F1 | Lance Stroll, l’ombra del campione

Un ritratto di Lance Stroll e dei suoi progessi in F1 alla vigilia di quello che è un appuntamento – Monaco – per lui storicamente non favorevole. 

 

| a cura di Leonardo Serra

Lance Stroll e le “maledizioni”, per lui negli ultimi anni sono molte. Si tratta forse di un accanimento avuto sulla carriera del giovane canadese dal momento che è approdato in F1 e che grazie al padre Lawrence (imprenditore di successo) dal 2019 fa parte del mondo Aston Martin e della scuderia creata da quest’ultimo.

La volontà oltre il fattore economico. Agli inizi in molti non credevano che Lance meritasse un posto in F1, visti i problemi avuti a inizio stagione e la poca esperienza avuta in un passato recente “rubando” il posto a chi l’avrebbe meritato veramente ma a volte le voci sono quelle che ci tradiscono. I giornali erano molto critici e arrivati al punto di scrivere e fomentare un flusso negativo per i social attorno al pilota e alla persona, mettendolo alle corde e non dandogli la possibilità di espressione. E questa è una delle poche cose che al giorno d’oggi non è da barattare con secondi fini ma solo da guadagnare a fatti.

Il cambiamento e l’apprendimento. Tutti ricordano quel terzo posto al GP di Baku del 2017 dove all’epoca il compagno di marca era Felipe Massa. Si ricorda quell’evento non con gioia ma con affermazioni non gradevoli in riferimento al pilota, non entrando nella sua figura e analizzando la gara ma solo legandoli ai fatti accaduti grazie al papà.


Ma analizziamo nel dettaglio insieme quel week end del giovane Canadese – Classe 98 – partendo dal venerdì dove il passo dimostrato sembrava potesse favorire le Williams e far ritrovare fiducia nei mezzi. La FW40 sembra comportarsi bene e, così stampa un tempo a mezzo secondo dalla terza fila battendo il suo compagno di squadra per 45 millesimi e trovando per la prima volta confidenza con l’abitacolo agguantando un ottavo posto in qualifica.


In gara la storia parla da se. Gli screzi tra Vettel e Hamilton lo porteranno sul podio, dimostrando di poter essere della partita divertendosi e facendo divertire ma quel risultato sarà categorizzato come “solo fortuna”.

I risultati non dimostrano il pilota, le alchimie avute con Massa si può dire che non abbiano aiutato nello sviluppo del pilota ma se non a destabilizzarlo e disorientarlo quanto nel trovare una giusta via di sviluppo. Si lega troppo il pilota ai risultati ma non al progresso che si pensa egli possa avere di li a poco. 

 

Se ci riflettiamo, Stroll è arrivato in F1 a 17 anni e senza una esperienza che lo potesse vedere protagonista ne tantomeno con una macchina competitiva. I risultati hanno stabilito che il giovane 98 non potesse essere della partita in F1 e che quello non era il suo posto, alzando critiche al punto nei farlo divenire celebre solo per i fatti passati e non per la costanza.

L’anno della crescita è il 2020, quando in piena pandemia è riuscito a trovare un modello secondario: i simulatori e la rivalsa. Lance non è un brand e non è un’etichetta. Il fattore economico del padre si può dire abbia “bloccato” una crescita che poteva avvenire in modo genuino se solo fosse stato visto non come “banca” ma come pilota, non lasciando spazio a possibili rilanci.

Ma il 2020 gli ha sorriso e ci si riflette, Stroll è un pilota in crescita, forse discreto ancora acerbo in diverse manovre e a capire le gerarchie di squadra ma il cui potenziale non è da mettere in discussione. Oltre ai due podi e una posizione migliore in classifica, si è visto il margine che tutti aspettavamo.

E ora? Il 2021 lo sta vivendo al fianco di Vettel, uno dei piloti più vittoriosi della storia della F1. Sicuramente lo stimolo per continuare il trend del 2020 lo aiuterà a rendersi conto delle sue caratteristiche e del suo potenziale, vedendolo magari protagonista già dal GP di Montecarlo dove, negli anni a precedere, ha fatto sempre un po’ di fatica



In ultimo è opportuno riportare una dichiarazione di Toto Wolff a riguardo:


“Non credo che nessuno possa dire che Stroll non meriti di essere qui solo perché suo padre è un miliardario. Penso che soffra davvero per questo stigma e che non sia giusto. Non è responsabile del fatto che suo padre abbia successo. In realtà è impressionante che un ragazzo proveniente da quel background scelga uno degli sport più difficili al mondo. Onestamente, non è un tema di discussione per me”.


Umanità. La trasparenza di Toto e la schiettezza sono conosciute ma in poche parole ha descritto appieno un dipinto a metà opera che, pennellata dopo pennellata, si sta andando a formare e che è ben lungi dall’essere concluso.