La Scuderia più famosa della F1, oltre a farli sognare ha fatto soffrire più di una volta i propri tifosi. In un momento così difficile nella storia del Cavallino può essere utile ricordare la Ferrari degli anni bui. Constatando che nonostante tutto in passato è andata anche peggio.
La Ferrari oltre ad essere la scuderia più famosa e blasonata della F1 rimane universalmente, ancora oggi, la più seguita dalla “tifoseria” della F1.
Ma i successi festeggiati dal team modenese e dai suoi fan negli anni della partecipazione ai campionati mondiali di F1, hanno talvolta lasciato il passo a periodi profondamente negativi che nonostante tutto non ne hanno oscurato il mito.
Anche nel 2020 la Scuderia sta attraversando una profonda crisi, dopo i risultati negativi dei primi GP di una stagione decisamente particolare. E’ una crisi – peraltro negata dalla Ferrari (ne abbiamo parlato qui: https://www.f1sport.it/2020/08/f1-binotto-e-sbagliato-parlare-di-crisi/) – che potrebbe segnare uno dei punti più bassi mai toccati nei suoi 90 anni di storia.
Può essere utile ricordare alcuni di questi momenti per avere dei termini di paragone che permettano, a chi vorrà farlo, di confrontare questa stagione con gli altri anni bui del mito Ferrari.
1962
Dopo gli eccellenti risultati degli anni 50 (4 campionati mondiali piloti tra il 1950 ed il 1958 e vari piazzamenti d’onore nei campionati degli altri anni) la Ferrari affronta un primo stop all’alba degli anni ’60.
Nel 1962, infatti, la Ferrari 156 — dominatrice della stagione 1961 — appare improvvisamente superata, schiacciata dalla crescente e sempre più attrezzata concorrenza britannica in grande ascesa all’ interno del panorama della F1 di quegli anni.
La Scuderia Ferrari salta i GP di Francia e USA ed è presente con una sola vettura ad Aintree. Quattro podi e nessuna vittoria in una stagione che condurranno la Scuderia di Maranello al 6° posto del campionato mondiale costruttori con un magro bottino di 18 punti, contro i 42 punti della vincitrice BRM.
1969
La fermata del 1962 sulla strada della vittoria, non è nulla in confronto a quanto accadrà nel 1969
per la Ferrari che schiera due modelli, la 312/68 e la 312/69, con risultati disastrosi in pista, complice anche una situazione aziendale particolarmente tormentata.
Presente, spesso, con una sola vettura, la Scuderia Ferrari racimola in 11 GP la miseria di 7 punti, (Chris Amon quell’ anno totalizza 4 punti, Pedro Rodriguez 3) classificandosi all’ultimo posto della graduatoria Costruttori, in coabitazione con la BRM.
Sarà il peggiore risultato mai raggiunto nella storia del Cavallino Rampante.
1973
Quello dei primi anni ‘70 è un periodo di grossi problemi a Maranello. Ferrari, a lungo assente per malattia, al suo ritorno restituì le redini dello sviluppo a Mauro Forghieri che però non riuscì a risollevare la situazione della Scuderia.
Nel 1973 le Ferrari 312B2 e 312B3 non raggiungono quasi mai il vertice delle classifiche a causa della scarsa competitività di un progetto tecnico così modesto da costringere il team ad una pausa e ad un riavvio.
La Scuderia Ferrari diserta infatti i GP di Olanda e Germania ed è spesso presente con una sola monoposto nelle restanti corse.
Tra qualifiche negative e piazzamenti in gara molto modesti (la maggior parte dei punti è merito della 312B2), Jacky Ickx e Arturio Merzario raccolgono appena 12 punti complessivi.
Il campionato si chiude con zero vittorie nell’anno in cui Luca di Montezemolo viene assunto come assistente alla direzione e la Ferrari chiude il Costruttori al 6° posto, ancora alla pari con la BRM.
1980
La Ferrari, dopo le gioie terribili dell’era Lauda (3 campionati del mondo costruttori – 1975, 1976 e 1977 – e i 2 campionati piloti ’75 e ’77 intervallati dal mostruoso incidente dell’austriaco nel 1976) e la conquista del Campionato Costruttori e Piloti 1979 con Jody Scheckter, affronta di nuovo un profondo periodo di crisi nel 1980.
È una stagione pessima, nonostante le alte aspettative, in cui l’evoluzione tecnica viaggia rapidamente e la concorrenza è particolarmente agguerrita. E La Ferrari 312T5 si dimostra ben presto per quel che è: una vettura concettualmente ormai superata. E perdente.
Alla fine, Jody Scheckter e Gilles Villeneuve raccolgono rispettivamente 2 e 6 punti ed il sudafricano, campione del Mondo in carica, subisce l’onta della mancata qualificazione in occasione del GP del Canada.
La Ferrari chiuderà al 10° posto del campionato costruttori senza neanche un podio durante tutta la stagione. Trascorreranno 20 anni prima di rivedere la Ferrari vincere un campionato del mondo piloti.
1991-1992-1993
Il triennio 1991-‘92-‘93 lascerà un segno profondo nella storia della Ferrari con l’avvicendamento di team manager e piloti che tra regolamenti di conti interni e critiche alla Scuderia, scuoteranno dalle fondamenta il team in un periodo di profonda crisi.
Nel 1991 dopo il Gp di Monaco viene esonerato Cesare Fiorio, direttore sportivo della scuderia modenese, ritenuto responsabile del gap tra la Ferrari e le rivali Williams e McLaren dimostratesi molto più efficaci in pista.
Al Gp del Giappone di quell’anno Prost, in squadra con Alesi, paragona la monoposto a un camion e viene licenziato in tronco. Per l’ultimo appuntamento del campionato viene mandato in pista Morbidelli.
