerà a lungo la Jordan. Anche la nuova coppia di piloti è totalmente nuova: Stefano Modena e Mauricio Gugelmin. Il brasiliano sfiora i punti a Imola, mentre Modena centra l’ambita “Top Six” ad Adelaide. E’ il primo punto della storia per la Jordan.
Dopo essersi affidato per due stagioni a piloti con un minimo di esperienza, nel 1993 Jordan porta in F1 un ragazzo di 21 anni ma che già da un paio di stagioni è sotto l’occhio attento di grandi team: Rubens Barrichello. Come compagno viene ingaggiato inizialmente Ivan Capelli, ma i risultati disastrosi costringono il milanese a lasciare la F1 dopo solo due Gp. Al suo posto si avvicenderanno: Boutsen, Naspetti, Apicella e un’altro deb dal futuro in rosso e il piede pesante: Eddie Irvine. La stagione vede solo i 3 punti presi da Barrichello e dall’esordiente Irvine (con tanto di discussione con Senna) a Suzuka.
Il 1994 inizia alla grande per la Jordan con il primo podio della sua storia, e della carriera, di Barrichello, ma un terribile crash nel tragico week end di Imola mette a serio rischio la carriera del brasiliano. Ne uscirà turbato ma incolume e chiuderà il campionato 6° con 19 punti, una sfilza di quarti posti e la prima pole a Spa. Il ruolo di seconda guida viene a inizio anno spartito tra Aguri Suzuki e Andrea de Cesaris, ma alla fine a spuntarla è Irvine che chiuderà la stagione in crescendo. Intanto Eddie Jordan si accorda con la Peugeot per una fornitura di motori a partire dal 1995.
Nel 1995 la Jordan si conferma sempre di più fra i top team. Barrichello e Irvine conducono quasi a braccetto la stagione, chiudendo separati solo da un punto. Il doppio podio in Canada (Barrichello secondo e Irvine terzo) rappresenterà il miglior risultato per la Jordan fino alla prima vittoria. Intanto, sul fronte sponsor, la Sasol molla e arriva la marca di tabacco Benson e Hedges che conferirà alla Jordan il tipico colore giallo a tal punto da farlo suo anche dopo la scadenza del contratto. Nel 1996 Irvine lascia la Jordan per la Ferrari e al suo posto arriva Martin Brundle, vecchia conoscenza di Eddie Jordan. La stagione viene vissuta senza particolari acuti nonostante un motore Peugeot in crescita e una macchina bella ma ancora acerba per la vittoria.
Nel 1997 Eddie Jordan cambia di nuovo tutto. Barrichello si lancia nell’avventura del team del grande Jackie Stewart, mentre Brundle corre l’ultima gara della carriera con la Jordan, ovvero da dove aveva iniziato. Al loro posto arrivano Ralf Schumacher, un rookie, e Giancarlo Fisichella che rookie non è, ma con solo una stagione intermittente alla Minardi è come se lo fosse. Inoltre debutta Sid.. chi è Sid? No, non Sid Witkins, lo storico medico della F1, ma il cobra aereografato sul muso delle 197. In confronto al 1996 è un’anno d’oro: arrivano tre podi (Ralf 3° in Argentina e Fisichella 3° in Canada e 2° in Belgio), una quasi vittoria di Fisichella in Germania e un grandioso 5° posto nei costruttori. La Jordan c’è.
Fisichella lascia la Jordan per andare alla Benetton nel 1998 e al suo posto arriva Damon Hill in fuga da un’Arrows con tanti bigliettoni ma pochi risultati. Via i Peugeot e dentro i motori Honda, seppur con il marchio Mugen per non interessarsi in maniera ufficiale. A Spa sotto al diluvio universale Damon Hill ammutolisce chiunque lo abbia criticato per la sua guida sotto la pioggia e trionfa, regalando alla Jordan la sua prima vittoria nella storia. Inoltre il secondo posto di Ralf Schumacher danno alla Jordan anche la prima doppietta. La Jordan chiude il mondiale in 4° posizione con 34 punti (di cui 16 presi a Spa) e con un finale al fotofinish sopravvanza la Benetton di un punto. Sempre nel 1998, debutta un calabrone al posto di Sid il cobra sul muso delle Jordan. Tale calabrone viene applicato anche su mini tute in pelle sintetica gialla atte a coprire, più o meno, natiche e varie curve di ragazze immagine che compaiono ad ogni Gp. L’immagine della Jordan è quella di un team simpatico come un bonaccione di paese, ma anche pericoloso quando serve. E’ solo l’inizio.
