In F1 a tener banco nel dibattito dentro e fuori il paddock, è come sempre la FIA. In particolare la reale necessità, o per meglio dire, opportunità di modificare il regolamento a stagione in corso. È avvenuto per il GP della Spagna, con la DT contro le ali eccessivamente flessibili, ed è avvenuto anche in Canada con la DT sulla rigidità del fondo delle vetture. Nulla di nuovo. La FIA da diversi anni interviene a mondiale in corso, con nuove regole che fanno la fortuna di alcuni e la sfortuna di altri.
Le regole sono necessarie, soprattutto in uno sport così elaborato, che non si fonda solamente su singole prestazioni fisiche. Ma non è accettabile che si cambino le regole a campionato in corso. Se vogliamo risalire al problema reale e profondo che affligge questo sport da diversi anni, dobbiamo sempre guardare alle regole. Il numero di articoli che compongono i regolamenti tecnici è aumentato in modo a dir poco spropositato, restringendo sempre di più la libertà di ingegneri e piloti. Questo è quanto ha detto ai microfoni di Pit Talk l’ex ingegnere in F1 Giorgio Stirano:

“Il problema è la filosofia del regolamento. Più il regolamento è restrittivo, peggio è. Non puoi sempre inseguire l’evoluzione tecnica, perché l’evoluzione tecnica si chiama così perché sono lì tutti per andare il più forte possibile. Per assurdo, Colin Chapman non avrebbe potuto inventare la Wing Car se fosse stato molto restrittivo il regolamento. Poi, infatti, gliela hanno fatta togliere. La strada potrebbe essere quella di tentare la semplificazione, perché invece oggi siamo sempre più restrittivi ed è sempre più difficile contenere quelli che sono poi i buchi e i buchini potenziali del regolamento. Riuscire a dare un po’ di respiro ci farebbe anche più, diciamo, evoluzione, invenzione. Si premierebbe anche la fantasia, cosa che oggi è più difficile“.
La libertà è quella cosa che permette di pensare, d’innovare, d’inventare e scoprire cose del tutto nuove. Un tempo, in un singolo GP era possibile vedere sfidarsi delle monoposto del tutto diverse tra di loro. Come se appartenessero ad ere differenti. In F1 si poteva vedere la Brabham con la grande ventola posteriore, oppure la Tyrrel a sei ruote tanto per fare due esempi.

Erano auto frutto di progetti completamente differenti. Innovativi. Quasi paradossali. Auto diverse che correvano insieme. Vinceva chi aveva ideato la macchina migliore. Era questa diversità a garantire lo spettacolo in pista. Come ha sottolineato Giorgio Stirano ai nostri microfoni:
“Facevano discutere, ma facevano comunque avanzare da un punto di vista tecnologico. Adesso hai un modello, quello è, le macchine sono tutte uguali perché se non fai quella versione di PU, dell’aerodinamica, la vettura non va da nessuna parte. Abbiamo visto la Ferrari quando uscì con due cassoni laterali, oppure la Mercedes che non aveva i cassoni laterali, non andava neanche a spingerle.”

“Quindi voleva dire che c’è una sola soluzione, che è un po’ limitativo dal punto di vista tecnico. Quello che ha trovato la strada vince, per carità. Chapeau. Però se ci fosse un minimo di elasticità, forse, vedremo qualcosa di più. Anche perché prima uno guardava la macchina e riusciva già anche un po’ a capire come andava la macchina. Adesso le guardi, sono tutte uguali. Non è che riesci a farti un’idea. E se non sono uguali, capisci che non vanno“.
Insomma, è necessario che chi scrive i regolamenti alla FIA, sotto l’occhio attento della F1, incominci a interrogarsi. Lo spettacolo in pista lo si crea non uniformando tutte le vetture, impedendo agli ingegneri di pensare e di innovare. Ma bensì semplificando, dando un foglio bianco sul quale ogni scuderia possa progettare la propria idea di monoposto di F1.
Federico Barbara