Il campionato si chiude con Senna e la McLaren campioni del mondo, zero vittorie per la Scuderia e un terzo posto costruttori con 55,5 punti, la metà di quelli raccolti nella precedente stagione.
A fine anno Luca di Montezemolo ritorna in Ferrari nel ruolo di presidente e amministratore delegato.
Nel 1992, le pur avanzate, ardite e interessanti F92A e F92AT non sono mai in grado di impensierire i “missili” Williams-Renault. Jean Alesi conquista 18 punti, Ivan Capelli (appiedato anzitempo) si ferma a quota 3, Nicola Larini non segna alcun punto.
La Ferrari (21 punti) è quarta nel Costruttori, ma lontanissima da Williams-Renault (164), McLaren-Honda (99) e Benetton-Cosworth (91).
Non va tanto meglio per il 1993, stagione in cui la Ferrari schiera la F93A, decisamente più conservativa rispetto alla rivoluzionaria F92A.
I risultati latitano, Gerhard Berger e Jean Alesi faticano. Tre podi totali, 28 punti complessivi (16 Alesi, 12 Berger). Una Ligier-Renault a tallonare da vicino le rosse di Maranello ed ancora un abisso a separare le vetture italiane da Williams-Renault, McLaren-Cosworth e Benetton-Cosworth.
La Ferrari chiude di nuovo al 4 posto costruttori, a ben 140 punti di distanza dalla Williams vincitrice del titolo.
2005
È l’anno della fine di un ciclo iniziato nel 1999 con la vittoria nel campionato costruttori della F399. È l’anno della carestia dopo la “grande abbuffata” di titoli vinti da Michael Schumacher.
La F2004 era stata la monoposto più vincente nella storia del Cavallino, ma la F2005 sua erede risente del cambiamento delle regole. L’anno si conclude con una sola vittoria, ottenuta a Indianapolis in un GP che vede solo sei vetture al via a causa della defezione dei team gommati Michelin.
La Ferrari raggiunge comunque il terzo posto nella classifica costruttori (100 punti), vinto dalla Renault (191 punti), con l’astro nascente Fernando Alonso.
2014
È la prima stagione dei motori ibridi. E a Maranello sbagliano completamente il progetto dimostrando una netta inferiorità rispetto alla Mercedes che vincerà il titolo con Hamilton.
Per la prima volta dal 1994 la Ferrari non vince nemmeno una gara. Alonso ottiene solo due podi.
Dopo il GP del Bahrein il team-principal Stefano Domenicali, sotto l’occhio del ciclone dopo la stagione precedente, lascia la squadra sostituito da Marco Mattiacci.
A Monza Marchionne, da dirigente FCA, annuncia il siluramento di Luca di Montezemolo e si issa lui stesso al ruolo di presidente. A fine stagione viene congedato anche Marco Mattiacci e il suo posto viene preso da Maurizio Arrivabene. Via anche Fernando Alonso, che viene sostituito da Sebastian Vettel.
La Ferrari finisce quarta fra i costruttori con 216 punti, alla distanza abissale di 485 punti dalla Mercedes dominatrice assoluta del campionato.
2016
È l’anno in cui la Ferrari illude sé stessa ed i suoi tifosi. Marchionne è convinto di avere una squadra vincente, sia a Maranello che in pista. Ma le simulazioni della galleria del vento non trovano un effettivo riscontro sui circuiti.
La vettura di quell’anno, veloce ma estremamente fragile, non otterrà alcuna vittoria e Vettel in più occasioni andrà vicino al successo senza mai concretizzare le occasioni a sua disposizione.
La Scuderia Ferrari chiuderà il campionato al terzo posto (a 398 punti contro i 765 della Mercedes). Sebastian e Kimi si piazzeranno rispettivamente in quarta e sesta posizione tra i piloti.
È l’anno in cui il direttore tecnico, James Allison, viene licenziato a stagione in corso e la Gestione Sportiva viene riorganizzata con Mattia Binotto nel ruolo di direttore tecnico.
Allison (come molti suoi predecessori) approderà in Mercedes dove firmerà le monoposto vincenti degli ultimi 4 anni e dove a tutt’oggi assicura successi al marchio della stella a tre punte.
Presente e Futuro
L’anno in corso sarà probabilmente annoverato, come quelli già citati, tra le stagioni peggiori della Scuderia Ferrari in F1. Ma mai in passato le prospettive future hanno raggiunto i livelli disastrosi annunciati dal team principal, Mattia Binotto, che ha proiettato le possibilità di successo del Cavallino al 2022.
Mai in passato la Ferrari ha mostrato una così evidente debolezza politica (oltre che tecnica). Mai si è dichiarata sconfitta sotto tutti i punti di vista, in totale opposizione alla filosofia del marchio che ha fatto della vittoria lo scopo unico della propria esistenza.
Ne ha ceduto, in maniera così plateale, alla disordinata confusione di un box incapace di eseguire il pit-stop più veloce o di affrontare un guasto meccanico con la consapevolezza di sapere come intervenire per risolvere un problema.
In nessun caso gli organi direttivi della Scuderia (leggasi Elkann, Camilleri, Binotto) hanno giustificato il fallimento delle proprie strategie scaricando a cascata sui propri sottoposti errori e sconfitte senza assumersene le responsabilità.
Ora più che mai la Ferrari dovrebbe guardare indietro alla propria storia, senza nascondere le sconfitte dietro alle molteplici vittorie che l’hanno condotta fin qui. Occorre trarre da quei fallimenti la forza necessaria a ripensare sé stessa per affrontare una sfida unica: quella di rimanere una leggenda della F1.