Il calendario di F1 tra palme, sabbia, olio e… piadine

Causa pandemia mondiale, negli ultimi due il calendario di F1 è cambiato notevolmente rispetto a quelli che erano i piani iniziali. Da Jeddah all’ultima novità di Doha passando per Miami e… Imola!

 

di Francesco Svelto |

 

Mai come gli ultimi due anni il calendario del Campionato di F1 è stato più stravolto rispetto ai piani delle vigilie. Per dei motivi assolutamente tristi, che tutti conosciamo e che hanno scosso l’umanità intera dalle fondamenta, anche il mondo del motorsport ha dovuto adattarsi per continuare a sopravvivere ad una crisi globale e regalare spettacolo nonostante tutto, tra problematiche sanitarie, organizzative e ripetute defezioni.

La notizia dell’approdo del circuito di Losail, poco fuori Doha, è di qualche giorno fa. L’appuntamento in Qatar – il cui accordo dura per 10 anni (dal 2023, non dal prossimo causa mondiali di calcio) – porta da due a quattro (ricordiamo l’annuncio di Jeddah qualche mese fa) gli eventi che si svolgono nella penisola araba o a ridosso di essa.

Niente male (per loro, certamente!) se consideriamo che solo nel 2008 certi pubblici manco sapevano la F1 cosa fosse mentre oggi si ritrovano addirittura un quadrilatero di location in calendario. Ma questa è un’altra storia. E come in (quasi) tutte le storie, la trama principale la scrive il denaro. C’è poco da fare. Losail, quindi, l’ennesima cattedrale in un deserto di sabbia (e di cultura motoristica).  

Ma al di la della sabbia, spostiamoci sull’olio. O meglio su quella sostanza oleosa simil bitume sprigionata dall’asfalto quando fa molto caldo o quando viene messo in opera. Perché citiamo questo aspetto? Perché domenica prossima si corre in Turchia. E se ricordate le circostanze con cui il circuito di Istanbul (a parer nostro tra i più tecnici e interessanti del calendario) è stato inserito in calendario l’anno scorso, viene da sorridere.

Pescato quasi come il coniglio dal cilindro da Liberty Media per sostituire una delle tante defezioni del 2020, l’Istanbul Park ne ha passate di cotte e di crude prima di tornare a veder sfrecciare i bolidi della F1. Dal divenire area di immenso parcheggio fino al bitume, appunto, dello scorso anno. La posa dell’asfalto su tutta la lunghezza del tracciato venne completata pochi giorni prima dell’ingresso delle monoposto di F1 nel venerdì delle prove libere.

Durante il weekend poi il meteo fu tutt’altro che clemente (ricordate la pole di Stroll al sabato sotto il diluvio?) e dal manto stradale venne cosi fuori quella sostanza oleosa che mista con l’acqua rese tutto un caos. Non furono ore facili quelle tra il sabato e la domenica, gli organizzatori lavorarono alacremente per cercare di risolvere il problema nella miglior maniera e la disputa della corsa fu tutt’altro che certa.  Alla fine andò tutto bene e quest’anno anche l’Istanbul Park è tornato nel calendario (o meglio era tornato, poi soppresso e poi ri-schedulato in nuova data). Da capire, però, fino a quando. 

Chi, come Doha, ha assicuro il posto almeno per qualche annetto, invece, è certamente Miami. Di palme attorno all’Hard Rock Stadium – dove nasce il circuito – effettivamente non ce ne sono tante ma il tracciato ha qualche punto interessante che le nuove F1 del 2022 potrebbero sfruttare a dovere. E l’ambientazione a contorno, tra spettacoli e location, sarà certamente di prim’ordine. Del resto gli americani su certi aspetti hanno di che insegnare a tutti. 

 

Ma è impossibile non gioire per il ritorno in pianta stabile di Imola. Perché è di casa nostra, perché è un circuito che ha fatto la storia della F1, perché il circus ha bisogno di stare attaccato alle proprie origini ed alle proprie tradizioni. E cosi, tra le casette e i prati delle colline accanto alla Tosa e le piadine e il lambrusco più gustosi del pianeta, almeno ritorneremo a gioire di motori in Romagna fino al 2025.

Sperando che la massima categoria del motorsport possa, a valle di questi stravolgimenti, mantenere la sua dimensione di interesse globale e issarsi nuovamente nelle preferenze dei fans senza mai dimenticare i posti da cui viene e che l’hanno resa grande. 

 

Francesco Svelto