In F1 nell’attesa che torni a parlare la pista con il GP del Canada, tutti i giornali e anche le TV hanno parlato dell’esclusione del circuito di Imola dal calendario della F1 2026. Nulla di inaspettato. Come mai, piuttosto che provare, in modo vano, a mantenere il circuito emiliano stabilmente in calendario, non si è pensato ad un possibile accordo con altri? Una rotazione con due, tre tracciati diversi, in modo da garantire a tutti un posto in F1, riducendo anche i costi che ogni singolo ente organizzatore deve affrontare. Era un’idea, plausibile, ma irrealizzabile.
Il motivo? Semplice. L’Italia è stata unificata, territorialmente, secoli addietro, ma ancora è come se ognuno vivesse nel proprio staterello feudale. Noi sull’argomento abbiamo chiesto un parere a Umberto Selvatico Estense, che ai microfoni di Pit Talk ha detto:

“Questo è un Paese che, se posso descriverne una caratteristica peculiare, è un po’ ancora medievale, nel senso che ha delle fazioni che lavorano l’una contro l’altra e viviamo ancora un po’ arroccati, ognuno all’interno delle proprie corti. In effetti all’estero sembrerebbe che magari siano più disponibili al compromesso, parlo di Belgio-Olanda in cui si parla di alternanze, parlo di altre soluzioni che potrebbero essere state discusse anche su Imola e Monza. In realtà questo non è mai avvenuto nella realtà dei fatti; ci sono state sgomitate, calci agli stinchi e chi più ne ha più ne metta, al di là dei bei sorrisi di facciata”.
Così, mentre Olanda e Belgio si organizzano per assicurarsi, ancora per molto tempo, un GP di F1, anche se in alternanza tra di loro, in Italia si è deciso di salvare Monza. Attenzione, sarebbe “giusto” neanche pensare a poter costruire un calendario sportivo senza quei circuiti che hanno fatto la storia di questo sport. Spa, Monaco, Monza… Ma la realtà cambia. Lo spazio si restringe sempre di più. Gli USA hanno già tre GP all’anno, la Spagna dalla prossima stagione ne avrà due (Madrid in attesa della conferma da parte della FIA), e in Africa sono almeno due gli Stati che mirano ad ospitare la massima serie automobilistica.
Questa voglia sempre maggiore di ogni Stato d’avere un proprio GP, porterà ad un aumento del prezzo da pagare a Liberty Media. Dunque, in mancanza di un accordo interno, tra più circuiti di uno stesso Stato, o di un accordo con circuiti di altri Stati, l’Italia rischia di fare la fine della Francia. Dire addio alla F1. A giocare a nostro sfavore, è anche la debolezza, politica, sportiva, tecnica della Ferrari, e una voglia di rivincita degli anglosassoni nei nostri confronti. Come ha detto Umberto Selvatico Estense:

“Io mi ricordo che quando il patron della F1 parlava della Ferrari, ne parlava come di un elemento insostituibile per il risultato, diciamo così, dello spettacolo. Nel senso, senza Ferrari non c’era la F1. Poi effettivamente sono cambiati tanti equilibri all’interno di questo mondo e forse oggi si vive un po’ di “revenge” nei confronti di questo dominio che per anni aveva avuto come epicentro Maranello e comunque l’Emilia-Romagna, e tutto quello che in qualche modo il Commendatore Ferrari diceva doveva esser fatto”.
Imola è un esempio plastico della forza politica, e del ruolo di prestigio, che un tempo la Ferrari ricopriva in questo sport.

“Il Drake ha detto: “Io voglio un circuito così, così e così, che abbia queste caratteristiche” e sono andati a correre lì. E quindi oggi, effettivamente, che è cambiato tutto questo mondo, sono cambiati i pesi. Oggi la presenza di Liberty Media, che è un’espressione americana di questo mondo economico, ha spostato verso un’organizzazione un po’ diversa il mondo della Formula 1“.
Tornare indietro è impossibile, e le speranze che la Ferrari possa riacquistare quella influenza sui proprietari del circus sono alquanto vane. Godiamoci il GP di Monza fino al 2031, iniziando però a pensare fin da ora di dover trovare un compromesso con noi stessi o con altri, se vogliamo mantenere, anche in alternanza, la F1 sul suolo Italiano.
Federico Barbara