F1 | 27 rosso, il numero simbolo della leggenda Ferrari

E nel 1995 va in scena l’ultima stagione del 27 rosso, forse la più entusiasmante, ma certamente l’ultima prima della rivoluzione rossa targata Schumacher. Paolo Martinelli, infatti, segue la nascita e lo sviluppo del nuovo V10 mentre John Barnard firma l’ultima monoposto che ospiterà un V12, l’ultima appunto con il celebre 27 rosso affidata alle mani ormai esperte del francese. Il quale è noto per due vezzi: il rifiuto della frizione al volante, che non ha mai usato, e le mani posizionate alle 10:10, mentre tutti gli altri impugnano il volante alle 9:15.

La stagione sembra iniziare in sordina, ancora una volta dietro a Berger a Interlagos, ma già dall’Argentina  rientrata nel Circus, la musica cambia: Alesi dopo la bandiera rossa (a causa di un incidente che ricorda quello di Larini dell’anno prima ad Aida) arriva anche a comandare la gara prima della girandola dei pit-stop. Il francese ha una strategia diversa da tutti gli altri, assestati su tre soste, mentre lui su due.

Hill, infatti, si rivelerà più veloce del francese e riuscirà a tagliare il traguardo in testa. Dietro di loro Schumacher, mentre Berger è sesto e arriva così, subito, il sorpasso in classifica. Il duello interno tra i due ferraristi (ammesso che sia tale) prosegue a Imola, dove un errore ai box priva Berger di una vittoria praticamente certa dopo la superlativa qualifica (si ferma a 8 millesimi da Schumacher) e il ritiro del Kaiser; l’austriaco così finisce dietro ad Alesi, ancora una volta secondo alle spalle di Hill, nella grande festa ferrarista un anno dopo la tragedia di Senna.

Ma per la Ferrari numero 27 iniziano i guai: a Barcellona si ritira da secondo per l’esplosione del motore, a Montecarlo firma il giro record della gara e insegue Schumacher prima dello scontro con Martin Brundle, doppiato; ritiri che gli tolgono due probabili vittorie. Sembra di essere tornati ancora una stagione disastrosa, ma quando tutto sembra volgere al peggio, ecco che la cieca dea bendata arriva in soccorso.

Da un 27 all’altro, da Gilles Villeneuve a Michele Alboreto, da Michele Alboreto a Jean Alesi; quello che sembra essere un trionfo annunciato si consuma proprio sul circuito intitolato all’Aviatore, colui che ha aperto questo ciclo magico esattamente a 10 anni di distanza (meno 5 giorni) dal trionfo del pilota milanese. E se è vero che le coincidenze non accadono mai per caso, la mattina del suo compleanno (proprio quella domenica) Jean stacca il miglior tempo nel warm-up e in gara si trasforma: supera Berger, Coulthard e Hill e aspetta, mettendo sotto pressione Schumacher. Il quale a poche tornate dalla fine (11) blocca a sorpresa il cambio ed è costretto a rientrare ai box!

Gli ultimi giri si trasformano in una passerella per Alesi, attentissimo a non commettere errori, che taglia il traguardo da trionfatore. Sarà l’ultimo numero 27 a vincere in Canada, perchè dall’anno successivo le regole di assegnazione cambieranno radicalmente. Per Jean sarà l’unica vittoria in carriera, un trionfo storico con tanti significati per lui e la Ferrari; un successo irripetibile e non ripetuto, anche perchè nelle gare successive dovrà masticare parecchio amaro.

Si salva solo la gara di Silverstone, dove ancora una volta arriva secondo, ma è una gara buona (anche in Francia va a punti) che precede una serie di ritiri tra cui spiccano Spa, Monza e Suzuka; tre vittorie mancate di cui quella in Italia fa malissimo perchè arriva quando la vittoria era solo da portare a casa, mentre le doti sul viscido vengono messe in mostra al Nurburgring e a Suzuka, dove Alesi si divora gli avversari con le gomme slick, primo tra tutti Schumacher. Ma se in Germania le gomme sbagliate al pit-stop (forse volutamente, dopo lo scontro tra Alesi e Todt in Portogallo) favoriscono la rimonta del Kaiser, a Suzuka è la rottura del motore a mettere fuori causa il francese, che stava compiendo una rimonta incredibile nei confronti di Schumacher (con tempi sul giro straordinari, anche 7 secondi più veloci rispetto al Kaiser), risalendo addirittura dal fondo del gruppo dopo un testacoda. L’ultima gara di Adelaide regala un ultimo sussulto: il duello ancora una volta tra loro, Schumacher e Alesi, che si contendono il secondo posto con la rottura dell’alettone anteriore del francese.

Dopo quella gara il destino del numero 27 in Ferrari è segnato: arriva Michael Schumacher che porta in dote il numero 1, ma soprattutto i regolamenti della F1 cambiano le assegnazioni dei numeri di gara, che si baseranno esclusivamente sui risultati del Campionato costruttori dell’anno prima. Spariscono così numerazioni storiche, come i numeri 3 e 4 che hanno campeggiato sui musetti delle Tyrrell  per oltre 20 anni (per tutta la durata di questa regola, dal 1974 al 1995), ma la sintesi di questi 15 anni di imprese è stato un minimo comune denominatore: si tratta di piloti con caratteri forti, che sono stati in grado di gettare il cuore oltre l’ostacolo e regalare delle imprese che sono finite sulle pagine dei libri di storia della F1.

L’epopea si è chiusa nel 1995… ma quel brivido è stato vissuto ancora una volta. Era il 2012 e la Rossa ha voluto portare nei test due vetture con i mitici numeri 27 e 28 e quel numero viene portato da un altro pilota, francese come Alesi, una promessa dell’automobilismo la cui carriera è finita presto, troppo presto: Jules Bianchi. Un altro pilota uscito dalla storia ed entrato nella leggenda, quella del 27 rosso Ferrari.