Ferrari: i muscoli ci sono ma manca il fiato

F1 – La débâcle Ferrari in quel di Baku non trova nessun appello. Non ci sono linee toccate ma non oltrepassate come strumento di distrazione di massa da dare in pasto ai tifosi questa volta. La fotografia che ne è uscita ieri è chiara: la Ferrari c’è ma il fiato è corto.

La ricetta per il mondiale ci sarebbe, o quasi. Ci sono le prestazioni, c’è la bassissima fallibilità di un pilota praticamente pronto per un titolo che meriterebbe di potersi giocare fino alla fine.

It ain’t over till it’s over. Appunto, non è finita. Campionati così lunghi hanno almeno il vantaggio di dare tempo, quel tempo che sarà inevitabilmente necessario per analizzare e capire (scusate ma oggi sono in vena di citazioni).

Sia chiaro. A febbraio scorso, chi doveva sapere, già sapeva di trovarsi dinanzi a un bivio tra affidabilità e potenza. Scegliendo la seconda, le aspettative erano quelle di gestire qualche sostituzione preventiva in più al costo di posizioni di penalità in griglia, non certo di raccogliere ritiri in gara. Dopotutto, perché fare il contrario alla vigilia di un congelamento delle Power Unit fino al 2025, con l’unica deroga possibile ad eventuali modifiche per scopi proprio di affidabilità?

Chi ricorda la difficile estate di ventidue anni fa (ottimo avvio di stagione, crisi di risultati in estate e rimonta sul finale), ha però ancora nelle orecchie il Nessun Dorma che l’allora tenore vestito di rosso interpretò quell’alba d’autunno dopo ventuno anni di silenzio. Quindi, It ain’t over till it’s over.

Le preoccupazioni vere, oggi, sarebbero altrove. L’emotività collettiva della squadra è evidentemente non del tutto sotto controllo.

Lo si vede nelle scelte di assetto, lo si vede nelle reazioni o mancate reazioni strategiche. Al sabato si persevera ad assecondare i piloti con assetti prevalentemente orientati al giro secco e poco orientati alla conservazione delle delicate Pirelli che accompagnano il circus ormai da più di dieci anni. Lo si vede dalla poca lucidità e soprattutto poca autorevolezza nella gestione delle chiamate ai box come accaduto a Monaco.

E lo si è visto anche a Baku con la chiamata azzardata, una reazione quasi isterica, dopo la figuraccia del GP precedente, in regime di Virtual Safety Car con ancora 40 giri da percorrere. Certo, il ritiro ci ha negato la possibilità di scoprire se quella fosse la mossa vincente, ma a meno che la Ferrari non sapesse già che sarebbe poi uscita una seconda VSC, siamo proprio così certi che Leclerc avrebbe potuto gestire per quaranta giri i circa dieci secondi conquistati col pit anticipato? Col degrado che aveva già manifestato nel primo stint di gara?

Non vorremmo che questa si trasformi nell’ennesima applicazione del già sopra citato strumento di distrazione di massa, quella di portare ancora una volta l’attenzione su un dettaglio non dimostrabile né confutabile, sicuramente al momento inutile, ma indispensabile contentino per gli amanti dei se e dei ma.

Ma proprio al netto dei se e dei ma, la fotografia sembra essere abbastanza chiara. Dopo due anni di ritiro spirituale alla ricerca della propria identità vincente perduta, mancano all’appello ancora affidabilità e soprattutto, sembra mancare ancora la mentalità vincente. Quella mentalità che un tempo si percepiva incrociando gli sguardi nei momenti buoni e in quelli meno. Ecco, quando rivedremo quegli sguardi e ascolteremo meno dichiarazioni in stile “Conte Mascetti”,  vorrà dire che, come si usa dire nel gergo degli sport di resistenza atletica, si sarà finalmente… spezzato il fiato.