Seconda parte dell’intervento a Pit Talk di Stefano Pavan, ingegnere di pista Brembo.
Sviluppare al tempo del Budget Cap
E qui si va a parlare del “convitato di pietra” del Campionato del Mondo di F1, il Budget Cap.
Come scritto sopra, Stefano Pavan ci ha spiegato che sviluppare un prodotto che si usura meno, quindi utilizzabile per più volte in pista, porta di conseguenza un minore costo da affrontare per i team, questione ferrea del 2022.
Ricollegandoci al discorso delle modifiche in corso d’opera, nella nostra discussione l’ingegnere Brembo chiarisce che è molto difficile, per una scuderia di F1, cambiare totalmente direzione durante il campionato su progetti importanti come il design della pinza.
Una modifica del genere sposterebbe completamente l’allocazione del Budget Cap, obbligando la scuderia di F1 a scendere a compromessi sullo sviluppo di altre parti della vettura; da qui l’accento sull’importanza del co-design iniziale tra Brembo e i team clienti.
Quanto dura un freno da F1
Dopo un Gran Premio di F1, in che condizione trovate pastiglie e dischi? Alcune componenti vengono riutilizzate?
P: “Generalmente il carbonio (come detto sopra, il termine con cui gli ingegneri indicano pastiglie e dischi, n.d.r.) fa un weekend completo, solitamente montando un carbonio nuovo dalle Prove Libere 3, per poi utilizzarlo sino alle Prove Libere 2 del weekend successivo. A fine gara non si butta via nulla, a differenza degli anni precedenti dove di faceva un uso più massiccio di tutta la componentistica.”
È chiaro che quado si parla di carbonio, si parla dei componenti più esposti all’usura; non è lo stesso per le restanti componenti. Nello specifico, la vita utile di una pinza si assesta tra i diecimila e i quindicimila chilometri.
La tecnica ed i tempi di progettazione
Scendiamo quindi ancora più nel tecnico, chiedendo al nostro ospite se i dati necessari allo sviluppo arrivano da test effettuati da Brembo oppure da quanto fornito dalle scuderie.
È interessante la risposta di Stefano sugli step di progettazione, un percorso che solitamente comincia a giugno e si protrae fino a settembre/ottobre.
Nella prima parte si lavora in tandem con i clienti per arrivare ai loro valori previsti di coppie frenanti e pressioni.
La parte successiva di sviluppo è prettamente al CAD con l’ausilio di strumenti di simulazione FEM, acronimo di Finite Element Method, una tecnica di simulazione al computer utilizzata in vari ambiti dell’ingegneria e che permette di calcolare il comportamento strutturale di un sistema.
Si passa così alla produzione dei componenti. Questa parte dura generalmente alcuni mesi, con i primi pezzi pronti intorno al gennaio successivo all’anno di progettazione. I pezzi vengono successivamente testati sui banchi prova sia statici che dinamici di Brembo, prima di essere validati all’utilizzo.
Da qui in poi si passa allo sviluppo già trattato in precedenza, dove i contatti con i team di F1 sono giornalieri durante tutto l’anno per rispondere alle esigenze di customizzazione delle scuderie.
Un’eccellenza italiana
Chiudiamo questa intervista “2 in 1” con una certezza: il continuo sviluppo dato dalla decennale esperienza di Brembo in F1 ha dato i suoi frutti.
Le nuove auto “effetto suolo” sono riuscite a scendere in pista già dai test invernali di Barcellona senza problemi di sicurezza in frenata, nonostante le sostanziali modifiche tecniche al regolamento.
Un risultato del genere è figlio di investimenti continui da parte di Brembo e delle scuderie di F1; investimenti messi a rischio dal famigerato Budget Cap, un regolamento più finanziario che sportivo, tanto stringente quanto poco lungimirante.
E nella insicurezza generale lasciata da questa regolamentazione, ci rimane la certezza e l’orgoglio di avere, in quel di Bergamo, l’industria di componenti frenanti più importante del mondo.