F1 | Stewards e commissari di percorso: Gli eroi nascosti

Alessandria, 12 giugno 2013 – La tragedia di domenica di Montreal dove ha perso la vita un giovane commissario di percorso intento a spostare la Sauber di Gutierrez incidentata, ha riportato i riflettori sul lavoro dello steward o commissario di percorso e sulla storia in tema di sicurezza che questa figura, fondamentale per lo svolgimento di un gran premio di F1 , rappresenta.

Ne è passata di strada da quando Roger Williamson perse la vita a Zandvoort nel 1973 nel rogo della sua March capovolta con i commissari incopetenti e mal attrezzati che guardavano e basta, (citazione d’obbligo a David Purley compagno di marca ma non di scuderia che si fermò per tentare di salvare il giovane inglese) o l’assurda tragedia di Tom Pryce (che tra l’altro oggi avrebbe compiuto 64 anni) che investì e uccise un commissario di percorso improvvisato come Jans Van Vuuren, studente olandese di 19 anni che mica lo sapeva che il vecchio Kyalami aveva un rettilineo da 300km/h fatto di sali scendi e avvallamenti.

I commissari di percorso si sono evoluti, si è arrivati a raggiungere livelli di sicurezza elevatissimi, tanto che in Italia sul tracciato di Monza e Imola c’era (e c’è tutt’ora) una squadra di specialisti che quasi salvò Petterson nel rogo della sua Lotus al via del Gran Premio di Monza del 1978 e permise a Gerhard Berger di poter fare il gallo con le infermiere dell’ospedale Maggiore di Bologna, dopo il suo “crash” più rogo al Tamburello a Imola nel 1989.

Eroi nascosti che, non solo come a Montreal pochi giorni fa, ma anche a Monza nel 2000 con il povero Paolo Gislimberti o a Merlbourne nel 2001 con Graham Beveridge, mettono in gioco la cosa più importante che hanno, la vita, per il bene del pilota incidentato, senza pensarci un attimo e anche al minimo “busso” contro delle protezioni, si avvicinano all’abitacolo incuranti del pericolo.Corrono sempre in ogni situazione e col loro pollicione avvolto in un guanto ignifugo giallo e vestiti di arancione chiedono al pilota: “tutto ok?” e si adoperano subito facendo sparire la macchina danneggiate e ripulendo la pista.

Se ne è fatta di strada anche qui nella sicurezza, come detto, non sono più volontari occasionali ma gente preparata che fa tutto ciò in modo assolutamente  professionale e sono sempre più attrezzati del migliore equipaggiamento. Passi da gigante sono poi stati fatti inserendo all’interno dell’abitacolo e delle zone più a “rischio fiamma” estintori dedicati e montando lacci in kevlar alle ruote per evitare ripetersi delle tragedie di Monza o Melbourne.

Diciamolo in tutta franchezza che delle volte si esagera buttando in pista la Safety Car per la minima bandella di carbonio posta nell’angolo dove tanto nessuno passerà mai, ma forse è meglio aspettare 3 o 4 soporiferi giri in regime di safety car piuttosto che vedere la vita di un uomo a rischio, no?