Chi scrive era convinto che dopo Melbourne la Ferrari F1-75 fosse la macchina da battere. E fino a prima della pausa estiva, quindi a metà dopo oltre la metà del campionato F1 2022 andato in archivio, lo era ancora. Da Spa qualcosa è cambiato e Red Bull è sembrata – forse per la prima volta in stagione – davvero di un altro pianeta.
La Ferrari sembra(va) davvero in grado di combattere per il vertice ad ogni (o quasi) appuntamento iridato. Sono stati davvero pochi gli eventi in cui la Rossa ha sembrato faticare e non essere in grado di impensierire Red Bull per la conquista della vittoria di tappa.
Basta questo per vincere il mondiale? No, certo che no. E su questo Mattia Binotto c’aveva visto giusto. Una cosa è essere competitivi e lottare per le vittorie e una cosa è essere davvero credibili avversari per la conquista dell’iride. Era questo il leitmotive costante delle sue dichiarazioni verso i giornalisti.
La Ferrari è tutt’altro che pronta per l’obiettivo massimo. Ad oggi, anche alla luce del doppio fattaccio di Spa (uno in qualifica e l’altro in gara) e la goliardica situazione di Zandvoort (la gomma che mancava stile Irvine 1999) questo ce lo possiamo dire senza che nessuno (si spera!) venga a storcere il naso o criticare questa asserzione. La F1-75 è forse una vettura mediamente competitiva ma forse non è mai stata in grado di conquistare il titolo mondiale.
I problemi che hanno afflitto la Ferrari sono stati molteplici. Ed è un peccato perché agli occhi di qualcuno forse poco attento potrà sembrare che di velocità non ce ne sia (o ce n’era). E invece le cose stanno forse in una maniera un tantino diversa.
I problemi, scrivevamo, possono essere identificati in tre macro-aree: affidabilità, strategie, comunicazione. Tre settori di interesse completamente differenti e apparentemente slegati tra loro ma che “operando” insieme producono il disastroso risultato di un -98 punti di gap in classifica piloti (a proposito, speriamo che non si offenda nessuno se scegliamo Charles Leclerc come riferimento del team Ferrari in classifica piloti, ma i motivi non li spiegheremo certo qui [anche se sono già ben noti ai più]).
Ma come risolvere le problematiche? Ci deve essere per forza la testa di Mattia Binotto che deve saltare per arrivare all’uscita del tunnel? Vogliamo per forza arrivare a traslare discorsi di mero stampo calcistico anche alle dinamiche di un team di F1 e nella fattispecie in quello tra tutti più difficile da gestire? Secondo chi scrive, NO!
La Ferrari ha un’organigramma definito. Da Sergio Marchionne in poi la gestione di questo organigramma è cambiata radicalmente (ricordate la famosa “matrice” o disposizione orizzontale dove non c’erano responsabili?) e ora ogni area ha un suo leader con delle specifiche competenze. Tutti i vari leader delle aree progettuali ne rispondono a Binotto, responsabile GeS. Perché questa precisazione? Analizziamo un attimo i vari fattori:
Affidabilità – Ora, è ovvio che il problema questo deve essere risolto con interventi tecnici mirati dei responsabili di competenza. Da qui non si scappa. Certo, meglio avere una macchina veloce ma poco affidabile piuttosto che una lenta che non si rompe mai. Questi problemi sono risolvibili ma gli effetti del lavoro – si spera – si vedranno solo l’anno prossimo. E Binotto, delle persone che operano in questo ambito, ne è diretto responsabile.
Strategie – Leclerc e Sainz (ma soprattutto il monegasco) hanno perso punti per strategia strambe, a volte folli, altre volte al limite dell’umana comprensione. Innumerevoli quest’anno gli episodi di vittorie (si, vittorie!) perse a causa di scellerate scelte dal muretto (Montecarlo e Silverstone su tutte). Ma anche per errori additabili a mera superficialità (giusto per usare termini gentili), vedasi l’episodio di Zadvoort nel quale il meccanico della posteriore sinistra era andato a farsi un giro (insieme alla gomma) in qualche altra zona della piazzola box. In questo ambito i responsabili rispondono ai nomi di Inaki Rueda (storico – e non per meriti – responsabile delle strategie Ferrari)
Comunicazione: qui purtroppo altri responsabili oltre allo stesso Mattia Binotto non ce ne sono. Il nr. 1 della GeS ci ha abituati a due anni di altalene, due anni in cui si sono rincorsi i vari “Il 2022 è l’anno buono”, “Ci stiamo concentrando sul 2022!” alternati agli opposti “Non puntiamo al titolo!” e “Vogliamo essere competitivi!”. Nel mezzo i vari “Possiamo dire ancora la nostra!” e “Non è colpa dei ragazzi al muretto box ma sono della macchina!”. Con quest’ultima affermazione, in particolare, estremamente grave perchè detta in un contesto (Ungheria) dove Charles Leclerc con due mescole su tre volava in pista e lottava tranquillamente per la vittoria. Insomma un mix di montagne russe che alimentavano entusiasmo (da due anni a questa parte) e buttavano acqua sul fuoco allo stesso tempo. Una caciara inutile, una caciara non da Ferrari. Quando la comunicazione a cavallo degli eventi di gara è stata affidata a Laurent Mekies abbiamo ascoltato dichiarazioni nettamente più equilibrate e razionali. Si rifletta su questo, nel 2022 la comunicazione non è importante. Di più!
Bonus track? La competitività e il silenzio della dirigenza. La prima è stata dalla parte di Ferrari fino a prima della pausa estiva. Solo il tempo ci dirà se la direttiva tecnica FIA nr. 039 abbia spezzato le gambe alla Ferrari oppure no (non è argomento di questo articolo) ma diceva Agatha Christie che tre indizi facevano una prova. Due li abbiamo già avuto, il terzo è dietro l’angolo.
Del silenzio della dirigenza invece cosa vogliamo dire più? Sono mesi che invochiamo una parola di John Elkann a riguardo dell’attuale organigramma GeS o più in generale di un qualcosa che ci faccia capire come è visto e come sarà l’andazzo del programma F1 della Ferrari. Tutto inutile. E’ più di un anno che non parla. E il nuovo (non tanto più nuovo, è quasi un anno ormai!) arrivato Vigna nel ruolo di AD? Chissà… Ad oggi risulta ancora non pervenuto, a meno che non stia navigando nell’ombra, lontano dai clamori, come ci auguriamo. Ma se cosi fosse, ad oggi serve un segnale magari anche da lui.
E intanto arriva Monza, dove non basterà una dipingere di giallo le tute, i camion e la livrea per salvare una stagione.