Il 1999 è il miglior anno della storia della Jordan. Ralf Schumacher viene attratto dalla Williams che cerca di riprendersi dopo un 98 disastro, e per il giovane e promettende Schumy Jr. cede alla Jordan Heinz-Harald Frentzen che deve ancora togliersi di dosso l’etichetta di pilota mediocre. La Jordan 199, disegnata dal nuovo ingegnere Mike Gascoyne, è costantemente in lotta con i primi e il tedesco porterà alla Jordan: 2 vittorie (Francia e Italia), 4 podi e una pole position al Nurburgring. A fine campionato la Jordan è sorprendentemente terza dietro solo a Ferrari e Mclaren. Hill, con la testa ormai alla pensione, porterà solo 7 punti e Eddie pensa di sostituirlo con il giovane Trulli. La Jordan sembra il team del nuovo millennio: giovane, veloce, forte, esperto e sopratutto dannatamente trendy. E invece…
Eddie Jordan presenta la nuova EJ 10 (iniziale del nome e decima stagione in F1) dichiarando: “Mi piacciono le cose in crescita.5° nel 1997, 4° nel 1998, 3°nel 1999. O quest’anno arriviamo almeno secondi o sennò sarà un fallimento”. La EJ10 inizia bene con un terzo posto di Frentzen in Brasile, ma è solo un’acuto. Nonostante in Austria debutti la EJ10B, i risultati non arrivano. Il team chiude addirittura 6° battuta anche dalla Bar che monta gli stessi motori Honda, ma gode in più dell’appoggio nipponico in maniera ufficiale. Arriverano più fondi da una bevanda energetica venduta con il marchio EJ10 commercializzato dalla Jordan che dall’impegno in F1. E’ il preambolo della fine..
Nel 2001 la Jordan migliora leggermente ottenendo, tra l’altro, i motori ufficiali Honda e battendo nei costruttori la rivale diretta, cioè la Bar. L’inizio è molto promettente, ma il team è allo sbando e lo si intuisce dalla girandola di piloti che sussegue. Frentzen viene appiedato per aver rilasciato dichiarazioni pesanti contro il team e al suo posto arrivano prima Zonta poi Alesi a chiudere la carriera. Jean si toglie lo sfizio di siglare la velcità più alta mai raggiunta da una F1 in gara: 371 Km\h.
Nel 2002 arrivano tanti soldi dalla DHL al posto della Benson e Hedges ma non risultati. Trulli va alla Renault e alla Jordan torna Fisichella, mentre come seconda guida arriva Sato (assunto per mantenere la motorizzazione Honda). Un exploit di 3 gare regala a Fisichella e alla Jordan la maggior parte dei punti conquistati nella stagione. Nel 2003 la Honda se ne va e Jordan torna alle origini cercando i motori Ford. Rispetto al 2002, i soldi spariscono e i membri del team accusano Eddie Jordan di tagliare i loro stipendi ma non vendere le sue ville, barche, auto e possedimenti vari. A inizio anno Sato fugge alla Bar come collaudatore e approda in Jordan un giovane e inesperto Ralph Firman.In maniera che dire fortunosa è dir poco, Fisichella regala alla Jordan la sua ultima vittoria nella storia in Brasile. Con questa vittoria arrivano ben 10 dei 13 punti totali a fine stagione. Nel 2004 Fisichella va alla Sauber e Firman lascia la F1, al loro posto arrivano Nick Heidfeld (che tenne la Jordan come ultima scelta) e l’ultimo pay driver italiano arrivato in F1 troppo presto rispetto a quello che avrebbe meritato: Giorgio Pantano. 5 punti frutto di due settimi posti (uno di Glock che sostituì per 2 gare Pantano) e un’ottavo sono il magro bottino della stagione.Il 2005 è l’ultimo anno della Jordan con la coppia Monteiro Karthikeyan e il podio del portoghese nel patetico Gp degli Usa a Indinapolis. I soldi sono ormai agli sgoccioli e i fumanti V10 Toyota non fanno altro che assecondare una EJ15 poco prestazionale.
A inizio 2005, Eddie Jordan cedette tutto al gruppo Midland e il nome di Jordan rimase al team solo per una questione di compensi dai diritti televisivi. Nel 2006 la Jordan sparì definitivamente dalla Formula 1 e con lei se ne andò un team che ha sfiorato l’olimpo dei vincenti e se non avesse patito i favoritismi di un motorista, magari, ci sarebbe anche entrata. La Jordan ha costruito monoposto che hanno rappresentato la fine degli anni 90 in F1 pur non vincendo mai un mondiale. Come le Cooper degli anni 50 o le Tyrrell P34 degli anni 70, la Jordan si è distinta da tutti per l’originalità delle sue carene. Originalità: ingrediente che oggi in F1 manca come il pane.