F1 | Schumacher, la gloria e l’oblio

Il 3 gennaio, il giorno del compleanno di Schumacher, è una data che i tifosi ferraristi non dimenticano.

Non staremo a ripercorrere le tappe della sua carriera, in queste poche righe vogliamo celebrare il campione, ma anche capire quanto la sua classe sia stata immensa o favorita da un periodo in cui, in F1, non c’erano piloti di spicco.

Quando nel 1994 la formula uno rimase orfana di Senna, l’ambiente cominciò a interrogarsi sulla necessità di riempire il vuoto lasciato dalla prematura scomparsa del pilota brasiliano e dalla mancanza della Ferrari al vertice. Chi meglio del tedesco poteva ricoprire quel ruolo?

Fino a quel momento era stato l’unico a mettere in seria difficolta’ o’Rey e ciò lo portarono a diventare la nuova stella della Formula 1. Gare come Spa 95, dove partendo dalla sedicesima posizione, e riuscendo a umiliare Hill sotto la pioggia con pneumatici d’asciutto, contribuirono ad aprirgli le porte del regno dei motori.

Fu grazie alle insistenze di Todt, ma anche, se non soprattutto ai miliardi di Agnelli, che il tedesco arrivò a Maranello dove trovò un ambiente ricco di storia, tradizione ma povero di progetti. Motivato dall’essere in sella alla squadra più famosa al mondo, cominciò a prodigarsi in test estenuanti che portarono il cavallino a recitare nuovamente un ruolo da protagonista in F1. La prima vittoria in Spagna fu una liberazione per tutti, ma anche l’urlo di battaglia di un cavaliere che finalmente era riuscito a domare il proprio destriero. Da quel giorno la Ferrari con Schumacher alla guida non mancò mai di essere protagonista nel mondiale di F1 seppur con dei finali che hanno fatto spesso discutere sulla sua tenuta psicologica e la sua correttezza in pista. Il più’ eclatante fu durante il GP d’Europa del 1997 quando, con un mondiale che gli stava sfuggendo, speronò  disperatamente la Williams di Villeneuve, suo rivale nella corsa al titolo, col risultato di finire fuori pista e regalare il titolo al canadese e a Frank Williams. I ben pensanti gridarono allo scandalo, forse dimenticato i duelli rusticani degli anni precedenti, e decisero di punire il tedesco togliendolo dalla classifica finale piloti.

Amareggiato ma mai domo, l’anno dopo si riporta in zona titolo, dimostrando di essere l’unica alternativa a un mondiale dominato dalla McLaren Mercedes e da Hakkinen. Il vero avversario del tedesco forse era proprio il suo carattere  spesso precipitoso, come a Spa, quando cadde nel tranello innescato da Coulthard, o come a Suzuka quando fece spegnere la macchina in pole affogando ogni speranza di vittoria in una impossibile teoria di sorpassi fermata dallo scoppio di una gomma ormai logora.

Si dimostrò sempre più’ uomo squadra quando nel 99, nonostante un incidente che ne minò la corsa al titolo e lo tenne fuori diversi mesi. Al suo rientro in Malesia si mise a disposizione della squadra tenendo vivo la speranza di Irvine di conquistare il titolo. Certo a Suzuka c’è chi racconta che nonostante la pole non fece nulla per fermare la McLaren di Hakkinen, e favorire il compagno, ma queste sono illazioni  create ad arte per minarne l’immagine che a quei tempi non godeva di grande simpatia.

L’ingresso negli anni 2000 lo vede mattatore al limite della noia. La superiorità’ dimostrata dal binomio Ferrari-Schumacher era tale che i mondiali diventarono una formalità.

Il cambio di regolamenti e l’affacciarsi di avversari nuovi, Alonso su tutti, ha reso la vita del tedesco difficile tanto da indurlo a cominciare di pensare al ritiro. Nel 2006 provò contrastare la marcia trionfale dello spagnolo e della sua Renault fino a Suzuka, quando forse un errore all’uscita dei box portò la sua monoposto a forzare troppo il propulsore andando in fumo insieme ai sogni di vittoria.

Dopo la grade gara di Interlagos, il tedesco abbandonò, stanco di essere messo sempre in discussione, conscio di non avere più le energie mentali per contrastare il nuovo che avanzava. Il vuoto lasciato in F1 è enorme e non potrebbe essere diversamente, comunque, anche se in assenza di veri avversari, Schumacher ha caratterizzato gli anni della sua permanenza nella massima formula con prestazioni eccezionali rese ancora più roboanti dalla pochezza dei mezzi che si è trovato a guidare.

La nota stonata della sua grande carriera, e’ stato il ritorno con la Mercedes, in una Formula 1 troppo diversa dalla sua e con un fisico non più roccioso come ai tempi d’oro. I due anni alla guida della stella d’argento sono stati un pianto che un campione della sua classe poteva e doveva risparmiarsi.

L’epilogo della sua storia e’ nell’incidente sulle nevi, che facendolo piombare nell’oblio del silenzio, ci ha privato dei suoi commenti e della sua presenza preziosa in una Formula 1 nuova che lo avrebbe visto in prima fila a spiegarci le prestazioni di Hamilton e probabilmente ci avrebbe fatto amare questo sport ormai tanto lontano dal suo pubblico