I motori turbo ibridi, presenti in F1 dal 2014, rappresentano una soluzione di grande utilità e modernità afflitta, però, dai costi troppo elevati ed una precaria sostenibilità per la F1 odierna.
| a cura di Stefano Penner
Nel 2014 in Formula 1 è iniziata l’era dei motori turbo ibridi, progetto indovinato alla perfezione dalla squadra Mercedes diretta da Toto Wolf, team che sta dominando alla grande. Proprio quest’anno ha conquistato il settimo titolo costruttori consecutivo, assieme ai sette titoli piloti ottenuti con Lewis Hamilton e Nico Rosberg.
Come si può notare se una squadra lavora con metodo e professionalità, si possono ottenere risultati di prestigio. In particolare la Mercedes oltre ad avere un enorme budget a disposizione, lo ha saputo utilizzare al meglio, per sviluppare la tecnologia legata ai motori turbo ibridi, che vedremo applicata in un prossimo futuro alle auto stradali.
A causa del periodo molto difficile legato anche alla drammatica crisi economica globale e anche alla pandemia da Covid-19, bisogna però affrontare un discorso inerente alla gestione dei costi.
In questi ultimi due anni, i dirigenti della FIA diretti dal presidente Jean Todt assieme allo staff di LIBERTY MEDIA (società americana che detiene i diritti televisivi della Formula 1) diretta dal futuro ex presidente Chase Carey, stanno realizzando delle regole per l’abbassamento dei costi, tra cui nel 2021 verrà applicata la prima vera riforma economica, il famoso Budget cup.
Dobbiamo renderci conto che l’utilizzo dei motori turbo ibridi implica un enorme investimento di risorse economiche, essendo comunque una tecnologia utilissima per l’industria automotive del futuro. Proprio per i costi eccessivi, molti costruttori hanno rifiutato di proseguire l’avventura in Formula 1, come ad esempio la BMW, Toyota e infine Honda che lascerà a partire dal 2021 il circus iridato.
La Formula 1 non è la categoria adatta per lo sviluppo dei motori turbo ibridi. La categoria designata è il mondiale endurance (WEC), campionato dedicato alle gare di durata da un minimo di 6 ore a un massimo di 24 h, dove si contraddistingue la mitica 24h di Le Mans.
Anche nel campionato endurance sono presenti costi elevati, specialmente per progettare e sviluppare i prototipi di classe LMP1 e LMP2, praticamente sono delle Formula 1 carenate. Però la gestione delle risorse economiche è distribuita in modo totalmente diverso. Affrontiamo le principali differenze che distinguono i prototipi impegnati nel mondiale endurance e le monoposto di Formula 1.
Monoposto di Formula 1: vettura che ogni anno viene cambiata e durante il corso della stagione, dipendentemente dal budget della squadra, deve essere aggiornata di continuo in materia di aerodinamica, telaio, sospensioni, impianto frenante, motore e cambio, in maniera da non perdere terreno nei confronti degli avversari.
Proprio per questo motivo è presente un enorme investimento di capitale, se aggiungiamo lo sviluppo delle componenti dei motori ibridi MGU-H, MGU-K, turbocompressore, batterie, inverter e centralina ECU; le cifre sono destinate a salire ulteriormente.
Prototipi classe LMP1: categoria riservata principalmente alla sperimentazione delle nuove soluzioni tecniche. Questa tipologia di vetture cambia mediamente ogni tre anni e, anche in questo caso, le squadre investono parecchie risorse per avere continui aggiornamenti in ambito aerodinamico, telaistico e meccanico.
In questa situazione l’utilizzo delle ingenti somme di denaro, vengono distribuite in modo completamente diverso. Ovvero è più fattibile spendere enormi quantità di capitale per una vettura che si cambia ogni tre anni, di conseguenza è più gestibile lo sviluppo delle tecnologie dedicate ai motori ibridi o come dicono gli inglesi power unit.
Concludendo speriamo che il sostituto di Chasey Carey, Stefano Domenicali l’ex team principal della Ferrari, profondo conoscitore di tutte le problematiche del motorsport, proponga per la Formula 1 del futuro regolamenti più semplici e soprattutto con tanto buonsenso.